mercoledì 7 dicembre 2016
La disciplina, che sarà olimpica da Tokyo 2020, contagia sempre più persone, anche tra donne e bambini. I praticanti oggi sono decine di migliaia
Climber in palestra a Milano (foto Paola Magni e Dario Ballabio)

Climber in palestra a Milano (foto Paola Magni e Dario Ballabio)

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Un vero e proprio sport senza limiti, che riserva grandi benefici al corpo e alla mente. È l’arrampicata sportiva, che negli ultimi anni sta riscuotendo un grande interesse e una sempre maggiore diffusione. Merito delle grandi strutture che permettono di scalare anche al chiuso e hanno una grande capacità ricettiva e che propongono corsi a ogni livello e per ogni età. Tra pareti in verticale, materassi e appigli di mille colori i bambini possono iniziare anche a 4 anni e ci sono molti “arrampicatori” che hanno superato gli ottanta. Sempre di più le donne. Lontani i tempi della pubblicità di una nota marca di orologi che mostrava le imprese del climber Manolo, distorcendo un po’ la vera natura dell’arrampicata sportiva. Perché si tratta di uno sport completo, che aiuta l’autostima e fa bene al fisico. Anche il Cio lo scorso agosto ha riconosciuto le competizioni di arrampicata sportiva come sport olimpico, che gareggerà alle prossime Olimpiadi di Tokyo nel 2020. Utilissima per combattere situazioni di disagio sociale, per aiutare persone disabili a trovare forza in se stesse, per aumentare il senso di responsabilità, l’arrampicata è passata dall’essere considerata uno sport estremo a essere accessibile a tutti. Per questo le palestre attrezzate con pareti e corde, o le strutture dedicate all’arrampicata indoor stanno vivendo un momento d’oro. Anche perché è poco costoso: con 80 euro si può arrampicare un anno intero. E arrivare in cima regala sempre grandi soddisfazioni. In migliaia lo praticano, per lo più la sera e nei fine settimana. Che sia Lead, cioè con la corda, Boulder, senza, o Speed, per misurare la velocità impiegata ad arrivare in cima a un tracciato, sono sempre di più quanti partecipano ai tanti eventi open dove si può provare a scalare una parete rocciosa.


Improvviso boom dell’arrampicata, quindi? Sì e no, e il perché ce lo spiega Mirko Masè, guida alpina e fondatore con Paco dell’Aquila delle due palestre Rockspot. Quella di Milano, in zona Mecenate e quella di Pero, che è una delle strutture indoor più grandi d’Europa. Un alto capannone riadattato a palestra alle porte di Milano. Fuori colorati murales che simulano le scalate e appena dentro un ambiente che offre ai suoi oltre 10mila tesserati 2.600 metri quadrati di superficie scalabile, con pareti da 17 metri e strapiombi di 16, oltre a 70 corsi all’anno per bambini, 200 corsi per adulti, happy hour tematici in cui si prova l’ebbrezza della scalata. «Sì, arrampicare va di moda. Ma dietro c’è un mondo sano, fatto di gente che ha veramente voglia di fare capire cos’è l’arrampicata. L’aumento di iscritti è stato costante ed è cominciato quando si è smesso di pensare all’arrampicata come a uno sport estremo». Gli fa eco Matteo Pastori, presidente del comitato lombardo della Fasi, la Federazione arrampicata sportiva italiana: «La gente che si avvicina a questa disciplina lo fa perché l’arrampicata è uno schema motorio di base dell’uomo, come rotolare o saltare, viene istintivo e naturale». Insomma, non si impara ad arrampicare perché noi tutti già siamo capaci, basta solo tirare fuori questa abilità. «E poi» continua Pastori «fa bene e migliora a livello motorio una serie di abilità che, per quanto riguarda i ragazzi, si ripetono anche nella vita quotidiana o scolastica».

Non a caso, se si passa dalle palestre simili, in una qualsiasi mattina della settimana si possono vedere molti gruppi di studenti con i loro insegnanti di educazione fisica. Uno sale e l’altro tiene la corda, poi si invertono i ruoli. E così si impara a prendersi cura dell’altro e a fidarsi. «Fortunatamente » continua Masè «l’arrampicata sta venendo a conoscenza di tanta gente, dai docenti alle istituzioni, alla gente comune, grazie alle sue caratteristiche. Scalare, soprattutto con la corda, ha un impatto emotivo importante. Perché se io ti alzo in aria tu hai paura, è normale. Ma nell’arrampicata diventa fondamentale il rapporto a due, uno che scala e l’altro tiene la corda. Quindi c’è dietro un lavoro vero e proprio e per questo viene utilizzata anche come strumento didattico ». Infatti l’arrampicata indoor è prevista come insegnamento del Ministero dell’Istruzione, come programma didattico e sono ormai alcuni anni che esiste un programma ministeriale per l’insegnamento dell’arrampicata durante le ore di educazione fisica.


Mirko Masè nella sua lunga esperienza di istruttore ha lavorato con ragazzi disagiati, con profughi, con ragazzi abbandonati dalle famiglie, «sono persone che non si fidano più di nessuno e grazie all’arrampicata si mettono nella condizione in cui si devono fidare del compagno che tiene la corda». Ci mette passione Mirko, in quello che fa, e sebbene oggi l’arrampicata indoor sia diventata quasi una disciplina a se stante, come se fosse fitness, lui vuole che chi arrampica sia consapevole di quello che sta facendo. «C’è chi che scala solo in palestra e non esce mai in falesia. Per questo ci tengo molto a portare gli allievi su roccia alla fine del corso, perché è giusto che conoscano le origini di questo sport. Chi inizia adesso parte dall’indoor, non dalla roccia come è stato per me, e quindi bisogna far capire da dove arriva questo sport».

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