giovedì 13 ottobre 2016
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Anziché pensare la Rete solo come il luogo di virtualizzazione delle esistenze di milioni di individui, di perdita del saper fare e del saper vivere, di indebolimento dei legami comunitari, possiamo forse immaginarla come un’occasione di rilocalizzazione di territori 'contributivi', sciolti dalle risorgenti tentazioni del localismo, in virtù delle nuove possibili riarticolazioni tra locale e globale, situato e delocalizzato, individuale e collettivo.  La Rete costituisce infatti un’infrastruttura capace di favorire nuovi e più avanzati equilibri; preziosa per far nascere, sostenere e interconnettere le tante potenzialità di libertà presenti nelle 'società dei liberi'. In primo luogo, la rete va messa in rapporto allo sviluppo di una società della conoscenza. Con questo termine non si intende solo l’aspetto cognitivo astratto, ma la combinazione tra sapere teorico, saper fare e saper vivere. Il problema della 'società dei liberi' oggi non è più avere accesso alla conoscenza. Casomai, sapersi orientare in un contesto troppo grande e instabile, acquisendo competenze e punti di vista originali. Questo tema certamente rinvia alla scuola e ai processi formativi, ma riguarda anche la responsabilità di riempire questo nuovo ambiente di indicazioni, riferimenti, stimoli positivi e costruttivi. La gran parte dei paesaggi di questo nuovo territorio rimane ancora da tracciare. E spetta ai liberi prendersene cura. Una seconda pista riguarda i processi di 'formazione in relazione': quei processi, cioè, capaci di abilitare la creazione di significati condivisi e la strutturazione di una pluralità di ambienti sociali e culturali, materiali e digitali.  Da questo punto di vista, è interessante osservare che, anche se in forma molto rudimentale, in realtà i social network permettono di esperire le potenzialità enormi della Rete dal punto di vista cooperativo. È il movimento associativo, non quello dissociativo (che pure un certo modo di stare in rete tende a sostenere), che serve alla società generativa. La Rete può poi essere l’occasione per rafforzare la prospettiva di un’economia della cura, a partire dal ripensamento della rigida distinzione tra produzione e consumo. Esempi di queste nuove opportunità sono i modelli dell’open source, che risultano dalla collaborazione di persone che allo stesso tempo creano i contenuti e ne fruiscono, producono e condividono, generando valore che è non solo economico ma anche sociale e culturale. Rafforzando le dinamiche di interazione, la Rete può essere uno strumento prezioso per rendere concretamente possibile un atteggiamento di corresponsabilità nella soluzione dei problemi.   Infine, la Rete consente di immaginare nuove forme di relazione tra il particolare-locale e l’universale-globale, permettendo così di sanare quel destino di chiusura che ha storicamente sempre ridotto l’impatto delle iniziative che si sviluppano al microlivello: rendendo possibili forme di interazione, scambio e collaborazione tra luoghi lontani, essa potenzialmente permette di cambiare la natura e la portata di ciò che, come persone e come gruppi, possiamo realizzare negli ambiti di vita quotidiana in cui siamo inseriti. Ma tutto questo sarà possibile solo se davvero riusciamo a ridefinire il nostro immaginario della libertà.
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