giovedì 2 maggio 2013
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La collaborazione tra Chiesa italiana e Maxxi è «segno tangibile dell’alleanza tra arte e fede, tra cultura e spiritualità sulla strada tracciata dal Concilio. Un’alleanza feconda e irrinunciabile, come irrinunciabile è la relazione tra verità e bellezza». Così si è espresso monsignor Mariano Crociata, segretario generale delle Conferenza Episcopale Italiana, nell’inaugurare ieri sera la mostra 21 per XXI. Nuove chiese italiane, che apre al pubblico domani, giovedì 2 maggio, fino al 2 giugno. In esposizione sono i tre vincitori (per tre diocesi al Sud, al Centro e al Nord Italia) e tutti i partecipanti alla più recente edizione dei "Progetti Pilota" Cei (cfr. anche l’articolo uscito su Avvenire  il 14 ottobre 2012), insieme con le immagini delle chiese già realizzate dei precedenti concorsi. L’arte, ha notato Crociata, «è analoga alla liturgia: lo ricordava Romano Guardini. Perché l’opera d’arte ha un senso, ma non ha uno scopo. È una forma che rivela, ma non persegue mire. Non solo, entrambe, arte e liturgia, vivono di ispirazione. Senza genio non c’è arte, come senza intervento dall’alto non c’è liturgia». Riferendosi ai vincitori dei concorsi, per la qualità dei quali ha espresso il proprio apprezzamento, monsignor Crociata ha ribadito che «il luogo di culto è tutt’uno con la celebrazione liturgica. A tal proposito la Chiesa si muove secondo un duplice impegno: non prendere le distanze dall’arte contemporanea ma lasciare che essa interpelli l’essere umano, favorire un più profondo legame con la liturgia così che l’arte possa trovarvi un compimento». Facendo eco a Crociata, Margherita Guccione, direttore del settore Architettura del Maxxi, ha sottolineato che i progetti dei concorsi della Cei «sono la più avanzata frontiera nella ricerca sullo spazio sacro».Nella mostra, per la diocesi di Tempio-Ampurias si può apprezzare il profilo misurato proposto dal gruppo vincitore capitanato da Francesca Leto, e confrontarlo col volume dai tagli sghembi del secondo arrivato guidato da Remo Dorigati, e col terzo, diretto da Guendalina Salimei, forse più tormentato nell’intreccio di pareti a viluppo che cercano di riecheggiare la lezione di Michelucci. E così per le altre due diocesi: Ferrara al Nord e Cassano allo Jonio al Sud. Nella prima ha vinto Benedetta Tagliabue con un centro parrocchiale raccolto sotto un’ampia copertura ondulata e leggera, seguita dallo studio Brau con un progetto rigidamente razionalista composto da setti verticali e da Andrea Sciascia con un gioco di incastri che oscilla tra la geometrica monumentalità di un Aldo Rossi e una tentazione decostruttivista. Mentre a Cassano ha vinto Mario Cucinella con un disegno decisamente organico che all’interno ricorda un poco le architetture di Gottfried Böhm, mentre secondo si è piazzato il gruppo Cossu-Toni con una chiesa articolata su una pianta a croce che in piccolo riprende la navata con transetto; inoltre è "segnalato" il progetto di Zaira Dato che si muove con linee convergenti e divergenti cercando di assommare tutto il possibile: richiami storici, modernità, simmetrie e asimmetrie.Tendenze diverse, sensibilità a volte distanti. L’esposizione permette al pubblico di esprimere i propri giudizi, al di là di quelli sanciti dalla giuria: il dibattito ha un’importanza in sé. E c’è un altro elemento di interesse: «È la prima volta che l’esposizione dei "Progetti pilota" si svolge al Maxxi: questo per noi significa raccogliere una sfida e offrire una testimonianza», nota monsignor Giuseppe Russo, responsabile del Servizio nazionale edilizia di culto della Chiesa italiana. «La sfida è il confronto col mondo dell’architettura e dell’arte contemporaneo, per dare un segno tangibile di come tra Chiesa e modernità non vi sia contrapposizione. La testimonianza consegue dal camminare nel solco della tradizione, come sempre ha fatto la Chiesa: con lo sguardo volto in avanti, liberi da tentazioni nostalgiche ma coscienti che è possibile tradurre il messaggio evangelico nella lingua viva. Così anche attraverso l’arte e l’architettura cerchiamo di fare nostra l’esortazione di papa Francesco a non essere "collezionisti di antichità o di novità", ma a scoprire il senso vero della bellezza. E questo è percepito come fondamentale da tutti, artisti, progettisti, critici, osservatori».Chi guarda le grandi architetture del passato pensa ai loro autori - Brunelleschi, Bernini, Bramante...- come geni assoluti. E si chiede: esistono ancora personaggi di tale levatura? In attesa che i posteri proferiscano l’ardua sentenza, oggi è ritenuto fondamentale che vi sia un’attenta selezione dei progetti. Come spiega Guccione: «I concorsi indetti dalla Cei propongono un processo virtuoso di confronto tra progetti e rafforzano la convinzione che queste iniziative non debbano essere riservate solo alle grandi opere pubbliche». E l’azione della Cei è esemplare, poiché i suoi concorsi si traducono in opere, il che non sempre avviene in Italia: «Nel nostro Paese c’è una cesura netta tra concorso e realizzazione...». Le nuove chiese nelle periferie urbane sono come le cattedrali nei centri storici: luogo di riferimento per la società, momento identitario, fattore di aggregazione, memoria di una Presenza. Sono «tema importante e ricco di suggestioni che appartiene a duemila anni di storia e arriva al presente grazie al l’impegno della Conferenza episcopale italiana», conclude Guccione.
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