giovedì 25 marzo 2010
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Chissà cosa sarebbe potuta diventare, Mina, se avesse deciso di mettere delle cifre sull’assegno in bianco che Sinatra le recapitò negli anni Settanta. Certo non avrebbe potuto permettersi un ritiro dalle scene come quello del 1978. E forse oggi non sarebbe un «mito» che però, per alcuni, è più che altro un «marchio», giacché il mistero non fa altro che rafforzarne la presenza insistente sui mercati. Ma forse sarebbe di più. Perché un talento come il suo non si è mai visto. Perché Mina è sempre andata al cuore, ha sempre viaggiato su e giù per le ottave con una facilità apparente che lascia il segno in chi ascolta, ha spesso dato spessori inattesi a repertori disparati. Tant’è che oggi l’Italia intera, volente o nolente, celebrerà i settant’anni della Mina eclissatasi trentadue anni orsono.Ma in tutto ciò, Mina dov’è? A casa, in Svizzera. A «prenderla con ironia», come chiosa il figliolo Massimiliano Pani, che si domanda pure «se tanta enfasi non sia troppo». E non è una domanda sbagliata, visto che Mina si nasconde solo in parte visto che scrive su un giornale, dà la voce a spot pubblicitari e realizza dischi. I quali mentre ne confermano una voce ancora splendida abbassano sempre più il livello del suo repertorio. Mina, appunto, fa il marchio di se stessa, come ha detto il critico Dario Salvatori. E il punto è questo: ne vale la pena?Il silenzio di Mina è parziale. E pur schermati dalla frase del figlio «Mina incide solo quello che le va», i vari album Bau e Facile, o Italiana e Kyrie, cosa potevano aggiungere a Mina? Provate a confrontarli con lavori come Singolare, Plurale, Altro, Bugiardo più che mai…, Mina canta o Brasil, prima di rispondere. Non è nostalgia: quella era arte, la Mina degli ultimi vent’anni è stata spesso fumo. E cosa importa se ad ogni album si riesce ad abbinare la «notizia», sia essa l’accordo per metterne la voce sui telefonini o un testo di Aldo Busi (annunciato per il prossimo Cd), quando ascoltando poi i dischi si sente che Mina è una meravigliosa voce che canta brani sempre meno alla sua altezza? Andrea Mingardi, che per Mina ha scritto tanto, un bel giorno disse: «Per me è un panda». Bene. Tuteliamola, allora. E rispettiamone pure la scelta di eclissarsi, per carità: ma visto che non la segue sino in fondo, ci permetta una domanda, Signora. Lei le ha mai riviste, le sue immagini nei Dvd dei suoi «Anni Rai»? Noi sì. Ecco, lei non era solo voce. Era grazia, sorriso, intelligenza che si applicava ad uno spartito, ad un’interpretazione, ad un «giocare» colto e popolare insieme in cui davvero lei si metteva in gioco. Lei, carissima Mina, era un esempio, per tutti, di eleganza: parola questa che la nostra tv ora ha scordato. Giochi pure, per carità: ma non si dimentichi che dietro il "marchio Mina" di oggi dovrebbe esserci ancora, quella Mina. E poi lei, Signora, Gaber l’ha conosciuto. E sa benissimo che il Signor G scelse il teatro proprio dopo un tour con lei, quando capì che «è meglio dire una verità intera a cento persone negli occhi, che una mezza verità a un milione dal teleschermo». Quando capì che un artista vero non è un «marchio». Proprio come la Mina che ancora emoziona e commuove, da dischi ed immagini d’epoca. Buon compleanno, Signora.
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