Gli interventi che, a partire dal 2009, si sono succeduti sul sistema universitario in materia di finanziamento e, di conseguenza, nel processo di reclutamento del personale hanno determinato un profondo ridimensionamento. Non solo, si sono al tempo stesso prodotti squilibri tra le varie categorie di personale che i risultati delle recenti Abilitazioni Scientifiche Nazionali hanno ulteriormente evidenziato. Inoltre, il D. lgs. 49/2012 ha ridotto quasi per intero i margini di autonomia degli Atenei italiani, indipendentemente dallo stato dei singoli bilanci.Nello specifico, il numero di professori ordinari si è ridotto di quasi 1/3. Per i professori associati e per i ricercatori gli effetti sono meno clamorosi, ancorché assai rilevanti, per la naturale minore anzianità media che ha determinato minori pensionamenti.Sorprende, inoltre, la modesta dinamica all’ingresso. Negli ultimi due anni, a fronte di 20mila giovani che hanno acquisito il titolo di dottore di ricerca, le Università italiane, statali e non statali, hanno reclutato meno di 1.500 ricercatori a tempo determinato, meno del 10%. Un potenziale di ricerca posto al servizio di altri Paesi, anche nei livelli superiori della docenza, che mina la capacità attrattiva e la competitività del sistema paese. Peraltro va posto rimedio al continuo invecchiamento dei professori e dei ricercatori la cui età media è oggi di 51 anni.A livello di singola Università, in relazione alle dinamiche di pensionamento, si sono determinati dei veri e propri vuoti in alcuni settori scientifici disciplinari, in particolare nell’area medica.I risultati della prima tornata di abilitazioni scientifiche nazionali hanno determinato contingenti difficilmente assorbibili dagli Atenei nella attuale condizione finanziaria e normativa. Ciò è deleterio tanto per i soggetti interessati quanto per i giovani che vedono autentici colli di bottiglia nel percorso di carriera appena iniziato.In generale, gli effetti delle politiche degli ultimi anni, così visibili dai dati delle tabelle 1 e 2, impongono un immediato cambio di rotta che, nel rispetto dei principi di sostenibilità finanziaria dei singoli Atenei, regoli l’ingresso nel sistema universitario.Gli interventi che la Crui propone, pur non essendo risolutivi stante le attuali condizioni di sotto-finanziamento delle Università italiane, sono finalizzati a rendere plausibile un percorso di riequilibrio del sistema nei prossimi anni. Nello specifico:1) Ripristinare una normale dinamica di ingresso al sistema universitario mediante l’adozione di un Piano Giovani Ricercatori capace di inserire almeno 1.500 giovani all’anno per 5 anni. Con ciò verrebbe arrestata l’emorragia iniziata nel 2009 e si offrirebbe un’opportunità ai migliori giovani studiosi formati nei dottorati di ricerca e nei percorsi post-dottorali.2) Rendere autonomi gli Atenei nella programmazione del personale, nei limiti delle risorse disponibili, per quanto attiene la ripartizione delle varie categorie, preservando solo un equilibrio generazionale in particolare a favore dei giovani (ad esempio, imporre una soglia minima da riservare ai ricercatori).3) In coerenza con quanto previsto al punto 2), eliminare il vincolo imposto dal D. lgs. 49/2012 fra la chiamata di professori ordinari e la chiamata di ricercatori a tempo determinato di tipo b) che crea un collo di bottiglia per tutti coloro che sono in possesso della abilitazione scientifica nazionale.4) Rendere più agevole il finanziamento di cattedre con fondi esterni. Il vincolo di una convenzione di durata almeno quindicennale (articolo 18, comma 3, legge 240) ha di fatto bloccato tale forma di supporto alle Università, spesso proveniente dal sistema delle imprese. Occorre ridurre tale durata a 7-8 anni, anche in relazione alle chiamate per semplice up-grading, e prevedere crediti d’imposta o integrale deducibilità in favore degli eroganti. 5) Agevolare la stipula di convenzioni fra Università e servizio sanitario per posizioni di professore universitario, anche a tempo determinato, coperte da personale medico ospedaliero. In particolare, mantenere a carico del servizio sanitario gli oneri stipendiali già in atto del personale medico ospedaliero che risulti vincitore di concorso a professore (articolo 18, legge 240).6) Incrementare la circolazione dei docenti e dei ricercatori, sia promuovendo/incentivando il ricorso alla procedura di cui all’articolo 18 della legge 240 e alle chiamate dirette di cui all’art. 4 del DM 8 agosto 2013, sia mediante “chiamate temporanee” per un periodo di 3-5 anni, anche in relazione a progetti ed esigenze specifiche degli Atenei.7) Annullare le attuali scadenze dei punti organico attribuiti agli Atenei, in particolare, visti i ritardi non imputabili alla responsabilità degli Atenei, quelli relativi al Piano straordinario per la chiamata di professori associati attualmente fissata per il 31 ottobre 2014.8) In relazione agli incentivi previsti dall’art. 6 del DM 8 agosto 2013, prolungare il termine per le assunzioni di ricercatori di tipo b), attualmente fissato al 30 aprile 2014, per concorsi già banditi e in corso di svolgimento, e comunque in caso di ritardi non imputabili alla responsabilità degli Atenei.9) Riflettere sulla praticabilità per il futuro delle modalità di svolgimento dei concorsi per le abilitazioni nazionali che hanno generato profonde difformità tra i vari settori, senza che a ciò corrispondano reali esigenze di copertura da parte degli Atenei.10) Superare il concetto (non previsto da alcuna normativa) di punti organico e le relative “scadenze” attraverso considerazioni di tipo finanziario sulla massa salariale dei singoli Atenei.