sabato 15 maggio 2021
Il saveriano Tiziano Tosolini ha tradotto per la prima volta in Italia quattro testi di Shusaku Endo, Toshio Shimao e Shotaro Yasuoka, grandi autori legati dall’appartenenza alla minoranza cristiana
Lo scrittore giapponese Shusaku Endo

Lo scrittore giapponese Shusaku Endo - archivio

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Tre autori, quattro testi esemplari che diversamente evidenziano la difficoltà di raffrontarsi con situazioni al limite che sfidano non solo sentimenti e capacità dei personaggi ma anche la loro fede: Shusaku Endo con Il paese d’oro, Toshio Shimao con Il pungiglione della morte e Dal profondo; infine Shotaro Yasuoka con Vista sul mare. Un’antologia con cui il traduttore dal giapponese e curatore padre Tiziano Tosolini, missionario Saveriano di lunga esperienza di Giappone e docente di Filosofia presso la Pontificia Università Gregoriana, ha voluto mettere in evidenza quell’incertezza del vivere e il senso di reclusione che appartengono anche alla realtà pandemica che stiamo vivendo. Un volume, Il pungiglione della vita, pubblicato dall’Asian Study Centre di Izumisano (Osaka), che questa istituzione e il curatore mettono a disposizione in forma, al momento, digitale scaricabile liberamente dal sito del Centro Documentazione dei Missionari Saveriani di Roma.

La domanda più ovvia nell’avvicinarsi a un lavoro del genere è: perché questi scrittori e questi testi? «Generalmente, questi scrittori cattolici sono autori impegnati, contrariamente alle tendenze odierne, dove pare predominare l’aspetto puramente estetico della letteratura – chiarisce Tosolini –. Scrivono in modo raffinato ma comunicano anche un messaggio, appassionano per il modo in cui coniugano fede e letteratura. Appartengono alla generazione del dopoguerra e in essi risalta la descrizione del deserto spirituale (non dissimile da quello diffuso oggi nel mondo) in cui si sono trovati e la ricerca di una soluzione. Non senza difficoltà, perché il loro background di fede è poco conosciuto in Giappone». Anche in quest’ultimo lavoro padre Tosolini ha evidenziato la loro inclusione nel panorama letterario giapponese, indipendentemente dalla fama: indiscutibile per Endo, certa per Shotaro Yasuoka (del quale Endo è stato padrino del suo battesimo da adulto), i cui lavori (ha anche tradotto in giapponese Radici di Alex Haley) sono spesso inclusi in libri di testo.

Di pari rilievo Toshio Shimao, testimone letterario del conflitto mondiale, cantore delle isole Ryukyu dove venne stanziato come membro di squadre suicide e dove conobbe sua moglie. Al di là di questi elementi, diciamo “generali”, c’è una connessione che Tosolini ha individuato tra le opere scelte per l’antologia e la crisi che il mondo sta vivendo per la pandemia da Covid-19. «I testi trattano di situazioni al limite, con un aspetto di costrizione che in qualche modo rispecchia la nostra e come con la nostra, pur non avendola scelta, dobbiamo convivere». Ad esempio, Endo, in quello che è stato il suo primo testo teatrale, ripropone la vicenda di uno dei primi missionari in Giappone costretto a rinnegare i propri principi, accentuando il tema dell’incertezza della propria identità cristiana ma anche aprendo all’idea della gentilezza di Dio che comprende e perdona i limiti umani. Nel suo racconto Yasuoka evidenzia il rapporto di spaesamento nel capire che gli equilibri familiari costruiti finora, si infrangono pochi attimi prima della morte della madre ricoverata per demenza senile quando, in uno dei rari momenti di lucidità, chiama per nome il marito che aveva sempre odiato e non il figlio che le stava stringendo la mano.

In Dal profondo, il primo dei dodici testi dell’antologia I racconti dell’ospedale, Toshio narra una vicenda autobiografica, dato che lo scrittore scelse di farsi ricoverare, lui sano, in un ospedale psichiatrico per seguire la moglie in condizioni psichiche instabili e alla quale dedica attraverso il protagonista una preghiera. «“Una preghiera a mia moglie” – scrisse Toshio –. Forse queste parole non posseggono alcun senso letterale. Suppongo che una preghiera debba essere rivolta a Dio, non a mia moglie. Ciò che intendevo dire, era: “Una preghiera a Dio per amore di mia moglie”. Io non vedevo Dio, ciò che io vedevo era mia moglie. Ma per me, mia moglie era il modo con cui Dio mi metteva alla prova…».

La scelta radicale di Toshio scosse al tempo molti giapponesi, persino lo scrittore Yukio Mishima. Si tratta di situazioni che spingono a pensare a se stessi, al rapporto con Dio e con gli altri, al senso della vita condotta, a ricalibrare i valori su cui giocare la propria vita futura. «Ho tradotto questi autori a Osaka durante la prima diffusione del Covid in Giappone – conclude il curatore –. Ho vissuto quindi un senso di familiarità con la situazione che si stava manifestando e con essa il tentativo di reagire restando se stessi». Quello che i cattolici giapponesi cercano costantemente di concretizzare in un precario equilibrio.

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