giovedì 26 febbraio 2009
CHELSEA 1 JUVENTUS 0 - A Stamford Bridge decide il gol del bomber ivoriano Prima sconfitta per i bianconeri in questa edizione della Champions che però possono sperare
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Certi debiti, certe scadenze, non pos­sono essere ignorate. O non pagate. A Londra contro il Chelsea, al primo grande esame della categoria “dentro o fuo­ri”, la nuova Juventus perde 1-0 e l’imbatti­bilità stagionale in Champions, in una par­tita che, già un attimo dopo il fischio finale, si può mettere nel cassetto delle occasioni perdute. Il risultato positivo era possibile, concretizzabile: e ora la Signora capisce sul­la sua pelle quanto conti la disabitudine ai grandi scontri diretti europei. E che il residuo patri­monio di esperienza in possesso della pattu­glia dei reduci della Ju­ve che fu conta assai poco se i suddetti, purtroppo, non sono più in grado di fare correre gambe stanche. Le scorie dell’esilio vengono pagate care nei primi 15 minuti. Il Chelsea gioca a calcio, la Juventus guarda e fa passare chiunque bus­si alla sua porta. È un tipo di invito che Di­dier Drogba, voglioso e affamato dopo il digiu­no impostogli dalla ge­stione di Felipe Scola­ri, non può certo rifiu­tare. L’ivoriano spa­venta Buffon di testa, subisce un probabile rigore dallo scriteriato Molinaro e infine buca Buffon su un’imbecca­ta di Kalou sulla quale la linea juventina, per l’ennesima volta della stagione, sballa sulla tattica del fuorigioco (11’, il reprobo è Chiel­lini). Sembra l’antipasto di una grande ab­buffata Blues, perché Madama, davvero, è incapace di intendere e di volere. Troppi gli handicap in casa Juventus: Nedved e Camo­ranesi sembrano icone dei giocatori che fu­rono e non sono nemmeno utili come balie di una retroguardia che sbanda parecchio a sinistra e non offre garanzie nemmeno ne­gli usuali capisaldi Legrottaglie e Chiellini. Gli unici bianconeri sintonizzati sulle onde della partita sono le due punte, Amauri e Del Piero: e non è un caso che sul primo pallo­ne decente avuto a disposizione (offre Tia­go), Pinturicchio costringe Cech alla parato­na (22’) e, soprattutto, prenda idealmente i suoi per il bavero, scuotendo forte la Juve. Che non mette alle corde la banda-Hiddink, ma almeno smette di essere il punching-ball di Stamford Bridge. Ranieri, nell’intervallo, ri­tiene di non dovere cambiare nulla e forse sbaglia, perché Madama, per restare in par­tita, ha bisogno di benzina a centrocampo. Marchionni e Marchisio possono fornirla, ma entrano a ripresa iniziata: il primo, tra l’altro, solo a causa dell’infortunio di Camoranesi, che finisce per pagare fisicamente le sue evi­denti difficoltà. Il giovane centrocampista, invece, viene in­serito al posto di Tiago, arresosi senza com­battere alla crescente temperatura agonisti­ca di un match dove la Juventus continua a essere un’anta sbattuta dalle folate di Drog­ba e Lampard, ma sa anche mettere lì buono il Chelsea, supportando con maggiore reat­tività la combattività di Amauri, leonino nel­la morsa dei giganti Alex e Terry. La sensa­zione è che basterebbe il servizio giusto a mandare in gol il brasiliano, ma la contro­prova non arriva. Nemmeno quando, nei 5 minuti finali, Ranieri spende il buon Treze­guet, autentica banca dati del gol pesante. Fi­nisce che neanche la Juventus, dopo Inter e Roma, riesce a ricordare agli inglesi che an­che nelle lande della Penisola si sa come se­gnare una rete. Un digiuno che se ripetuto ci butterà malamente fuori dall’Europa vera. Chiellini e Legrottaglie beffati dalla conclusione vincente di Drogba che supera Buffon (Foto Reuters)
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