giovedì 26 novembre 2020
Sperimentiamo lo spazio teologico della “ libertas minor”: l’esercizio del libero arbitrio, anche di fronte a una servitù esterna
Coronavirus in Corea

Coronavirus in Corea - Ed Jones/Afp

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La seconda ondata della pandemia s’accompagna al venire meno del consenso verso le scelte da farsi. Si contrappongono legittime esigenze politiche– sanitarie e legittimi timori sulle conseguenze per le libertà individuali delle scelte legislative. Un conflitto inevitabile, in una democrazia liberale. Resta, al di qua di questo conflitto, lo spazio delle scelte morali dei singoli. Scelte anch’esse contrassegnate da una pluralità di opzioni, le une opposte alle altre: accettare le decisioni del legislatore, o riaffermare il diritto all’autodeterminazione in fatto di salute? Un aiuto può venire da alcuni concetti teologici, utili per orientarsi nelle controversie morali. La pandemia – che potenzialmente colpisce tutti, indipendentemente dalla nostra volontà – non ha i tratti di ciò che i teologi chiamano “servo arbitrio”? Quale che sia la scelta che faccio, proprio per la pervasività del male che s’è abbattuto, posso danneggiare, anche inconsapevolmente, l’altro. In tal senso siamo in una situazione di “servo arbitrio”. La mia libertà è limitata da un vincolo (una colpa, il rischio d’infettare) che asserva la mia decisione. Viene meno quindi lo spazio della libertà? Tutt’altro. È lo spazio teologico della “ libertas minor”: l’esercizio del libero arbitrio, anche di fronte a una servitù esterna che mi coarta. Non fare all’altro ciò che non vorresti fosse fatto a te.

In questa situazione di “servo arbitrio” – il male sta lì, e sempre può colpirci – la libertà del singolo riluce nella sua abissalità: decidendo prendo su di me il destino di altri. Portare la mascherina non è solo un atto di autodifesa, ma è l’esercizio del libero arbitrio in quanto radice dell’azione morale, della responsabilità: rispondo di altri. Con una differenza rispetto alla situazione teologica classica: se il peccato nel “servo arbitrio” ha l’aspetto di una “necessità”, la colpa da infezione è una “possibilità” – una contingenza spesso cieca – che acuisce ancor più la responsabilità della decisione. Si parla di uno scenario da neo–totalitarismo sanitario verso cui starebbero scivolando le democrazie liberali. Al contrario: proprio la rilevanza dell’azione morale del singolo – radice della sua libertà negativa – accentua ancor più la differenza tra la democrazia liberale e quella totalitaria. Quella liberale si fonda sulla libertà innanzitutto morale del singolo, al punto che dall’intrecciarsi delle scelte dei molti, nei loro effetti anche involontari, ne va del futuro di tutti. Cosa che non accade nelle autocrazie, dove non c’è spazio per la “ libertas minor” dei singoli e la loro pluralità. Non vedere questa differenza è confondere tra coartazione fisico–morale, ove non c’è libertà, e autodisciplina, per amore della libertà.

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