sabato 14 marzo 2015
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Adesso i villeggianti dell’altopiano di Folgaria vanno per funghi e si godono il quieto laghetto nascosto dalle conifere, proprio là dove negli anni della Guerra Fredda una rampa di lancio ospitava missili della Nato pronti a intercettare i bombardieri sovietici. L’ex «Base Tuono» di passo Coe, al confine col Veneto, è stata trasformata cinque anni fa in un museo all’aria aperta sempre più frequentato, un esempio («copiato» da altri) di riconversione di un sito militare per finalità culturali ed educative.Quei sedicimila ettari a 1600 metri di quota, trasferiti dallo Stato alla Provincia autonomia di Trento, sono diventati un luogo della memoria valorizzato anche turisticamente dal Comune di Folgaria con la collaborazione dell’Aeronautica militare: «I novemila visitatori del primo anno sono ora saliti a 17 mila – conferma Maurizio Struffi, assessore comunale alla Cultura – e cresce anche il numero delle scolaresche prenotate, per un totale di tremila studenti da aprile fino a ottobre».Accompagnati da guide ben preparate, i ragazzi restano colpiti dai tre missili Nike-Hercules alti 12 metri, puntati verso il cielo (un quarto rimane sdraiato nell’hangar a scopo didattico), come altri 200 nel Nord-Est italiano negli anni Sessanta, macchine da guerra schierate lungo quella che Churchill chiamò la «cortina di ferro», confine anche ideologico fra i due blocchi.Gli studenti comprendono così il significato di Guerra Fredda e s’interrogano quando si dice loro che quei missili non furono mai usati e che il lento processo di distensione – mai concluso peraltro – portò allo smantellamento della base solo nel 1997. Fu scongiurato allora un nuovo conflitto con armi di distruzione di massa – i pannelli didattici dell’ex Base Tuono sono giustamente espliciti – e ulteriore sangue in zone già ferite nella Grande Guerra, come documentano le fortificazioni vicine, e dall’eccidio di partigiani nell’agosto 1944 presso la vicina  Malga Zonta, inserita nell’itinerario sulle tragedie del secolo scorso.Ma il ripristino dell’insediamento strategico sull’altopiano di Folgaria sta facendo scuola e viene preso a modello da altre basi che negli ultimi anni sono state riconsegnate agli enti pubblici. In Friuli – altro fronte strategico Nato verso est – la disponibilità delle aree non c’è ancora, mentre in Alto Adige il recupero è già cominciato, anche con il concorso di privati.I progetti più avanzati, ma non ancora realizzati, riguardano un’altra ex base Nato a Naz Sciaves, vicino a Bressanone, che dal 1967 al 1983 fu un deposito di munizioni speciali, venne abbandonata nel 1998 e poi restituita al Comune e alla Provincia nel 2010. Pochi mesi fa l’assessore altoatesino Florian Mussner, rispondendo a un’interrogazione sui ritardi di questo ripristino, ha assicurato che il progetto prevede una musealizzazione dei manufatti e l’utilizzo dell’area circostante per eventi culturali. Ed ha citato espressamente l’ex base di Folgaria come esempio di «splendida trasformazione di una testimonianza della Guerra Fredda in un’opera di conservazione storica».A Naz Sciaves un sopralluogo fra gli arbusti che si sono ormai impadroniti dei vialetti interni alla base consente di constatare che le poche strutture rimaste (all’epoca ospitavano un centinaio di uomini) rischiano il degrado e i vandalismi. Ci sono i due depositi a igloo che custodivano le munizioni speciali (forse anche di tipo nucleare, si temeva in quegli anni) assieme alle casermette e alle torrette. Perfino le buche nel terreno, con sacchi di terra attorno, per difendere due o tre persone da eventuali attacchi: «Abbiamo ricostruito la funzione di questo sito, denominato Rigel, e alcuni interventi di valorizzazione sono già sulla carta, altri li abbiamo già sperimentati in diversi luoghi dell’Alto Adige», spiega il tenente colonnello Licio Mauro, che ha dedicato i primi anni della pensione alla ricerca storica e ai percorsi didattici.I più riusciti sono quelli che hanno riaperto e svelato i bunker presso Fortezza, la cosiddetta «Opera 3», gestita dalla Provincia e ora meta di scolaresche e gruppi organizzati, e le fortificazioni di Passo Resia, in sigla «Opera 20», valorizzate dal Comune insieme all’associazione Oppidum.  La Provincia di Bolzano ha raccolto nel 2004  nel volume intitolato Bunker i molteplici interventi del progetto: le numerose fortificazioni, risalenti in parte al Vallo Alpino voluto da Mussolini e poi dismesse, sono state affidate agli enti pubblici o  acquistati da privati che talvolta li hanno anche ristrutturati a scopi turistico commerciali.In alcuni casi i bunker si sono rivelati adatti ad ospitare depositi di formaggi, vino e perfino whisky, in altri casi sono stati arricchiti con testimonianze belliche e inseriti in itinerari didattici e naturalistici: a Passo Resia ad esempio, in località Pian dei Morti, si presenta molto suggestiva la struttura difensiva anticarro «Denti di drago»: anche loro ormai non mordono più.
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