martedì 16 dicembre 2014
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Il tradimento di un ideale e di un’intera comunità può essere una delle conseguenze più tragiche e disumanizzanti di una guerra logorante, combattuta sempre faccia a faccia col nemico. A partire dagli anni Otanta il conflitto anglo-irlandese cominciò gradualmente a cambiare la propria natura, e da scontro urbano a bassa intensità iniziò ad assumere anche i contorni di una guerra di intelligence, nella quale Londra provò a sconfiggere l’Ira cercando di minare il morale dei suoi uomini, facendo venir meno le loro convinzioni, seminando il dubbio e il sospetto. E convincendo alcuni di loro a tradire la causa. È in questo scenario che Sorj Chalandon, reporter francese diventato ormai scrittore di successo, ha ambientato il suo romanzo Chiederò perdono ai sogni (Keller, traduzione di Silvia Turato, pagine 288, euro 16,50), già finalista al Goncourt e premiato nel 2011 come miglior romanzo dall’Académie Francaise.Come nel suo precedente lavoro Il mio traditore(Mondadori, 2009), Chalandon torna in forma romanzata agli anni che trascorse in Irlanda durante il conflitto come inviato del quotidiano “Libération”, e alla sua profonda amicizia con Denis Donaldson, un leader dell’Ira rivelatosi poi un agente dei servizi segreti britannici. Ma mentre il precedente romanzo descriveva in modo assai efficace il suo dolore per un’amicizia che era stata tradita insieme a quell’ideale, in questo sceglie di calarsi direttamente nei panni del traditore e con una scrittura catartica, introspettiva, al tempo stesso semplice e potente, ci chiede di condividere la sua solitudine, i suoi sensi di colpa, i suoi rimorsi e le sue angosce.«Volevo spingere il lettore a domandarsi cosa avrebbe fatto al suo posto – ci ha detto Chalandon a Roma, dove l’abbiamo incontrato in occasione della fiera "Più Libri Più Liberi" –. Dentro ciascuno di noi può nascondersi un eroe, ma anche un traditore. Nessuno sa cos’ha dentro di sé e cosa farebbe davvero se si trovasse in tali circostanze. Volevo far capire che talvolta anche un uomo e un amico formidabile può perdere il controllo e diventare un altro».Tyrone Meehan, voce narrante del libro e protagonista ispirato alla figura di Donaldson, è un ex combattente che è stato in carcere con Bobby Sands e ha vissuto in prima persona tutte le fasi più cruente di quella guerra. In un momento di vulnerabilità della sua vita viene reclutato dagli inglesi che lo costringono a collaborare con loro e a tradire i suoi compagni. Inizia così, quasi senza accorgersene, una doppia vita che durerà per ben venticinque anni. «Tutta la vita ero andato a caccia di traditori, ed ecco che il peggiore di tutti era nascosto dentro di me. Quello lì non l’avevo visto arrivare. Non l’avevo mai notato», dice Meehan, che proprio come il personaggio reale appare un uomo smarrito, lacerato dalla disperazione e dalla vergogna. Un anziano combattente che a lungo lotta con sé stesso per cercare di respingere l’etichetta infamante di traditore, ma alla fine è costretto ad ammettere che il suo operato ha danneggiato il movimento, ha causato la morte di alcuni compagni, ha fatto il gioco del nemico. Il suo nome è diventato sinonimo della peggior abiezione: quella di aver tradito la propria gente aiutando l’invasore inglese, per trarne un beneficio personale. E allora capisce che l’unico modo per chiedere perdono a tutti quello che l’hanno rispettato e amato, è lasciarsi uccidere.Quando il suo tradimento viene scoperto, in Irlanda è già in corso da tempo il processo di pace. Gli omicidi e i regolamenti di conti sono finiti, l’Ira ha deposto le armi e ha consegnato il proprio arsenale. Se avesse lasciato il Paese, il traditore avrebbe potuto salvarsi e ricostruirsi una nuova vita altrove, ma sarebbe stato costretto a convivere per sempre con i suoi sensi di colpa. Allora si ritira nel paesino di Killybegs dov’è nato, in un cottage isolato, privo di elettricità e senza alcuna difesa, e attende, ineluttabile, l’arrivo degli ex compagni venuti a vendicarsi di lui. Proprio come accadde a Denis Donaldson, che fu ucciso in un casolare della campagna irlandese il 4 aprile 2006.«Penso che restare nella sua terra e aspettare di essere ucciso sia stato un modo per cercare il perdono da parte della sua gente – sostiene Chalandon –. Personalmente non posso dimenticare, ma non provo neanche rancore nei suoi confronti e non intendo quindi giudicarlo».Il tema del tradimento pervade tutta la storia dell’Irlanda, dal re Dermot McMurrough che alla fine del XII secolo si alleò col sovrano normanno Enrico II favorendo la prima invasione dell’isola fino alle moderne rivolte irlandesi, tutte caratterizzate (tranne quella del 1916) dalla presenza di spie e informatori. Un tema che è stato raccontato a lungo anche dalla letteratura, basti ricordare al famoso romanzo di Liam O’Flaherty The Informer (dal quale John Ford trasse il suo film premio Oscar nel 1936, Il traditore) e a grandi scrittori come Jorge Luis Borges, autore del racconto “Tema del traditore e dell’eroe” (contenuto nella raccolta Finzioni), che descrive la storia del tradimento di un patriota irlandese e la sua catarsi attraverso la morte. Ma nessuno prima di Sorj Chalandon con Chiederò perdono ai sogni era riuscito a costruire un affresco così dettagliato e verosimile del dramma irlandese, a descrivere le complesse sfumature di quel conflitto, e al tempo stesso a raccontare con grande lirismo e sensibilità la psiche del “suo” traditore, solcando i temi della debolezza umana, del perdono e della pietà. La scrittura di questo libro è stato un processo catartico anche per lui. «Un romanzo – ci ha spiegato – può servire anche a interrogare un amico morto, a porgli una domanda, l’unica che purtroppo non ho avuto il tempo di fargli prima che venisse ucciso: la nostra amicizia, almeno quella, era vera?»
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