mercoledì 19 maggio 2021
Vale la pena di rileggere oggi i versi di Piero Bigongiari, poeta fra i maggiori del Novecento, pubblicati ora da Vallecchi in un’antologia che ne riunisce l’intero corpus poetico (1933-1997)
Piero Bigongiari

Piero Bigongiari - Effigie

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È poesia che pensa, che non descrive , ma inventa, facendo sgorgare il senso dalla congiunzione e 'mutazione' delle parole, quella di Piero Bigongiari: una poesia in cui, interrogandosi, il mistero dell’esistere prende corpo e significato, coniugando 'fuoco e cenere', emozione e pensiero, senza mai trascurare il conflitto perenne tra ragione e sentimento. In questo gioco, il poeta avverte l’esigenza di scoprire l’'antimateria' di un dialogo necessario, fino a raggiungere le profondità del non detto, dove è possibile incontrare le 'orme' di un esistente sommerso, che si rivela ad ogni passo come oscura profezia, come 'sogno', che dice e significa per segni come il dio di Eraclito invitando alla sua scommessa di verità per lampeggiamenti.

È questo che a noi pare di riscontrare, non da oggi soltanto, nella forza lampeggiante ed enigmatica dei suoi versi, che, come dice Milo De Angelis, sembrano avere «dentro di sé la luce del paradosso e la lama della verità», con lui, il Poeta, che si erge come un antico profeta o deinòs, venerando e terribile nella sua dignitosa compostezza, come il platonico Parmenide agli occhi del giovane Socrate, ad indicare senza arroganza il suo esemplare itinerario poetico che a guardarlo oggi appare organico nella sua capacità di reinventarsi continuamente, dall’originario 'oscurismo' neosimbolista all’ermetismo, fino a un sempre più disponibile abbandono alla magmaticità del mondo e del linguaggio. «Siamo partiti insieme pel viaggio / lontani dalla Sfinge. O era con noi? / Quella laringe ancora gorgogliava / qualcosa…O era solo il lieve raggio // di sole che davanti ai nostri passi / calpestava viole, accecava / grattacieli vetrati…».

Vale la pena di rileggere oggi questi versi di Piero Bigongiari poeta fra i maggiori del Novecento, pubblicati ora da Vallecchi in un’antologia che si intitola L’enigma innamorato, che ne raccoglie l’intero corpus poetico (1933-1997), a cura di Paolo Fabrizio Iacuzzi, con l’introduzione di Milo De Angelis (pagine 254, euro 18,00). Bigongiari (1914-1997) è un autentico maestro in ombra che sconta, forse più di altri e da ormai troppo tempo, il naturale limbo dell’accantonamento conseguente alla scomparsa ma che s’avvia a diventare un auspicabile punto di ripartenza della sua fama: un «amore che cresce a distanza», per servirci di uno degli ultimi versi dell’antologia, in 'Daffodils' (da Il silenzio del poema), datato 22-23 gennaio 1997, da un punto cioè estremo della sua vita e nel segno di una fragilità, un umilissimo fiore di effimera ma tenace e risorgente vitalità, non meno della leopardiana ginestra.

È in questo simbolo, di un attaccamento alla vita nel suo 'sfaglio', nel mostrarsi nella molteplicità delle sue forme, che si può comprendere e condensare il significato di tutta l’opera, non soltanto creativa, di Bigongiari: come volontà di dar corpo a ciò che delle cose gli appare, nel segno dell’amore inscritto nell’aggettivo del sintagma del titolo, come apportatore di un messaggio energetico, di positività. Le forza della debolezza, insomma, inscritta negli umili daffodils, diversamente noti come 'tromboncini', riscattati dalla loro comica insignificanza in virtù della parola che salva.

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