venerdì 5 marzo 2010
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Anticipiamo un passo del volume "In cerca dell’anima. Dialogo su un’Italia che ha smarrito se stessa" (Piemme, pagine 290, euro 19,00, da oggi in libreria), scritto a quattro mani dal vescovo di Terni, Vincenzo Paglia, e dallo scrittore Franco Scaglia.FRANCO SCAGLIA: «Purtroppo il dialogo fra cattolici e laici nel nostro Paese si è incagliato nelle maglie della politica, che peraltro vive un momento di debolezza estrema. E se prima il dialogo amava librarsi sugli orizzonti prospettici, oggi ha come messo la marcia indietro e giunge a discutere, ad esempio, se i credenti possano essere democratici. Ovviamente dando per scontato che i laici lo sono. A mio avviso dobbiamo andare oltre tale prospettiva. E mi è parso illuminante un pensiero di Benedetto XVI nel suo discorso alla Curia romana del dicembre scorso; Ratzinger parla dell’"atrio dei gentili" del tempio di Gerusalemme e lo immagina come il luogo dell’incontro tra la Chiesa e le altre culture. Forse è indispensabile che la Chiesa e i non credenti facciano ambedue un passo in avanti per individuare luoghi di incontro».VINCENZO PAGLIA: «Hai ragione, purtroppo siamo come tornati indietro. Il tempo in cui tali polemiche potevano avere un senso non c’è più, e ci sono invece cambiamenti planetari di fronte ai quali è ridicolo continuare a contrapporre fede e ragione, società civile e comunità religiosa. Non è più possibile, almeno nel nostro Paese, annullare la distinzione tra le due sfere; e dovremmo anche evitare la semplificazione pericolosissima di contrapporle. C’è bisogno di ritrovare un’alleanza virtuosa tra fede ragione, tra umanesimo occidentale e cristianesimo, per poter far fronte in maniera efficace alle grandi sfide che premono a livello planetario. Per di più sono ormai sempre meno le voci che sostengono ancora l’esistenza di una "ragione pura", assoluta, neutra, impassibile, sciolta da ogni opzione valoriale e che possa quindi rivendicare sulla vita pubblica un giudizio neutro e quindi valido per tutti. Anche la ragione "pura" gronda di opzioni valoriali non diversamente da qualsiasi altra religione e cultura. E ha colpito anche me la proposta – chiamiamola così – di istituire un "atrio dei gentili" ove la Chiesa possa incontrare e dialogare con chi cerca la verità, con coloro che sentono estranea per loro la religione. Benedetto XVI è convinto che al dialogo con le religioni deve "oggi aggiungersi soprattutto il dialogo con coloro per i quali la religione è una cosa estranea". Alcune iniziative in tal senso sono state significative; penso alla Cattedra dei non credenti a Milano, o ai Dialoghi in cattedrale a Roma e ai ripetuti confronti promossi dalla Comunità di Sant’Egidio negli incontri internazionali di Preghiera per la pace. È in ogni caso indispensabile intraprendere questo cammino in maniera più ampia e coraggiosa».SCAGLIA: «Del resto ci troviamo nella condizione che Habermas chiama post-secolare, quella appunto che vede le religioni presenti nello spazio pubblico. Nel libro Il fallimento dei laici furiosi, Giancarlo Bosetti, da laico, si scaglia contro quei laici che non riescono ad aprire gli occhi sullo straordinario contributo che le religioni possono offrire per edificare l’indispensabile società pluralista contemporanea. Non solo non sono nemiche di questo obiettivo, sono invece straordinarie alleate. E giunge a chiedere alle religioni: "Venite avanti". Spiegando: "Lo Stato liberale non può vivere della sola, indispensabile, però vuota, equidistanza... ha bisogno di essere alimentato da una società civile ricca di risorse culturali, ideali e politiche, di competenze e di convinzioni, forte di un pluralismo sia spontaneo sia ben organizzato"».PAGLIA: «Insomma, credenti e non credenti, così come siamo oggi nel mondo, abbiamo bisogno gli uni degli altri. Siamo chiamati a incontrarci in una sana dialettica, come Benedetto XVI continua a ripetere parlando dei rapporti tra fede e ragione. Va superata la pretesa di chi vuole che la fede prevalga sulla ragione e viceversa, pensando che la prima sia poco razionale perché soggetta all’assolutezza del dogma, mentre la seconda sia pura perché priva di previe opzioni valoriali e quindi l’unica abilitata a giudicare lo spazio pubblico. C’è bisogno di un incontro tra le due dimensioni per riuscire a individuare una piattaforma comune di convivenza. Da questa alleanza nacquero le tesi sui diritti fondamentali dell’uomo nel contesto internazionale, come pure la stessa Costituzione italiana nel dopoguerra. Credenti e non credenti o, se si vuole, tradizione cristiana e pensiero illuminista-laico sono chiamati, nella fatica dell’incontro e del dialogo, a individuare ancora una volta il terreno comune sul quale fondare oggi la convivenza nel nostro Paese. Continuare a spingerci l’un l’altro, in maniera manichea, ai bordi del campo non fa bene a nessuno».SCAGLIA:«Questo mi porta a dire che la laicità sia un metodo più che un contenuto. Il laico non è colui che rifiuta, o peggio che deride il sacro, semmai è colui che discute, che lo interroga, che si mette di fronte al senso del mistero che il sacro porta con sé. Ed è laico anche ogni credente che non è superstizioso, che non è fanatico, che non è arrogante, che è alla ricerca di una verità sempre più chiara e piena».PAGLIA: «È laico altresì ogni non credente che non assolutizzi e non idolatri il proprio relativo punto di vista e la propria ricerca. Il laico non credente sa riconoscere la profonda analogia che lo lega alla domanda del credente e alla sua continua ricerca del vero e del bene. La laicità, più che un’ideologia, è una sensibilità, un modo di porsi e di pensare. Non si identifica a priori con nessun credo preciso, con nessuna filosofia, ma è attitudine critica ad articolare il proprio credo filosofico o religioso secondo regole e princìpi logici che non possono essere condizionati da alcuna fede, perché in tal caso si cadrebbe in un torbido pasticcio, sempre oscurantista. Laicità perciò significa tolleranza e demistificazione di tutti gli idoli, anche dei propri; è capacità di credere fortemente in alcuni valori, sapendo che ne esistono altri, pure essi rispettabili. In questo senso la laicità è utile sia ai credenti che ai laici, perché spinge ambedue alla ricerca del vero bene mettendoli in guardia da una pericolosa idolatria di se stessi».
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