mercoledì 17 novembre 2021
Il ruolo dell'editore è essere un "mercante averroista": per rispondere a un bisogno - la domanda di senso - che persiste
Le sfide dell'editoria religiosa

Solinas

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La crisi di un marchio prestigioso dell’editoria religiosa in Italia suscita sgomento. Ma al di là delle contingenze finanziarie ed editoriali che han portato a un esito traumatico (innanzitutto per i lavoratori del Centro Editoriale Dehoniano, che proprio ieri hanno ringraziato il cardinale Matteo Maria Zuppi per il coinvolgimento della Fondazione San Petronio a garanzia del prestito messo a disposizione da Emil Banca, «dimostrazione concreta della sua attenzione», ndr), è opportuno interrogarsi sulla natura dell’editore religioso, in Italia per lo più cattolico. Ma la situazione all’estero per l’editoria religiosa non è diversa: era sufficiente aggirarsi alla Fiera di Francoforte, non solo di quest’anno. Il caso della crisi delle Editions du Cerf, in Francia, è emblematico, nonostante il prestigio de La Bible de Jérusalem e di una collana che ha formato generazioni di lettori come 'Sources chrétiennes '. Vengono alla mente altri nomi di marchi che sono un punto di riferimento internazionale: basta vedere nei loro cataloghi la quantità di titoli tradotti. Una costellazione di sigle che permette di delineare l’identità dell’editore religioso: interrogarsi sui fondamenti della sua identità in momenti di crisi aiuta a pensare. Chi è l’editore? Un mercante innanzitutto: progetta, produce, commercia manufatti unici da immettere sul mercato. Con una peculiarità: la materia prima dei libri è speciale, immateriale. Sono le idee. In tal senso l’editore può essere definito un 'mercante averroista'. Averroista nel senso della tradizione di pensiero inaugurata dal filosofo arabo e aristotelico Averroè, per il quale gli uomini sono accomunati dal partecipare a un 'intelletto unico', dove sono depositate tutte le idee, presenti, passate e future. Un intelletto dai tratti divini, fatto dell’elemento più puro, l’etere. Editore è colui che scoprendo, attraverso un autore, idee, dà loro forma terrena in quel composto di carta, inchiostro e architettonica grafica che è un libro. E oggi può assumere il volto di un composto incorporeo di segni e algoritmi, l’ebook. I libri sono uno strano investimento: i più rischiosi finanziariamente sono talvolta, nel tempo, i più redditizi intellettualmente ed economicamente. Sono i testi che diventeranno dei classici, continuamente ristampati. A rendere unico il lavoro dell’editoria religiosa sono le idee in gioco: idee teologiche, che rappresentano un mercato sempre più ristretto in forza della secolarizzazione. Il che rende ancor più rischiosa l’impresa economicamente. Ma la secolarizzazione, a ben vedere, significa anche pluralizzazione dei lettori, e quindi nascita di più mercati: di nicchia magari, ma fedeli e potenzialmente redditizi. In fondo gli editori religiosi praticano un sapere che si potrebbe chiamare 'biblodicea': giustificare l’esistenza di ogni singolo titolo, nella sua contingenza e nonostante il rischio di un fallimento. Ciascun libro del catalogo è costruito a 'immagine e somiglianza' del Libro (Biblos, ta biblia). Un lavoro paziente di approssimazione alla perfezione, nella consapevolezza che è terrestramente impossibile. L’editore religioso in quanto 'mercante averroista' scommette sulla produzione di merci fatte a immagine di ciò che non è merce. Nella speranza che la crescita del sapere, con il guadagno economico, renda il più rischiarata possibile l’esistenza. Per dirla con san Paolo VI, «il libro deve essere come il pane quotidiano, fresco ogni giorno» per alimentare le menti. Proprio perché, secondo Montini, il 'senso religioso' - reso consapevole dai libri - è connaturato alle menti e rende umano il vivere. Un bisogno - la domanda di senso - che persiste e rende ragione, nonostante le apparenze, dell’insistere nel lavoro affascinante e faticosissimo dell’editore.

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