sabato 16 aprile 2016
​Tratta dal vinciano "Codice di Windsor" in scena a Genova l'opera "Delle acque" di Marco Lombardi che riproduce suoni di fulmini, saette e gorghi. Sul palco, Andrea Battistoni.
LEONARDO, il diluvio è una sinfonia
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«Ma con quali vocavoli potrò io descrivere le nefande e spaventose inondazione, contro alle quali non vale alcuno umano riparo, ma con le gonfiate e superbe onde ruina li alti monti, dripa le fortissime argine, disvelle le radicate piante..». Leonardo Da Vinci parla ai giorni nostri con la voce e la bacchetta del maestro Andrea Battistoni, e la sua descrizione del diluvio tratta dal Codice Windsor risuona di impressionante attualità, specie in una città ferita di recente come Genova. Intanto, fulmini, saette, gorghi si spandono nell’aria sulle corde dei violini e rombano sul cupo timbro dei timpani. La nuova composizione Delle acque per orchestra e voce recitante su testi tratti dai Codici di Leonardo da Vinci, ha colpito giovedì sera in una applauditissima prima mondiale al Carlo Felice di Genova, il teatro che l’ha commissionata al maestro Marco Lombardi. Il quale si è ispirato agli studi idraulici effettuati sull’Adda da Leonardo. «Sono stati i disegni di Leonardo ad attirare la mia attenzione. In particolare una serie sui diluvi presente nel CodiceWindsor. A colpirmi la loro sconcertante rassomiglianza con le foto scattate dai satelliti del vortice depressione che causò l’alluvione di Genova del 2014». Così racconta Lombardi la sua scoperta di Leonardo, sposata in pieno da Andrea Battistoni, classe 1987, uno dei giovani emergenti del panorama musicale italiano, dal 2013 primo direttore ospite del Teatro Carlo Felice. Una composizione ispirata nella prima parte allo studio delle onde, del peso e della velocità dell’acqua, sino a divenire, nella drammatica seconda parte sui diluvi, più densa e materica per descrivere il caos. «Io suggerisco al pubblico di ascoltare questo genere di brani non cercando di seguire un percorso emotivo come nella musica “romantica” cui siamo abituati. Al contrario questo è un evento puramente sonoro che va osservato come quei quadri dell’astrattismo di Pollock in cui ognuno può liberamente ricostruire delle suggestioni emotive» spiega il maestro Battistoni, sguardo posato e maturo sotto la zazzera nera, soddisfatto dopo aver guidato la Sinfonica del Carlo Felice al successo in una serata che abbinava la novità contemporanea in apertura e l’esecuzione di due classici di Cajkovskij (il Concerto per violino e orchestra in re maggiore opera 35 e la Sinfonia n.3 in Re maggiore op 29 “Polacca”) con ospite la “popstar” del violino David Garrett. Il giovane direttore veronese spiega la strategia: «È giusto che il teatro abbia scelto nel suo ap- puntamento di maggior richiamo popolare di abbinare alla presenza di un divo come David Garrett, che raccoglie un pubblico molto trasversale, un brano di un compositore contemporaneo di altra estrazione, accademica, che propone una ricerca colta con un linguaggio di cui il grande pubblico fa un po’ fatica ad appropriarsi, ovvero la scuola atonale». In tutto ciò, il comunicativo Battistoni fa da guida e attore, svelando la sua ammirazione per Da Vinci. «Leonardo pittore, fisico, letterato, è onnipresente. Io mi stupisco sempre come queste grandi personalità viaggino attraverso il tempo, come riescano a colpirci con la forza del loro pensiero che resta attuale perché le emozioni non invecchiano mai». Leonardo, quindi, diventa un ponte ideale tra il passato e la sensibilità di oggi. «Non esiste musica vecchia o per vecchi. La musica è musica e ci parla con la stessa forza di ieri – aggiunge –. Il compito dell’interprete è comunicare questo messaggio al pubblico, senza atteggiamenti di superiorità. Occorre guidarlo nella comprensione della grande musica. Ma senza fare sconti. A quel punto chiunque è in grado di apprezzarla». Nell’era della comunicazione, anche la musica, per Battistoni, ha bisogno di una maggiore “comunicatività”. «Leonard Bernstein aveva profetizzato negli anni ’70 l’avvento di una nuova stagione dell’eclettismo – dice –. Si rifaceva a Stravinskji, figura chiave del ’900 che è riuscito a sposare una ricerca all’avanguardia sulla tonalità con una potenza comunicativa che non ha spaventato il pubblico». Questa è la strada da percorrere. «Bisogna dare voce ai giovani compositori di musica colta che hanno molto da dire, che sanno sposare la comunicativa della tradizione con la ricerca e adeguamento al gusto contemporaneo – afferma –. Io sento proprio la necessità di nuova musica per orchestra, di nuova musica da camera, di nuove opere. In Inghilterra e negli Usa c’è grande fermento perché i teatri stanno commissionando opere nuove con nuovi linguaggi». In Italia siamo rallentati dalla diffidenza del pubblico per la musica contemporanea e dalla necessità di fare cassa puntando sul repertorio. L’appello di Battistoni punta in alto: «È un momento molto difficile per le istituzioni musicali italiane. Quando si deciderà il governo a investire su ciò che siamo in grado di fare e che ci rende famosi all’estero? La musica parla italiano in giro per il mondo, siamo ancora una potenza musicale grazie all’opera, abbiamo inventato tutto noi». Soluzioni? «Facciamo una seria operazione che lanci questi benedetti teatri e che faccia partecipare il pubblico che si sta dimenticando delle nostre tradizioni. Una volta la gente cantava, oggi i bambini stanno sempre attaccati ai telefonini. Non ci sono i soldi per farli suonare? Facciamoli cantare, ma nelle aule scolastiche e non nei talent show».
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