mercoledì 21 agosto 2013
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Nell’anno del centenario della nascita (23 marzo 1913), Piero Chiara è una continua "riscoperta". Dopo Incantavi. E altre poesie (L’Ora d’Oro edizioni) , debutto letterario di Chiara ad opera del suo primo editore, don Felice Menghini, ora fa la sua comparsa E sapremo chi fu l’autore del delitto? (Mauro Pagliai Editore, a cura di Federico Roncoroni). Volumetto contenente l’intervista che nel 1957 Chiara fece a Carlo Emilio Gadda. Incontro tra il 44enne Chiara, alla ricerca di un futuro d’autore - allora attivo come poeta, critico e collaboratore dei quotidiani cattolici, "L’Italia" di Milano e il "Giornale del Popolo" di Lugano - e l’ormai maturo (64enne) e consacrato autore di Quer pasticciaccio brutto de via Merulana. «Il maggior avvenimento dell’annata letteraria (1957, ndr). Un grande arazzo linguistico sotto il quale vive una commossa umanità, ritratta con piena adesione sentimentale». Così lo scrittore di Luino aveva recensito entusiasta sulle colonne de "L’Italia" il romanzo edito da Garzanti all’indomani dell’uscita. E sulla scia di una manifesta ammirazione, il "reporter" Chiara, per conto della Radio Svizzera Italiana era sceso a Roma per andare ad intervistare Gadda a domicilio. Intervista concessa grazie alla preziosa mediazione dell’amico Giovanni Battista Bernardi del "Radiocorriere" che aveva il privilegio di accesso a casa Gadda. Un piccolo scoop giornalistico non privo di difficoltà, fin dall’ingresso nel condominio al n.19 di via Blumenstihl. «La portinaia, una russa, - racconta Chiara -  negò l’esistenza fra i condomini di un ingegner Gadda. Ma Bernardi salì ugualmente al terzo piano, seguito da me, e suonò a una porta. Venne ad aprire Gadda in persona...». Un Gadda intimamente privato, affabile e accogliente si palesò dinanzi a un Chiara in leggera soggezione, ma per l’intervista pretese che «gli lasciassi delle domande scritte e mi promise di prepararmi le risposte. Finita la stesura delle domande si parlò del Pasticciaccio». E a questo punto nella "cronaca" dell’incontro, di cui Chiara scrisse tra il 1974 e il 1975, si creò un improvviso siparietto critico. «La trazione elettrica non era ancora stata adottata dalle Ferrovie dello Stato sulla Roma-Napoli e quindi il passo del Pasticciaccio in cui si leggeva: "il Roma-Napoli filava filava a tutta corsa…diademato di lampi e di scintille spettrali sul pantografo, lucanocervo saturato d’elettrico", era arbitrario, anacronistico». Questa l’annotazione di Bernardi, recepita con fastidioso terrore da Gadda che promise di accertarsi scrivendo al Ministero dei Trasporti. Nel clima da "pulci", Chiara allora si permise di far notare che il passo in cui il brigadiere Pestalozzi in motocicletta «premé col piede, accelerò», «vi era un errore tecnico. Perché le Moto Guzzi dell’epoca avevano l’acceleratore a manopola, sul manubrio, non a pedale». A quel punto Gadda sudava freddo, prese atto dell’ulteriore e possibile défaillance e rassicurò che avrebbe provveduto ad «accertare e correggere» il «particolare» che ricordava fosse a pagina 234. Calato il siparietto, i due si congedarono con gran sollievo di Gadda. «A quest’ora - immaginò Bernardi -, con gli occhi fuori dalla testa e le braccia protese, ci sta mandando fulmini e malanni, maledicendo la sorte che ci ha messo tra i suoi piedi». Ma quindici giorni dopo, quando Chiara tornò in via Blumenstihl per ritirare le risposte, trovò invece un Gadda ancora cordiale, nostalgico della sua Lombardia: decantava Lugano, il Canton Ticino, e di «Luino del quale mi pare avesse detto o scritto, in altra occasione, che era il luogo dove andavano in viaggio di nozze i barbieri di Milano. Cosa - scrive Chiara - che mi guardai bene dal contestargli, perché avevo capito che temeva di tutto e si preoccupava di non recare offesa a chicchessia». Un atto di prudenza dovuto, anche perché dopo il primo incontro Gadda gli aveva scritto comunicandogli di aver perso il foglio delle domande e con una certa apprensione il suo intervistatore provvide subito a fargliene avere copia. Questo incidente viene omesso da Chiara nella cronaca postuma, probabilmente perché appagato dal successo della trasmissione dell’intervista che andò in onda alla Radio Svizzera Italiana all’inizio del 1958 e il cui testo integrale venne redatto - nel settembre dello stesso anno - per la pagina del periodico ticinese "Radioprogramma" . L’intervista si apre con la domanda sul proverbiale "immobilismo" domestico di Gadda che ai suoi lettori-ascoltatori puntualizzava: «Ho camminato quando era il tempo, quando il cuore e le gambe reggevano… Del tutto immobile risulterò nel Duemila. E poi a completare l’esègesi, chi scrive non si muove. Non è pensabile che Tolstoj abbia scritto Guerra e Pace a cavallo». Un Gadda come sempre acuto, caustico e cromato di quella «colorazione lombarda dell’Adalgisa» che gli deriva dai «modelli amati di Parini e Manzoni». Ma nel Pasticciaccio, Chiara gli fa notare di aver adottato una forte «contaminazione romanesca» e di questo l’autore ne è compiaciuto ed esalta quella lingua del Belli ritenuto a torto un «dialettale-scurrile», mentre «è poeta del costume dei più veri e profondi del suo secolo: anticipatore d’invenzioni e di modi tuttora ignoti alla letteratura in lingua». Quasi una autoidentificazione del «gran lombardo» che si congedò da Chiara salutando gli ascoltatori della Radio Svizzera Italiana che «sono tra i correntisti più cospicui, più vicini al nocciolo del mio cuore (per dire col poeta) cioè al cuore del cuore».
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