mercoledì 26 marzo 2014
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La gaffe politico-istituzionale risale ormai a diversi anni fa, ma il professor Nuccio Ordine ancora non l’ha digerita. E la metafora non è scelta a caso. «Con la cultura non si mangia: ma come si fa a sostenere un’opinione del genere?», sbotta. Ordinario di Letteratura italiana all’Università di Calabria, affermato studioso della figura e dell’opera di Giordano Bruno, attualmente Ordine è visiting scholar al Max-Planck-Institut di Berlino, oltre che autore di un best seller abbastanza inatteso, L’utilità dell’inutile(in Italia è edito da Bompiani) che, dopo aver conquistato le classifiche francesi, sta ora scalando quelle spagnole. La tesi, come si sarà capito, è esattamente il contrario di quella contestata in precedenza: altro che pance vuote, senza cultura la testa non si riempie.“Di bocca buona: gustare cibi e parole in alcuni banchetti rinascimentali” è il titolo della conferenza che il professore terrà domani alle 18 a Milano, presso la Sala Maria Teresa della Biblioteca Braidense (via Brera 28) nell’ambito del Laboratorio Expo realizzato dalla Fondazione Feltrinelli con Expo Milano 2015. «Le cene alle quali mi riferisco sono tutte decisamente laiche – ci tiene a precisare Ordine – ma non per questo il significato è meno chiaro: a tavola si nutre lo spirito, non solo il corpo. La bocca, infatti, è il luogo dal quale passano sia gli alimenti sia le parole. Pensi a quante espressioni vanno in questa direzione, a quanti verbi originariamente legati all’ambito del cibo hanno un traslato spirituale: assimilare, divorare, ruminare, saziare, sfamarsi, appetire... Il banchetto è l’occasione in cui questa distanza si riduce ulteriormente, fino a scomparire. Come insegnava già Montaigne, non è un’anima che si educa, né solamente un corpo, ma un’unità che non può in alcun modo essere divisa».Anche nel Rinascimento, età prediletta da Ordine, le tavolate non sono però tutte uguali. «Il punto di partenza rimane il modello fissato da Platone nel Simposio – spiega – ma poi ciascun autore lo rielabora in forma autonoma, rivelandoci qualcosa della comunità alla quale appartiene e, più che altro, mostrando qual è la sua visione del sapere. Molti dialoghi letterari si svolgono durante un banchetto, o ai margini di un festino, eppure gli ideali in gioco sono assai differenti». Qualche esempio? «Negli Asolani Pietro Bembo si attiene ai precetti del classicismo, per cui la verità è una realtà immutabile, data in partenza e valida per sempre. È la reazione tipica dell’intellettuale che teme l’instabilità del presente e cerca di contrastare questo timore con la rigidità della norma. Siamo agli antipodi di quanto avviene nella Cena de le Ceneri di Giordano Bruno, dove è convocata la vasta varietà degli opposti, con un atteggiamento che celebra la rivoluzione copernicana e, nel contempo, esalta la nuova concezione dell’infinito, per cui ogni essere vivente può essere considerato il centro dell’universo».Capolavori del passato, che secondo Ordine sono più che mai attuali in vista di un evento come Expo 2015, colpito in questi giorni da forti turbolenze. «Sarebbe un guaio – dice il professore – se si cadesse nella logica angusta per cui l’unico valore riconosciuto è quello derivante dal profitto. Dobbiamo avere il coraggio di ricordare che esistono ambiti, e la cultura è uno di questi, nei quali non si può applicare il meccanismo della partita doppia. I tagli lineari sull’istruzione, la contabilizzazione dei risultati accademici, ogni altra prassi di questo genere dà l’illusione di un utile immediato, ma produce perdite incalcolabili sulla lunga durata. Se proprio vogliamo recuperare risorse, interveniamo sulla corruzione e adottiamo politiche severe sull’evasione fiscale. In una parola, affrontiamo la vera crisi. Che è morale, non economica». In questo, perfino un bruniano impenitente come Ordine non esita a dichiarare la sua simpatia per papa Francesco: «Il suo pontificato mira ad abolire ogni separazione fra ciò che si proclama e ciò che si vive. Il cristianesimo diventa così un pane spezzato per credenti e non credenti che, almeno fino a un certo punto, possono compiere un cammino comune, specie per quanto riguarda la solidarietà, la tolleranza, la coerenza».
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