mercoledì 14 dicembre 2016
Al Mondiale per Club in Giappone è stato calciato il primo rigore assegnato dal videoreferee: peccato che l'azione era partita in fuorigioco
La moviola in campo ha fatto autogol
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Doveva essere un apparentemente anonimo martedì prenatalizio, e invece dal Giappone, dal Mondiale per Clubs, due notizie storiche. Una squadra asiatica, nella fattispecie i padroni di casa dei Kashima Antlers, approda alla finale iridata per la prima volta, segnale chiaro che la svolta post-Coppa Intercontinentale della Fifa volta alla creazione di un vero torneo globale una volta tanto non è stata sballata, come testimoniano anche le qualificazioni degli africani del Mazembe nel 2010 (contesero il trofeo all’Inter, vincitrice per 3-0) e dei marocchini del Casablanca nel 2013.

Ma il vero, grande evento, il segnalibro che resta da subito nell’ormai bisecolare cammino del football moderno è il rigore che ha aperto la via al successo nipponico e alla disfatta dei favoritissimi colombiani del Nacional di Medellin: rigore che l’arbitro ungherese Kassai, uno dei fischietti top del pianeta, ha concesso dopo avere osservato a bordo campo le immagini dell’azione contestata, segnalate dall’ufficiale di gara addetto alla Var, vale a dire il videoarbitraggio, la sospirata e controversa moviola in campo. Un passaggio epocale, in quanto trattasi - dopo fasi di test che hanno avuto e continuano ad avere luogo anche in Italia - del primo “telefischio” in partita ufficiale.

Per chi esulta (o al contrario, teme) ed esalta l’inizio della fine delle sciocchezze arbitrali, chi pensa che da qui in poi si possano evitare sviste, si metta subito il cuore in pace: perché quello che fa sorridere - un po’ meno in Colombia, dove si sono immediatamente accese acri polemiche - è che analizzando allo schermo le fasi dell’azione incriminata, nessuno, a cominciare dal “videoreferee” si sia accorto che il giocatore degli Antlers che poi subisce il fallo parte sulla punizione calciata dal compagno in una posizione irregolare, di fuorigioco.

Insomma, attenzione, a dispetto dell’ultimo scalino da salire, a dispetto della goal line technology, a dispetto dei team arbitrali sempre più vasti - se si considerano i due direttori impiegati al video, il totale può salire a otto unità -, la discrezionalità e il “buco” in cui gestire decisioni e partite rimangono intatte o quasi, le partite possono ancora essere scritte da chi tiene il fischietto in bocca. Senza considerare che in ogni caso, come successo in Giappone, l’arbitro video segnala, comunica al suo capo sul terreno di gioco l’azione ritenuta irregolare o comunque da verificare: la scelta di assecondare il tutto è sempre in mano al secondo.

E vai a capire se nei sottofondi possibili di questo nuovo schema si possano nascondere altre falle, o aspetti magari poco considerati, come gelosie e rivalità tra gli arbitri impegnati in campo o in tribuna che portano a glissare o no su alcune situazioni “calde”: qualcosa di questo genere si è già intravisto con gli arbitri di porta, a volte stranamente distratti per cose che capitano a pochi metri dai loro occhi. Staremo a vedere.

Per ora basti questo tiro dagli 11 metri, che rimarrà evidenziato come quello che consentì a Pelé di realizzare il suo millesimo gol, o quello che Baggio spedì tre metri sopra la traversa mondiale di Pasadena. Il calcio, ufficialmente, ha lasciato la sua unicità tra gli sport nel rifiuto dell’aiuto, o forse è meglio dire della sentenza venuta dall’apparentemente infallibile occhio tecnologico. E a proposito di dietrologie, c’è qualcuno che arriva a pensare che il primo “autogol” della Var sia stato inscenato per dimostrare che l’elemento umano rimane quello più affidabile.Ora la palla, per una volta, passa da delle bocche, quelle degli arbitri, e dai fischietti in esse contenute: se supereranno la comprensibile crisi di identità e le insidie del futuro, per il pallone sarà una grande, bella, rivoluzionaria notizia.

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