venerdì 12 settembre 2014
A colloquio con il pastore di Cagliari. “La mancanza di lavoro produce un esodo forzato che si trasforma in danno enorme per la comunità".
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“Da noi il Vangelo è arrivato attraverso i poveri e gli esiliati: una fede che ha segnato una mentalità cristiana. Conta anche il carattere dei cagliaritani che sono aperti, affettuosi e accoglienti”. L’arcivescovo di Cagliari, Arrigo Miglio, racconta così il substrato cristiano che plasma la città e la sua gente. “Siamo al centro del Mediterraneo, non solo dal punto di vista geografico ma anche storico”.

Eccellenza, come Cagliari insieme con tutta l’isola convive con i suoi tratti peculiari? “La nostra peculiarità storica è scritta nel  territorio stesso. Abbiamo un patrimonio archeologico eccezionale: età nuragiche, presenza punica e romana. Il Vangelo giunge a noi grazie ai deportati delle persecuzioni imperiali: fra di essi c’è anche Papa Ponziano. Poi va ricordato l’esilio della Chiesa nordafricana in Sardegna con i molti vescovi che nel VI secolo arrivarono, con san Fulgenzio, e portarono a Cagliari anche le spoglie di sant’Agostino”.

Cagliari resta un crocevia? “Cagliari è punto d’incontro fra culture differenti: ieri erano coloro che arrivavano dal Nord Africa, ma anche bizantini, pisani, spagnoli, piemontesi. Oggi abbiamo i nuovi immigrati, senza trascurare l'impatto culturale con i turisti e l'apporto culturale che viene dai nostri emigranti”.

E la cultura locale? “E' una cultura molto legata alle tradizioni religiose. Basti pensare alla festa di sant’Efisio. E’ un evento che richiama persone e gruppi folkloristici da tutta la regione. In molte feste locali si  tocca con mano la ricchezza della pietà popolare. Non dimentichiamo in primo luogo le processioni  della Settimana Santa, che hanno molto in comune con le tradizioni d’impronta spagnola”.

Una terra dalle radici cristiane. “La fede che si fa cultura è espressa anche nelle chiese che impreziosiscono la città. Le radici cristiane hanno tenuto vivi ad esempio valori come il desiderio libertà e la forza della solidarietà familiare, la disponibilità all'accoglienza e la capacità di condivisione. Cagliari è  una città solidale”.

La distanza dal continente è una dimensione negativa? “L’isolamento può essere un punto di forza se spinge a cercare contatti. E’, invece, una debolezza se  l’isola è  considerata una periferia, come avvenuto in certi periodi anche non lontani. Cagliari è un porto e molte città della Sardegna sono sulla costa: anche questo dice la voglia di conoscenza e di incontro della nostra gente”.

Il territorio fa i conti con l’allarme disoccupazione. “La mancanza di lavoro produce un esodo forzato che si trasforma in danno enorme per la comunità. E’ buona cosa che i giovani vadano fuori regione per esplorare altre realtà. Ma oggi con una disoccupazione giovanile intorno al 50% viviamo un esodo forzato. Questo si può fermare potenziando la formazione mirata a settori dove ci sono opportunità di sviluppo: penso al turismo, alla cura dell'ambiente, al settore agro-pastorale”.

Come giudica la candidatura a Capitale europea della cultura? “Mi auguro che questa opportunità aiuti a prendere coscienza del valore fondamentale  rappresentato dalla cultura. Essere capitale europea può portare a Cagliari maggiore presenza di altre culture. Il confronto con culture diverse stimola la consapevolezza di sé, della propria storia, dei valori che contiene. Inoltre ritengo importante il riconoscimento  europeo dato al  Cammino di sant’Efisio che arriva a Nora. A questo itinerario si aggiungono il Cammino di santa Barbara legato alla storia mineraria del comprensorio sulcitano e vari altri Cammini che sono in fase di allestimento".

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