mercoledì 29 settembre 2010
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La radio digitale ci riprova. Dopo il fallimento del primo tentativo, quello del Dab negli anni 90, gli operatori tentano ora di calare l’asso vincente. Con nuove tecnologie: Dab+ e Dmb (Digital multimedia broadcasting). Quella che si propone è una radio per certi aspetti molto diversa da quella tradizionale. Una radio da «sfogliare», come dicono i suoi sostenitori. Che viaggia anche su Internet, per ascoltare emittenti dall’altra parte del mondo o per scaricare i podcast dei programmi preferiti già andati in onda. E che comunica senza fili con il pc di casa per farci ascoltare la musica preferita. Una radio anche «a colori», con schermi «touchscreeen»: li tocchi con un dito e si mettono in azione. Altro che le vecchie radio Geloso a valvole, o il transistor con cui il babbo seguiva il calcio minuto per minuto. In teoria tutto bello, ma la partita presenta diversi punti critici. Il primo è l’avvio effettivo di un altro digitale, quello televisivo terrestre. Da tempo si attende l’abbandono della vecchia tv analogica per passare al nuovo sistema. Quando ciò avverrà, col fatidico "switch off" (spegnimento dei vecchi trasmettitori), le frequenze VHF, comprese tra i 174 e i 240 MHz, la banda III, si libereranno e saranno occupate dalle nuove radio, che affiancheranno quelle tradizionali in Fm. Però per la tv ci sono dei problemi tecnici. Là dove le onde televisive emesse da trasmettitori diversi si incontrano, se non sono esattamente sincronizzate mandano in tilt la ricezione. Visione "spezzettata" e innalzamento della pressione dello spettatore, sono le conseguenze. Gli ingegneri stanno studiando la questione, insieme ad altre. Ma i mesi passano e gli operatori della radiofonia che aspettano il loro turno sono sempre più furibondi. L’altro problema sono gli apparecchi radio. Inutile trasmettere programmi mirabolanti, se nei negozi non si trovano i ricevitori capaci di tradurli in suoni per le nostre orecchie. È già successo con il sistema Dab (digital audio broadcast) e Drm (digital radio mondiale). Per risolvere l’inghippo l’Ard (Associazione per la radiodiffusione digitale) ha pensato di cercare aiuto nel Regno Unito. I britannici sono i più avanzati al mondo nel settore. E qui hanno trovato udienza alla Pure, azienda leader nel digitale. La Pure ha accettato di predisporre nove dei propri modelli radio per il mercato italiano, che arriveranno in autunno. Una radio di questo genere potrà ricevere sia in Fm che in digitale e, nei modelli superiori, potrà collegarsi senza fili al computer o a Internet. Inoltre si sta lavorando sul fronte delle autoradio: l’obiettivo è avere ricevitori che a seconda delle zone possano "inseguire" l’emittente preferita sia in Fm che sul digitale. E in digitale raccogliere informazioni sul meteo e sul traffico, magari da trasferire al navigatore perché le elabori. In attesa che la tv si trasferisca e che arrivino le "radioline" l’Agcom, l’Agenzia per le telecomunicazioni ha predisposto un regolamento per l’accesso alle nuove frequenze. E si continua con le trasmissioni sperimentali limitate in poche aree del Paese. Due vedono la collaborazione tra Rai Way e Aeranti-Corallo (che associa le emittenti locali radio e tv) e sono in corso a Bologna e Venezia. Vi partecipano la Rai e 19 radio locali in Emilia e 17 in Veneto. A Roma invece Rai Way collabora con le grandi emittenti nazionali. Quali i vantaggi della radio digitale? Audio di qualità (come quello di un compact disc), interattività, più servizi, più contenuti anche multimediali. Inoltre ci si augura che possano essere sintonizzate anche radio diverse, o con programmi diversi, dalle Fm, per evitare un doppione, di cui nessuno sente la necessità. Resta un’incognita: in questa fase di crisi quanti privati sono disposti a investire in nuove tecnologie al di fuori delle aree più ricche? Il rischio è che si riproponga un’Italia a due velocità. Anche nell’etere.
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