venerdì 27 maggio 2022
All'Ara Pacis di Roma, fino al 4 settembre, retrospettiva del grande fotografo francese. Oltre 130 immagini per raccontare l'artista che della vita amava fermare istanti di ironia, poesia, leggerezza
L’Information scolaire, Paris 1956

L’Information scolaire, Paris 1956 - © Robert Doisneau

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«Quello che cercavo di mostrare era un mondo in cui mi sentivo a mio agio, in cui le persone erano gentili e dove potevo trovare la tenerezza che desideravo ricevere. Le mie foto erano come una prova del fatto che quel mondo può esistere». Un mondo fatto di gentilezza e ironia, di umorismo e allegria, di poesia e di quella leggerezza che non è mai sinonimo di superficialità. Un mondo che scorre nei 130 scatti in bianco e nero di Robert Doisneau, in mostra all'Ara Pacis di Roma fino al 4 settembre 2022. Il grande fotografo parigino è uno dei fondatori della fotografia umanista, tra i capostipiti del fotogiornalismo e della street photography, filone ancora oggi vivo che mette al centro quello che Henri Cartier-Bresson teorizzava come «il momento decisivo». È lo stile che Doisneau ha raccontato parlando della «scuola della strada» e della sua tecnica di appostamento: «Si arriva in un bel posto - spiegava - dove le cose formano una composizione armoniosa nello spazio. Si stabilisce un'inquadratura... E poi si aspetta, con una specie di speranza completamente folle, irrazionale, che le persone entrino nel riquadro».

Gabriel Bauret, curatore della mostra, spiega che Robert Doisneau «ha cercato di ritrovare nelle foto che scattava le cose che forse gli sono mancate nella vita. In particolare una certa forma di tenerezza, una certa forma di umanità». Forse un modo per recuperare l'affetto che gli era mancato per la perdita a sette anni della madre, morta di tubercolosi. «Per questo Doisneau - aggiunge il curatore - appartiene pienamente a quella scuola fotografica francese che chiamiamo umanista. Nel suo percorso ha fatto fotografie alla gente, che hanno dato origine a immagini diventate iconiche, ma è anche e soprattutto qualcuno che ricercava il proprio piacere personale nell'atto di fotografare, che cercava di trovarsi a proprio agio in questo universo. Del resto, diceva spesso di amare e cercare quelle situazioni nelle quali si sentiva bene. In queste situazioni ci sono sentimenti, incontri tra personaggi, complicità, Tutto questo abbiamo cercato di mostrarlo nel periodo più fecondo all'interno della sua produzione, dall'inizio degli anni '30 alla fine degli anni '50».


Le baiser de l’Hôtel de Ville, Paris 1950

Le baiser de l’Hôtel de Ville, Paris 1950 - © Robert Doisneau

Robert Doisneau nasce a Gentilly, nei sobborghi di Parigi, nel 1912. Apprendista nel laboratorio di un fotografo pubblicitario, ama vagare per i quartieri popolari e della banlieu con la Rolleiflex sempre pronta. Grazie all'agenzia Rapho comincia a pubblicare le sue foto sulle riviste. La guerra blocca la sua carriera allo sbocciare: e allora fotografa la resistenza, poi la Parigi misera che cerca di risollevarsi. Lavorerà sodo come fotografo della Renault, dove dice di avere imparato a «conoscere la gente che si alza presto la mattina». La sua fama cresce e per un paio d'anni sarà fotografo di Vogue ma confesserà che della moda «non gli importava nulla». Henri Cartier-Bresson di lui diceva «Se c'è qualcuno che adoro, quello è Doisneau. L'intelligenza, la profondità di Doisneau, la sua umanità. Un uomo meraviglioso». In mostra l'unica foto che non è di Doisneau è un ritratto di Doisneau, scattato dall'amico Cartier-Bresson. Una squadra formidabile di fotografi, quella degli umanisti francesi di quegli anni, di cui facevano parte altri suoi amici come Willy Ronis a Sabine Weiss (fotografa di cui è in corso a Venezia una retrospettiva alla Casa dei Tre Oci fino al 23 ottobre). Un movimento che influenzerà anche al di fuori della Francia una generazione di grandi fotografi, come l'italiano Gianni Berengo Gardin (in mostra a Roma al MAXXI fino al 18 settembre). Doisneau muore nel 1994 lasciando un patrimonio di 450 mila scatti analogici gestito con amore dalle due figlie.

La mostra è organizzata in 11 sezioni: Concierge (1945-1953) dedicata ai portinai di Parigi; Enfances (1934-1956) con i bambini che giocano per strada, tra i soggetti preferiti della fotografia empatica di Doisneau; Occupation et Liberation (1940-1944) con gli anni duri dell'occupazione e della resistenza; L’Après-Guerre (1945-1953) racconta la rinascita del Dopoguerra nel passo incerto di un bambino o nelle ragazze vestite a festa; Le Monde du travail (1935-1950) che mostra il lavoro dei cinque anni nel reparto pubblicitario delle officine Renault; Le Théâtre de la rue, il palcoscenico della vita in cui Doisneau resta sedotto dalla bellezza, dal disordine e dallo splendore della quotidianeità; Mode et Mondanités (1950-1952) che è il periodo in cui incontra Vogue e diventa un cronista della vita parigina e della vita artistica tra grandi balli e sontuosi matrimoni.

Portraits (1942-1961) è una galleria di ritratti di pittori, scrittori, teatranti, cineasti, attori, scienziati come Picasso (con l'ironia degli sfilatini sul tavolo che sembrano le enormi dita del pittore), Dubuffet, Giacometti, Cocteau e altri; Une certaine idée du bonheur (1945-1961), il mondo forse più tipico dell'arte di Doisneau, tra una danza improvvisata in strada, i ritratti dei matrimoni o ancora l’iconico Baiser de l'Hotel de Ville, lo scatto più famoso e anche il più discusso, perché "posato" da modelli che anni dopo ne rivendicheranno i diritti. Ma è solo uno dei tanti baci teneri di innamorati parigini di ogni ceto che costellano il suo album; infine Bistrots (1948-1957) con le immagini particolarmente ispirate di un mondo scomparso, quello dei bar scuri e fumosi della banlieue di Parigi, tra fisarmonicisti, macellai, bevitori, operai e bellezze sciupate.

Mademoiselle Anita, cabaret « La Boule Rouge », rue de Lappe, Paris, 1950

Mademoiselle Anita, cabaret « La Boule Rouge », rue de Lappe, Paris, 1950 - © Robert Doisneau

L'allestimento della mostra ha dedicato particolare attenzione all'accessibilità: non solo per l'assenza di barriere architettoniche, ma anche per il percorso dedicato alle persone con disabilità visiva, per le quali in collaborazione col Museo tattile statale Omero sono stati realizzati disegni a rilievo di alcune foto con relative audiodescrizioni, e per il pubblico non udente, che potrà usufruire di visite guidate gratuite accompagnate da interpreti della lingua dei segni italiana.




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