domenica 17 giugno 2018
Il confine che divide il Nord dal Sud, cancellato dal processo di pace, tornerà a separare due Stati. Molti, come il geografo Carr, autore di un interessante reportage, temono per i delicati equilibri
Irlanda. C'è richio Brexit sull'ex frontiera del terrorismo
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Fino a pochi anni fa era ancora una delle frontiere più sensibili e militarizzate d’Europa, un luogo che faceva parlare di sé soltanto a causa del crimine e della violenza, luogo del contrabbando e del terrorismo. L’'Irish Border', il confine che da quasi un secolo divide in due l’Irlanda, è svanito gradualmente, prima con l’abolizione dei controlli doganali europei, poi con il processo di pace angloirlandese, che ha cancellato i blocchi stradali, i checkpoint armati e la sorveglianza elettronica. Oggi è quasi impercettibile. Solo il colore della segnaletica e le bandiere britanniche nelle aree di confine possono farci capire che dalla Repubblica si è approdati nelle sei contee dell’Irlanda del Nord. L’ultima frontiera dormiente dell’Europa occidentale è stata risvegliata all’improvviso dalla Brexit. Quando nel marzo 2019 la Gran Bretagna abbandonerà definitivamente l’Ue, incurante della maggioranza degli elettori nordirlandesi, che si erano espressi per il 'Remain', quello tra le due Irlande diventerà l’unico confine terrestre tra la Gran Bretagna e l’Unione.

Il futuro di quel confine è diventato un rebus di difficile soluzione che sta bloccando l’accordo tra Bruxelles e Londra e potrebbe creare nuove tensioni nell’isola, col rischio di vanificare uno dei principali successi del processo di pace. Ma sarà impossibile anche mantenere la situazione attuale, del tutto priva di controlli per le merci e per i passaporti dei 30 mila pendolari che ogni giorno varcano quel confine per motivi di lavoro. Il rompicapo geopolitico è reso ancora più intricato dalla fisionomia di quel confine, che corre per cinquecento chilometri tra la vegetazione e i corsi d’acqua, le strade di campagna e i muri di pietra. 'L’Irish Border è ormai talmente confuso che mi sono perso anch’io più volte', confessa il cartografo Garrett Carr, che negli ultimi due anni ha percorso tutto il confine a piedi, con l’aiuto di una piccola canoa. Il suo viaggio, durato poco meno di due mesi, è diventato un libro che racconta il confine irlandese tra storia, memoria e leggende popolari ( The rule of the land. Walking Ireland’s border). Carr ha seguito le orme di un suo illustre connazionale, lo scrittore Colm Tóibín, che trent’anni fa trascorse un’e- state lungo quel confine - all’epoca militarizzato - raccontandolo in Bad Blood, uno splendido libro mai tradotto in italiano. All’epoca c’era ancora il conflitto; oggi quei luoghi appaiono profondamente diversi.

Durante il suo cammino Carr ha individuato le tracce di un lontano passato, incrociando le fosse comuni dei giacobiti massacrati alla fine del XVII secolo, nell’epocale battaglia tra Guglielmo d’Orange e Giacomo Stuart. Si è poi spinto a sud fino alle pendici dello Slieve Gullion, una cima vulcanica risalente a 60 milioni di anni fa, riscoprendo una storia antica e affascinante, nascosta dietro a straordinari scorci naturalistici ancora inesplorati dal turismo di massa. Col trascorrere del tempo, la divisione imposta dagli inglesi nel 1922 dopo sanguinose guerre coloniali, è stata trasfigurata in quello che Carr definisce «un luogo vivente, un paesaggio emotivo».

A lungo le persone hanno dovuto fare i conti con le conseguenze di quella separazione. Cosa l’ha colpita di più, dell’atteggiamento della gente, durante il suo viaggio?

«Nel corso del cammino mi sono imbattuto spesso nei collegamenti che sono stati creati dall’uomo per unire le due parti dell’isola. Si tratta soprattutto di piccoli ponti che attraversano ruscelli e torrenti, ma anche di aperture e cancelli nelle siepi, indispensabili per fare incontrare le persone o far transitare il bestiame. Ne ho individuati e fotografati più di duecento. Alcuni ponti sono stati eretti per favorire le attività di contrabbando che un tempo fiorivano da quelle parti. Una giovane coppia di sposi ne stava realizzando uno per collegare la propria casa a quella dei suoceri, a pochi metri di distanza».

Quali differenze ha notato tra le due parti dell’isola e tra le rispettive popolazioni?

«In realtà penso che il confine abbia diviso l’Irlanda non in due ma in tre parti: il nord, il sud e le terre di confine. Ci sono persone che fanno riferimento a una cultura specifica, a una specie di identità locale. Ormai è diventato una 'frontiera mentale', che esiste soltanto per chi la vuole vedere».

Ovvero?

«Per gli unionisti protestanti quel confine rappresenta quasi una dichiarazione d’indipendenza dal resto dell’isola, per i cattolici nazionalisti è invece sempre stato un muro da abbattere. Di fatto ormai il 'border' esiste soltanto se la tua identità ritiene che ci sia, e in un certo senso dipende da esso.Viceversa si preferisce credere che sia svanito. Col tempo siamo riusciti a raggiungere questo equilibrio delicato ma invidiabile, che nessuna legislazione o accordo di pace avrebbe mai potuto costruire. Resta il fatto che dalla sua creazione, nel 1922, gli ultimi vent’anni sono stati i più pacifici. Ma se fosse ripristinata qualsiasi forma di controllo o di confine fisico questo equilibrio rischierebbe di venir meno».

Quindi crede davvero che la Brexit possa rappresentare un ostacolo per la pace in Irlanda?

«Certo. L’accordo di pace è intrinsecamente legato al confine. Lo status quo che si è creato col tempo ed è ormai accettato da entrambe le parti è molto fragile e non va modificato. Con l’attuazione della Brexit la gente non potrà più negare l’esistenza del confine. Anche se i controlli doganali saranno davvero minimi, anche se dovessero fermare una macchina su venti, basterà per rendere il confine una presenza tangibile, un ostacolo per il libero transito delle merci e delle persone, e avrà notevoli conseguenze di natura psicologica».

Cosa pensa che accadrà nell’immediato futuro?

«C’è chi ipotizza un’accelerazione in senso inverso, ovvero un referendum per riunificare l’Irlanda e scavalcare quindi la Brexit. Lo ritengo improbabile, nel prossimo futuro, perché la maggior parte della gente è ancora contraria. Premesso che trasformare l’'Irish Border' in una frontiera internazionale mi sembra davvero ridicolo, penso che gli abitanti del confine vorrebbero perlomeno uno statuto speciale che consenta loro di restare contemporaneamente nell’Ue e nel Regno Unito».

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