giovedì 24 marzo 2016
COMMENTA E CONDIVIDI
Un nuovo libro ricorda la giornalista e scrittrice fiorentina. Monsignor Fisichella: «L’ho assistita fino all’ultimo, era una donna sola Mantenni la promessa fatta: Oriana mi chiese di tenerle la mano prima di morire» Forse mai come in questi giorni, come in questi mesi, in cui abbiamo vissuto gli attentati di Parigi e poi quelli di Bruxelles, le crude parole di Oriana Fallaci sul fondamentalismo islamico tornano a essere citate. Così come le sue critiche a quest’Europa «dalla pancia piena» e a questa «sinistra da salotto» che hanno tradito i loro ideali e hanno fatto del multiculturalismo una sorta di laissezfaire. Anche ieri sera, al Centro studi americani di Roma, nel presentare il libro che Riccardo Nencini ha dedicato alla sua amica Fallaci a dieci anni dalla morte, Il fuoco dentro. Oriana e Firenze (Pagliai editore, pagine 169, euro 10), giocoforza si è cominciato da qui. Eppure questo libro narra di un’altra persona, di una guerriera indomabi- le e intransigente su ogni argomento che avesse a che fare con la civiltà e con la libertà; di una donna troppo complessa e capace perché il suo ricordo sia affidato alla semplice etichetta dell’anti islamismo. Lo ha ribadito con forza Nencini, ma soprattutto lo ha sottolineato in maniera particolarmente sentita monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio consiglio per la nuova evangelizzazione, legato alla Fallaci da profonda amicizia. «Di questo libro – ha detto Fisichella – mi piace l’insistere sul non ridurre il pensiero di Oriana alla problematica sull’islam, sarebbe come ridurre tutta la vita di una persona agli ultimi suoi cinque anni. Certo, con lei abbiamo discusso anche di questo e io mi sforzavo inutilmente di farle comprendere che l’islam è un fenomeno complesso... Ma con lei, soprattutto, abbiamo parlato di vita, di amore, di libertà, abbiamo parlato di fede». È su questo punto che il ricordo del prelato si fa commosso. «A Roma spesso era mia ospite. Con le sue fisime sulla sicurezza nessuno doveva sapere dove fosse e allora veniva a casa mia. Prendeva il mio appartamento e io andavo a dormire in una stanzetta alla Lateranense». Diceva di essersi «posta a 16 anni le domande metafisiche che poi non mi hanno più interessato. Ma quando si tocca l’ultima fase della vita le domande si fanno concrete, non è più metafisica». «L’ho assistita nell’ultima settimana della sua vita. Era una donna sola. L’unica a telefonarle fu la Loren... Non era né di destra né di sinistra. Era profondamente anarchica, critica su tutto e su tutti. Un giorno, quando si parlava di aldilà, mi puntò il dito: “Se è come dice lei allora quando muoio mi deve tenere la mano”. Fu una promessa che mantenni». «È vero – ha proseguito Fisichella – che non ha voluto il funerale religioso sebbene ne avessimo a lungo parlato. Era stata anche tentata. Ma scuoteva la testa dicendo che sarebbe stata un’incoerenza, 'sono sempre vissuta così». Eppure aveva una passione per il suono delle campane. Per questo un giorno le regalai un cd con concerti delle campane di San Pietro. Dopo averlo ascoltato mi chiamò entusiasta». A riguardo il vescovo cita il passaggio del libro (letto in sala da una Maria Rosaria Omaggio incredibilmente somigliante alla Fallaci) in cui si dice che al momento della morte in una clinica fiorentina, suonò la campana di Sant’Ilario, la sua parrocchia, ma non quella del Duomo. «Non è vero. Io stesso chiesi al rettore di far suonare le campane. Mi vene in mente quella battuta di Don Camillo monsignore ma non troppoquando sul campanile il prete suona la campana per il funerale laico del giovane comunista: “Ha domandato il suono di una campana. È come se avesse chiesto la voce di Dio”. Credo che lei volesse sentire la voce di Dio». © RIPRODUZIONE RISERVATA Oriana Fallaci
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: