lunedì 29 settembre 2014
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Un scia di sangue infinita quella che si lasciarono dietro i soldati del sedicesimo battaglione "SS Panzer Aufklärung-Abteilung", settant’anni fa, tra il 29 settembre e il 5 ottobre ’44, alle pendici del Monte Sole, sull’Appennino bolognese, dove operava la brigata partigiana "Stella Rossa". In meno di una settimana furono massacrate settecentosettanta persone (non come si ripete 1836, tragico bilancio di tredici mesi di lotta, a partire dall’8 settembre ’43, ma pur sempre un numero impressionante). E non solo a Marzabotto, il paese di fatto meno investito dai tragici eventi, pur consolidatosi come il luogo più simbolico dalla liturgia commemorativa, ma soprattutto a Grizzana e a Vado di Monzuno. Una rappresaglia inaudita, o, meglio, un attacco contro i civili camuffato da rappresaglia antipartigiana, un rastrellamento "eliminazionista" pianificato, che spezzò la vita nei modi più barbari a persone inermi di ogni età: bambini, donne, anziani, giovani, padri di famiglia, sacerdoti… Certo, e assolutamente non va dimenticato, tra la Versilia e la Lunigiana, a Sant’Anna di Stazzema o a Vinca per fare solo due esempi, la macabra marcia dei nazisti lungo la Linea Gotica si era già avviata settimane prima (con azioni eguali per atrocità se non nei numeri), ma davvero qui a Monte Sole avvenne un massacro di civili tra i più rilevanti ed efferati da parte dei tedeschi nelle zone occupate dell’Europa. Davvero qui, come scrisse Salvatore Quasimodo, si consumò «il più vile sterminio di popolo, voluto dai nazisti di von Kesselring, e dai loro soldati di ventura, dell’ultima servitù di Salò…». Settant’anni dopo, però, resta accesa questa «memoria di sangue, di fuoco, di martirio» per usare ancora le parole del poeta premio Nobel. È viva qui, dove proprio il comune di Marzabotto, dall’immediato dopoguerra a oggi, ha assunto un ruolo guida, nelle manifestazioni per ricordare gli eccidi nazifascisti che colpirono il crinale e le valli del Setta e del Reno, e non solo, sino a tener legati punti estremi che vanno dalla prima commemorazione (svoltasi il 30 settembre ’45 con una messa e un discorso alla presenza dei familiari dei caduti e dei superstiti) ai più recenti rapporti con altri luoghi di violenze (Lidice, Kalavryta, Kopenick, Brema, Srebrenica…), a tutto il lavoro legato al Parco di Monte Sole. Ma è una memoria non spenta neppure fuori: nella società civile, politica, istituzionale, nelle scuole. Almeno a giudicare dalle autorità (presidenti di repubblica compresi) più volte arrivate (il 5 ottobre toccherà all’Alto rappresentante dell’Unione Europea per la politica estera e la sicurezza Federica Mogherini che parlerà in piazza, di fronte alla chiesa eretta nel 1961 sopra il Sacrario ai caduti), o anche solo a scorrere l’elenco dei "pellegrinaggi civili" verso Marzabotto organizzati per i prossimi giorni da associazioni che hanno cara la difesa dei valori democratici, cominciando da quella nazionale dei partigiani, l’Anpi. Una memoria custodita pure nella comunità ecclesiale, soprattutto in quella Chiesa bolognese che a Monte Sole ha visto sorgere la comunità monastica di don Giuseppe Dossetti (qui, nel cimitero di Casaglia c’è la sua tomba) e che anche per questo settantesimo anniversario della strage ha promosso iniziative (attraverso un Comitato diocesano) per non dimenticare quei martiri del ’44 cominciando dai suoi sacerdoti per i quali si è avviata la causa di beatificazione. Da anni poi, aiutano questo "fare memoria" a diversi livelli, anche le proposte pedagogiche della Scuola di Pace di Monte Sole, nel segno, appunto, di una «educazione alla pace» nel «luogo del trauma», per alimentare una riflessione sulle politiche e le culture della memoria in Europa, e per raffrontare memorie di altre stragi, comprese quelle perpetrate dagli italiani. In questa cornice va almeno segnalato il convegno, col sostegno dell’ambasciata tedesca, che si svolgerà a Marzabotto dal 2 al 4 ottobre col titolo "Il luogo, le vittime, i perpetratori. Noi. A settant’anni dagli eccidi di Monte Sole". In agenda relatori e interventi di sicuro interesse .Venerdì ad esempio lo storico Paolo Pezzino parlerà del "progetto dell’Atlante delle stragi" e Marco De Paolis, procuratore militare della Repubblica presso il Tribunale Militare di Roma, delineerà la ricerca e il profilo degli autori delle stragi nel processo per Monte Sole. Sabato invece, Jordi Palou Loverdos, direttore del Memorial Democràtic de la Generalitat de Catalunya, interverrà su vittime e perpetratori italiani nella guerra civile spagnola, Pericles Karavis, dell’Università di Salonicco sui crimini durante l’occupazione italiana in Grecia, e il ricercatore Eric Gobetti sugli italiani in Jugoslavia fra il ’41 e il ’45. Ed altro. Mai dimenticando che affossati i processi del dopoguerra, con le carte finite nell’armadio della vergogna e nel 1994 ritrovate casualmente (!), solo nel 2007 il Tribunale Militare di La Spezia arrivò a sentenza: condannando all’ergastolo dieci imputati e assolvendone sette. Un "risarcimento" postumo, gradito ai familiari delle vittime, ma che non ha chiuso i conti con una storia drammatica e la coda di polemiche, mai sopite, fra letture dei fatti non univoche e revisionismi sul ruolo dei partigiani e dei fascisti italiani. Una storia che come titola un libro di Luca Baldissara e Paolo Pezzino edito dal Mulino anni fa è stata un «massacro» e una «guerra ai civili». La guerra inventata dall’ultimo secolo. Che conosce repliche ogni giorno in qualche parte del mondo.
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