martedì 5 aprile 2016
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È il 1968 quando Donatella Ziliotto, coraggiosa e vulcanica editor di casa Salani, fa conoscere ai bambini italiani un autore inglese di cui non si sa praticamente nulla. È Roald Dahl; due suoi libri straordinari, Il GGG e Le streghe, inaugurano 'Gl’Istrici', collana di narrativa nata con l’impegno di pungere la fantasia dei lettori. Si comincia bene perché essere pungente a Dahl riesce davvero bene e soprattutto spontaneo. È una scossa per la narrativa infantile: i bambini lo leggono, si divertono e se ne appassionano seduta stante. Un amore che alcuni genitori e insegnanti guardano con sospetto, mal sopportando il gusto dell’irriverenza, certa sua crudeltà nel racconto, ma soprattutto il giudizio implacabile sugli adulti che Dahl, salvo poche eccezioni, sottoscrive in ogni racconto. Ma si sa, non è mai facile essere anticipatori. Classe 1916, gallese per nascita di genitori norvegesi, Roald Dahl starebbe per compiere cent’anni, occasione che l’editore Salani festeggia con una collana ad honorem, 'Gl’Istrici Dahl', che ne raccoglie l’opera completa, con i primi sette titoli presentati alla Fiera di Bologna, gli altri in uscita nel corso dell’anno. Tutti con le immagini di Quentin Blake, suo storico illustratore. Era un omone, Roald Dahl, un gigante nel fisico e nell’immaginazione; provato da una serie di dolorose sciagure familiari, era approdato tardi alla scrittura per l’infanzia dopo una vita avventurosa in Africa a lavorare per una compagnia petrolifera, la parentesi della guerra come pilota della Raf, e dopo aver scritto per adulti. «Gli adulti sono troppo seri per me – aveva concluso – non sanno ridere. Meglio scrivere per i bambini, è l’unico modo per divertire anche me stesso». Per un certo periodo di lui si è parlato come l’autore che spaventa i bambini, in realtà come ha spiegato più volte Donatella Ziliotto, Dahl non solo non li spaventa «ma li vaccina contro la paura, col suo sarcasmo e la sua ironia, presentandoci una serie di piccoli protagonisti vittoriosi sull’ottusità e la crudeltà degli adulti». Non tutti: l’amorosa nonna di Le streghe, per esempio, la sensibile maestra Dolcemiele di Matilde che le fa da scudo rispetto agli inetti genitori e alla direttrice Spezzindue o il tenero gigante gentile e vegetariano dalle grandi orecchie che captano i sogni dei bambini di Il GGG, così diverso dai giganti crudeli mangia umani. O ancora il Willy Wonka di La fabbrica di cioccolato, cinico con i bambini viziati e insopportabili, ma generoso col piccolo e sfortunato Charlie che erediterà la fabbrica. In famiglia, Dahl aveva respirato dolcezza, ma fuori aveva incontrato tanti adulti crudeli: aveva patito e mai dimenticato la perversa brutalità delle «ottime scuole inglesi» dove, racconta in Boy, l’autobiografia della sua giovinezza, le sadiche punizioni corporali mozzavano il respiro a suon di sferzate sul sedere. Ai suoi bambini letterari, spesso orfani in gamba dai tratti dickensiani, altre volte geniali rampolli di genitori egoisti e insensibili, Dahl fornisce vie d’uscita inattese e strumenti magici di autodifesa, ironici, grotteschi e poetici. Perché il loro rispetto è il bene più grande che va difeso con tenacia e allegria. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCRITTORE. Roald Dahl
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