venerdì 24 marzo 2017
Il film "Il viaggio" in sala dal 30 marzo, narra l'accordo di pace per l'Ulster tra il leader protestante Paisley e il cattolico McGuiness
Timothy Spall e Colm Meaney nei panni di Paisley e McGuiness in "Il viaggio"

Timothy Spall e Colm Meaney nei panni di Paisley e McGuiness in "Il viaggio"

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Hanno passato la loro vita a odiarsi, protagonisti del lungo conflitto che ha insanguinato l’Irlanda del Nord. Ma furono anche gli artefici di uno storico accordo di pace firmato a St. Andrews, in Scozia, nell’ottobre del 2006. I due rivali in questione sono il predicatore protestante Ian Paisley, fondatore del Democratic Union Party, e il cattolico Martin McGuinness, uno dei leader più rappresentativi dell’Ira (Esercito repubblicano irlandese). Il primo era così avverso ai cattolici da rifiutare qualunque trattativa e contestare nel 1988, la visita al Parlamento Europeo di papa Giovanni Paolo II, che definì «Anticristo ». Il secondo, scomparso tre giorni fa all’età di 66 anni (ieri i funerali), si dichiarava orgoglioso di combattere contro il massacro della sua gente. I due si incontrarono in occasione di negoziati organizzati dal primo ministro inglese Tony Blai e dal leader irlandese Bertie Ahern, ma non si decidevano a rivolgersi la parola. Per giunta un contrattempo costrinse Paisley a partire con grande anticipo. McGuinness decise di seguirlo, perché in Irlanda gli avversari politici viaggiavano insieme per evitare attentati dalle parti avversarie, e in quelle pochissime ore che trascorsero insieme i due a sorpresa raggiunsero l’accordo che riportò un po’ di pace in Irlanda. Paisley e McGuinness divennero rispettivamente primo ministro e vice primo ministro, e alla strana coppia fu affibbiato il soprannome di “Chuckle Brothers”, che erano due comici britannici. Questo storico episodio è diventato una commedia drammatica, Il viaggio, diretta dall’inglese Nick Hamm, interpretato da Timothy Spall e Colm Meaney e in arrivo nelle nostre sale il 30 marzo. Il film immagina il difficile, ma proficuo dialogo tra i due nemici, costretti a viaggiare insieme in automobile (nella realtà era un aereo). Abbiamo intervistato il regista che ci ha raccontato perché ha deciso di raccontare questa storia proprio oggi.

Non si sa molto di quell’incontro. Perché ora?
«In un momento storico delicatissimo per tutto il mondo in preda a nazionalismi, razzismo, nuove forme di fascismo, volevo celebrare l’incontro, la comunicazione, il confronto sulle rispettive convinzioni, il compromesso. Se due persone che si sono odiate così tanto hanno raggiunto la pace, allora tutti possono farlo. Oggi un veleno sta infettando le vite di tutti noi con conseguenze inimmaginabili. Mano a mano che lavoravamo al film, quello che accadeva nel mondo lo ha reso sempre più attuale e rilevante».


Quanto importante è per gli irlandesi un film come questo?
«Vorrei che ricordasse loro quanto è stata dura. Anche l’Europa dimentica che questa pace, preziosa e fragile, che dura dalla fine della seconda guerra mondiale è il frutto di grandi sforzi. C’è chi ha lavorato molto per mantenerla e in Irlanda i più giovani hanno dimenticato quanto è stato difficile raggiungere anche solo un semplice livello di umanità».

Una delle sfide era mantenere l’equidistanza tra le posizioni dei due leader.

«Era fondamentale. Ci sono due uomini ormai anziani seduti sul sedile posteriore di una macchina. C’è chi ha odiato Paisley e chi ha detestato McGuinness, due individui asserragliati su posizioni opposte, che hanno usato la politica in maniera così diversa. Io volevo osservarli da una posizione centrale, dimostrare che una volta fuori dal contesto, da soli in macchina, in mezzo alla natura, costantemente sotto la pioggia, scoprono di avere gli stessi bisogni, desideri, sogni, speranze, paure, problemi. Quando non permettiamo ai conflitti di ingoiarci, scopriamo che i nostri nemici sono come noi».

L’equidistanza riguarda anche il tono del film, tra dramma e commedia.
«Gli europei e gli americani hanno un atteggiamento più distaccato, vedono un film divertente su due politici, ma inglesi e irlandesi, che hanno vissuto sulla propria pelle questo dramma, sono particolarmente coinvolti. Potrebbero diventare pazzi all’idea che si facciano commedie su questo tema».

Ha parlato con i protagonisti di questa vicenda?
«Avevo parlato con McGuinnes prima di iniziare le riprese del film, gli ho spiegato cosa stavo facendo, ma non gli ho mai fatto leggere la sceneggiatura e lui non ha mai cercato di interferire. E ho incontrato i familiari di Paisley. Spero che entrambe le parti saranno soddisfatte del film».

Il cinema aiuta la gente a riflettere su certi problemi?
«Arte e cultura è tutto quello che abbiamo per essere d’aiuto. Raccontare storie ha sempre aiutare a leggere certi accadimenti, a comprendere le contraddizioni del mondo. Chissà quali film racconteranno i rapporti tra Trump e Putin, sulla guerra in Siria».

Quali nemici le piacerebbe vedere chiusi in una macchina?
«Gorbacëv e Regan che decidono di fermare la corsa agli armamenti nucleari. Anche una conversazione tra Rabin e Arafat sarebbe molto interessante».


La Brexit oggi rischia di alimentare nuovi conflitti.
«I conflitti sono sempre li, pronti a riesplodere. Potrebbe accadere che l’Irlanda del Nord voglia separarsi dal Regno Unito, così come la Scozia. E secondo me dovrebbero farlo, e anche Londra dovrebbe diventare una sorta di città-Stato e restare in Europa».


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