sabato 22 ottobre 2022
Nuove pandemie virali potrebbero arrivare dalle aree artiche se la fusione dei ghiacci continuerà al ritmo attuale: uno studio su “Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences”
Un tricheco sopra un iceberg in scioglimento e una nave di Greenpeace, nel Mar Glaciale Artico

Un tricheco sopra un iceberg in scioglimento e una nave di Greenpeace, nel Mar Glaciale Artico - Ansa/Greenpeace

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Nuove pandemie virali simile all’ebola o al Covid-19 potrebbero arrivare dalle aree artiche, ossia quelle vicine al Polo Nord, e diffondersi in tutto il Pianeta, se il riscaldamento globale e la conseguente fusione dei ghiacci a nord del mondo continuerà al ritmo attuale. In uno studio pubblicato sulla rivista scientifica “Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences”, un gruppo di ricercatori ha esaminato il suolo e i sedimenti lacustri del Lago Hazen (il più grande lago in volume d’acqua a nord del Circolo Polare Artico) e delle aree circostanti, dai quali hanno sequenziato segmenti di Dna e Rna trovati al loro interno al fine di identificare i virus presenti nell’ambiente. Utilizzando una particolare metodologia al computer, che ha permesso loro di studiare moltissimi campioni di materiale, sono riusciti ad individuare i virus che sono riusciti ad infondersi in specie animali e vegetali che vi sono nell’area e conseguentemente diffondersi al di là dell’ambiente in cui i virus sono stati trovati. Questi e altri virus potrebbe in futuro anche finire nell’uomo proprio come ha fatto il virus Sars-CoV-2 passando da popolazioni di animali selvatici ad esseri umani. Spiega Audrée Lemieux, uno dei ricercatori: «Questo rischi si ampliano con l’aumentare della fusione dei ghiacciai o delle aree a permafrost (suoli composti da terreno e da ghiaccio che permane per tutto l’anno). Se il cambiamento climatico dovesse spostare il fenomeno sempre più verso nord, l’alto Artico potrebbe rilasciare un gran numero di virus e diventare un terreno fertile per nuove pandemie». Stando alla ricerca, i virus che vivono nelle regioni artiche “preferiscono” infettare specie che vivono nel loro stesso ambiente perché più adatti a permettere loro di proliferare. Tuttavia c’è un elemento importante da sottolineare, dicono i ricercatori, ossia il fatto che i mutamenti climatici che tendono ad aumentare le temperature stanno obbligando sempre più specie animali e vegetali a spostarsi di latitudine, per trovare ambiente più freddi a loro consoni. Questo porterà un gran numero di nuove specie a diventare ospiti di virus che altrimenti, senza riscaldamento globale, non avrebbero mai incontrato. Tra l’altro i ricercatori hanno scoperto che i sedimenti lacustri sono in percentuale molto più ricchi di virus che non quelli subaerei, forse anche perché le acque piovane trasportano grandi quantità di materiali, virus compresi, dai terreni subaerei ai laghi stessi, dove permangono. La tendenza dell’area artica alla fusione dei ghiacci è molto forte perché l’intera regione risente molto di più del riscaldamento globale rispetto al resto del Pianeta, tant’è che le temperature stanno aumento anche più del doppio rispetto ad altri ambienti. «Questo duplice effetto del cambiamento climatico, ossia un aumento dei virus in circolazione in seguito alla fusione dei ghiacci e uno spostamento verso nord di molte specie, potrebbe avere effetti drammatici sulla vita dell’Artico – spiegano i ricercatori –, ma anche e soprattutto la possibilità che virus a noi sconosciuti si possano diffondere su tutto il pianeta in tempi ristretti e trovare l’umanità priva di reali armi con cui combatterli». È per questo che il lavoro termina con un forte sollecito a mantenere alta l’attività di sorveglianza.

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