mercoledì 9 dicembre 2009
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E pensare che per un attimo è stata tentata di mollare tutto. Ce lo aveva raccontato a maggio, quando il sovrintendente scaligero Stephane Lissner aveva annunciato che sarebbe stata lei la Carmen del 7 dicembre. «Il mio arrivo in Italia non fu dei più facili. I primi mesi all’Accademia della Scala durissimi. Non ero mai stata lontana dalla mia famiglia tanto che sono stata persino sul punto di tornare in Georgia. Poi mi proposero di cantare in un concerto: pensai che se c’era qualcuno che si fidava di me avrei potuto farcela». E Anita Rachvelishvili ce l’ha fatta davvero. L’altra sera il giovane mezzosoprano ha trionfato raccogliendo applausi e fiori, affascinando il pubblico del Teatro alla Scala con la sua Carmen. «Spero che il sogno continui» ha commentato appena calato il sipario, ma tornando poi immediatamente con i piedi per terra. «Ora, per un giorno, mi dedico ai miei genitori. Si fermano a Milano solo per poco perché poi devono tornare in Georgia». A Tblisi, dove Anita ha promesso che con i primi guadagni farà ristrutturare la casa e installare un nuovo impianto di riscaldamento.Fresca di diploma all’Accademia della Scala, scelta personalmente da Daniel Barenboim, è stata la trionfatrice di una delle serate più temute, Sant’Ambrogio. L’apertura di stagione del primo teatro lirico del mondo. E per di più con un’opera, quella di Bizet, tra le più popolari di tutti i tempi. Ma non si è fatta intimorire. Perché, come è andata ripetendo spesso, «la vita mi ha aiutato a dare il giusto peso alle cose. Avevo cinque anni quando il 9 aprile del 1989 115 persone vennero massacrate dalle truppe russe perché chiedevano l’indipendenza del paese. Pagammo duramente la scelta di staccarci dall’Unione sovietica: dovevamo fare i conti con la mancanza di luce, di gas, di cibo e facevamo chilometri a piedi per andare a prendere l’acqua con le taniche». Un’infanzia dura, confortata dalla musica. «Mio padre è chitarrista, mia madre ballerina classica. Anche se la vita li ha costretti a inventarsi un altro mestiere capo cantiere e parrucchiera. Ma la musica in casa nostra non è mai mancata. Mio padre mi mandò in Conservatorio. Ma non volevo saperne. Mi sentivo ingabbiata. Poi mi appassionai al canto e, una volta diplomata, tentai l’esame di ammissione all’Accademia della Scala».Superato. Anita dà l’addio a Tblisi. Prende un aereo e arriva a Milano. Studia. Qualche spettacolo con i colleghi dell’Accademia. Poi la svolta. Che dà alla sua storia il sapore di una favola. «Alla Scala cercavano i cantanti per Carmen. Feci un audizione per il ruolo di Frasquita. Un personaggio che, però, non ha arie. In sala c’era Barenboim. Attaccai la Seguidilla. Il maestro poi mi ha chiesto l’Habanera e la Scena delle carte. Mi ha convocata nel suo camerino e mi ha detto: Brava. Ma anche la solita frase: Le faremo sapere. Non ci pensai più. Continuai l’accademia. Poi ad aprile mi chiamò Lissner: Sarai tu la nostra Carmen». Il resto è cronaca delle ultime ore. Il trionfo di lunedì. E il sogno, realizzato all’Anteprima per i giovani del 4 dicembre, di cantare con il fidanzato, il tenore Riccardo Massi, anche lui diplomato all’Accademia della Scala e arrivato in corsa a sostituire nel ruolo di Don Josè l’indisposto Jonas Kaufmann. Il sovrintendente – soddisfatto dell’incasso record della Prima, 2 milioni e 322mila euro, 80 mila euro in più rispetto al record dello scorso anno con Don Carlo di Verdi – si dice sicuro che «Anita farà una grande carriera perché è una professionista e sa cosa vuol dire lavorare».Barenboim concorda. «Tutta la Georgia oggi dovrebbe scendere per le strade a far festa per Anita. Come se la Nazionale di calcio avesse vinto i Mondiali».
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