"Leggi razziali". Giorgio Cavazzano firma il manifesto della mostra in cui il mondo del fumetto e dell’animazione ricorda l’orrore dell’antisemitismo
Un bambino dal musetto simpatico sotto una grande coppola ci sorride e ci mostra un braccio. Sopra vi è tatuata una data che rimane indelebile nella nostra storia: 1938, l’anno della promulgazione delle leggi razziali. L’immagine del grande disegnatore Giorgio Cavazzano, autore delle più originali tavole di Topolino per la Disney italiana, campeggia in tutta la sua disarmante freschezza sul manifesto della mostra1938-2018. Ottant’anni dalle leggi razziali in Italia. Il mondo del fumetto e dell’animazione ricordano l’orrore dell’antisemitismo in corso a Torino fino al 1° giugno e che poi diventerà itinerante. Oltre 160 fumettisti italiani, dai più celebri ai giovani allievi delle scuole di fumetto, hanno creato un’opera ciascuno appositamente ispirata al tema per la mostra realizzata da Rai Com in collaborazione con Arf festival! e ideata da Roberto Genovesi, direttore artistico del festival dell’animazione per ragazzi Rai Cartoons on the bay.
A rendere ancora più toccante e interattivo il percorso artistico di una esibizione che usa i più diversi stili e tecniche per smuovere le nostre coscienze, è il luogo in cui è stata allestita, l’ex carcere “Le Nuove” di Torino, divenuto museo nel 1976 per iniziativa di padre Ruggero, cappellano per 50 anni delle carceri. Le guide dell’Associazione Nessun uomo è un’isola onlus di Torino introducono il visitatore della mostra con un assaggio del consueto percorso storico museale, che rievoca anche le lotte antifasciste, accogliendo il visitatore nel famigerato Primo Braccio Tedesco. Durante la Resistenza qui vennero imprigionati cittadini innocenti, italiani e stranieri, ebrei e oppositori del regime, molti deportati e sterminati nei lager nazisti, altri ancora giustiziati dalle SS tedesche. Una di queste celle è dedicata al beato padre domenicano Giuseppe Girotti, solidale con tanti ebrei perseguitati, incarcerato a “Le Nuove” nel 1944 e internato nel lager di Dachau dove morì il primo aprile 1945. Nella chiesa centrale dell’antico carcere, inoltre, si svolge ancora la messa, la seconda e la quarta domenica del mese alle ore 10.30.
Dopo questa premessa, trasferirsi nel Terzo Braccio Tedesco dove le riproduzioni delle opere dei fumettisti sono esposte nelle anguste e gelide celle come fossero persone reali, stringe ancora di più il cuore. «I fumetti e i cartoons sono generi capaci di parlare a tutti a partire dai più giovani. Per questo all’epoca furono arruolati dalla macchina della propaganda antisemita» osserva il presidente della Rai Monica Maggioni nella prefazione del bel catalogo che raccoglie le opere nella mostra il cui scopo è, appunto, quello di invitare a non abbassare la guardia di fronte ai rigurgiti nazionalisti di oggi. «Una sfida avvincente mai tentata finora» aggiunge Noemi Di Segni, presidente Unione comunità ebraiche italiane che patrocina la mostra insieme alle comunità ebraiche di Torino, Roma, il centro di cultura ebraico “I Pitigliani” e la Fondazione Museo della Shoah.
Ci sono poi immagini evocative di grande forza pur nella delicatezza del segno, come il piccolissimo bimbo equilibrista su un filo spinato su sfondo rosso sangue di Mauro Biani oppure i due bambini uguali seduti sul mondo, ma dipinti di colori diversi, dell’amaro Distanze di Sara Pichelli, autrice di punta di Spider-Man. Sull’assurdità delle leggi razziali si sorride amaro: si riconosce il tratto di Topolino nel gruppo di scienziati incapaci disegnati da Fabio Celoni e quello di Lupo Alberto nell’irascibile e ottuso Duce creato da Giacomo Michelon, mentre l’enorme indice di Bruno Bozzetto cerca ostinatamente un diverso nella folla di uguali.
L’oggi è come ieri per Marco Cecchetto: 1938-2018 vede un uomo in giacca e cravatta costruirsi una torre di mattoni in cui rinchiudersi. «E oggi che razza di popolo sei?» ci chiede guardandoci dritta negli occhi la giovane madre africana di Andrea Cascioli. E poi i ritratti: quello bello e forte di Liliana Segre nell’omaggio di Carlo Ambrosiani, una Anna Magnani con una stella rossa di sangue sul petto per Bruno Brindisi e gli occhi grandi e interrogativi di una bimba con la stella sul cappottino, firmata da Bruno Brunetti (alias Eugenio Sicomoro) fondatore della Scuola sperimentale di fumetto che spiega: «Quello sguardo vivo che arriva dal passato parla dell’oggi. Per non dimenticare».