martedì 1 dicembre 2009
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Adesso sì che è crisi vera. Ciro Ferrara può anche non avere «nulla da rimproverarsi», ma la seconda sconfitta consecutiva della sua Juventus - mercoledì scorso contro il Bordeaux, domenica contro il Cagliari - suona come un preoccupante campanello d’allarme. Non per la classifica, per altro identica a quella del bistrattato Ranieri dell’anno scorso, né forse per gli otto punti - e sono tanti dopo 14 giornate - dall’Inter capolista che affronterà sabato sera. A preoccupare è soprattutto il gioco, o meglio il “non gioco” delle ultime gare, con Amauri scomparso, Diego inconsistente e Felipe Melo non pervenuto. Per non parlare di Del Piero, rientrato da poco e ancora lontano parente del campione che è stato, e di una difesa - ahinoi la stessa dell’Italia di Lippi - a dir poco imbarazzante.Per il momento sul banco degli imputati, come spesso accade nel calcio, c’è finito l’allenatore. Chiamato in extremis la stagione passata, per salvare la qualificazione in Champions, e confermato in estate come il “nuovo Lippi”, mister Ferrara è partito forte - 4 vittorie su quattro in avvio - ma poi si è perso in una gran confusione. In campo e in panchina, tra cambi di modulo e giocatori non sempre nel loro ruolo, in pochi mesi si è bruciato quasi tutto il credito con cui era arrivato, lui che da giocatore è stato una bandiera della Juventus e da vice allenatore della Nazionale ha vinto niente meno che un Mondiale. Ora rischia grosso, se lo scontro con l’Inter e quello con il Bayern dovessero dire male. Ma siamo sicuri che le colpe siano soltanto sue? Oppure ci sono anche altre responsabilità se la Juve post-Calciopoli non riesce a decollare? In Italia l’Inter continua ad essere squadra di un altro pianeta, ma è anche vero che in estate la Juve ha investito parecchio per portare a Torino Diego e Felipe Melo. Grandi campioni che avrebbero dovuto “vincere e divertire”, per dirle con le parole pronunciate a metà agosto da John Elkann. «Abbiamo preso grandi giocatori - diceva l’azionista di riferimento del club - e questa Juve brasiliana è piena di talenti. Dovranno mettersi a disposizione della squadra, così da dimostrare che siamo più forti dell’anno scorso». Un’illusione, fino al tracollo in terra sarda, dove la Juve è stata abbattuta dai semisconosciuti Nenè e Matri, versione sportiva del duello biblico tra Davide e Golia.E allora viene da pensare che le colpe non siano tutte dell’inesperienza di mister Ferrara, che ha un grande curriculum ma poca gavetta alle spalle. Qualche responsabilità deve averla - è inevitabile - anche chi lo ha scelto e, insieme a lui, ha disegnato un progetto, per ora invisibile che fatica a decollare. «Ferrara non è a rischio, ha tutta la nostra e la mia fiducia. L’esito delle due prossime partite non cambierà nulla, andiamo avanti con il nostro progetto», rassicura il presidente Jean Claude Blanc. Ma intanto sabato c’è subito il duello con l’Inter, l’occasione giusta per rilanciarsi. Non fosse altro perché, con 8 punti di differenza, la Juve ha davvero poco da perdere. Una sconfitta significherebbe che è tutto da rifare - come molti, del resto, pensano già. Una vittoria, invece, ricaccerebbe indietro le mille critiche degli ultimi giorni. «Dobbiamo reagire - è la ricetta di Diego. Domenica abbiamo giocato male - aggiunge - e perso tre punti che più avanti avrebbero potuto essere decisivi. Ma ora dobbiamo lavorare duro per correggere i nostri errori e, una volta scesi in campo, mostrare un gioco differente».Sembrerebbe un’impresa, vista la Juve delle ultime due partite, ma il brasiliano, acquistato in estate per puntare allo scudetto che ora appare come una chimera, ci crede. «Il risultato contro il Cagliari ha complicato i nostri piani per portarci in testa alla classifica, ma possiamo riprendere il cammino». Se lo augurano i giocatori e i tifosi, ma anche il tecnico e la società. Il primo rischia la panchina, la seconda una figuraccia che non aveva messo in conto. E a cui non è preparata: con Lippi, futuro direttore tecnico, ancora impegnato con la Nazionale, le alternative a Ferrara sono davvero poche.
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