mercoledì 4 agosto 2010
Alla vigilia del grande concerto di Torino parlano Bono e soci. «Stiamo lavorando a quattro nuovi cd. Non è vero che i giovani non credono a niente».
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Città di grandi industrie chiuse per ferie, Torino reagisce con lentezza al richiamo degli U2, allo show delle meraviglie in scena venerdì prossimo tra le gradinate di uno Stadio Olimpico non ancora strapieno come forse ci si sarebbe aspettati. Trentanovemila i biglietti venduti su quarantunomila disponibili dicono però che il sold-out è in vista, ma la band è già in gran forma e l’intervento alla colonna vertebrale che ha tenuto Bono sul filo per un paio di mesi solo un ricordo. Ora l’attendono due mesi di concerti, con epilogo l’8 ottobre allo Stadio Olimpico di Roma.Come si fa a restare insieme dopo tutto questo tempo?Adam Clayton: «Litigando sempre con la coscienza che fra persone intelligenti i malumori non possono durare più di tanto».The Edge: «Stiamo assieme perché tengo molto a loro tre e mi fa soffrire pensare a quanto misera diventerebbe la loro vita se me ne andassi” (ride).Bono: «Il gruppo è un gran equilibratore dell’ego. Fra noi tutti sullo stesso piano, poi fuori ciascuno fa quel che crede. E poi il lavoro all’interno di un band consente di esprimerti ad un livello superiore di quanto non possa riuscirti da solista. Prendi Sting, pure ora scrive delle cose straordinarie ma è indubbio che il meglio l’ha dato ai tempi dei Police».Quando uscirà il nuovo album degli U2?Bono: «In realtà stiamo lavorando non ad uno ma a quattro album: uno di musica ispirata, meditativa, dal titolo Songs of ascent, uno d’impronta marcatamente rock, uno di remix pensato per la pista da ballo, più la colonna sonora del musical Spider-Man. Chris Martin dei Coldplay ci ha addirittura suggerito di riunire tutto in un solo progetto.Perché avete scelto la figura di «Spider-Man»?The Edge: «Perché oltre oceano, soprattutto dopo l’11 settembre, quel personaggio della Marvel è diventato un pezzo di cultura americana, un mito come per noi Giove».La discografia è in crisi. Come se ne esce?Bono: «Il music business è collassato, ma non la musica. Fra un album o forse due le nostre canzoni  non staranno più nei cd, ma in applicazioni scaricabili nel computer, nell’i-pod, nell’i-pad, nella tv al plasma o sul telefonino. Fin dai tempi di Elvis o dei Beatles la musica non è mai stata solo audio, ma pure visuale. E poi per quelli come noi, cresciuti nell’era degli album a 33 giri dalle grandi copertine, è quasi una riconquista».Fra i film in uscita nei prossimi mesi c’è n’è pure uno intitolato «Killing Bono», ammazzando Bono. Come l’avete presa?Bono:«Sono stato io a suggerire quel titolo. La pellicola si basa infatti sull’ottimo libro di Nell McCormik, un ex compagno di scuola di The Edge che ha fatto pure parte degli U2 quando ancora si chiamavano Feedback. Racconta la storia di un rocker amico della band che si ritrova a suonare in un club di Wembley e vede fiumi di persone in marcia assistere ad un nostro concerto. Da qui il titolo».Bono, lei da anni è impegnato in battagli umanitarie. Con la sua associazione One.org ha chiesto addirittura l’espulsione di Berlusconi dal G8 per non aver tenuto fede alle promesse per l’Africa.Bono: «L’Italia è un paese complesso, con una storia complessa non sempre facilissima da capire. Certo è che sul versante umanitario non mi faccio prendere ostaggio né a destra né a sinistra. Quando ho fatto la foto con Bush mi sono piovute sulle spalle critiche di tutti i tipi, ma pochi hanno dato atto all’ex Presidente americano di aver triplicato il suo impegno per l’Africa. Pure con Prodi ci sono stati dei problemi, ma poi col Professore le cose si sono risolte in maniera più che soddisfacente, anzi brillante. Con Berlusconi le cose sono andate in maniera diversa. Lui aveva messo l’aiuto all’Africa addirittura nel suo programma di Governo, ma poi s’è tirato indietro rifiutandosi di pagare in questi ultimi due anni quei 130 milioni di euro che sostengono un programma capace di strappare alla morte da aids, tbc o malaria 4 mila bambini al giorno. Un fallimento non tanto della politica quanto di noi artisti, incapaci su questo punto di spingere la gente a pretendere che le promesse dei suoi governanti fossero mantenute. David Cameron ha imposto tagli devastanti al bilancio inglese ma non ha tolto un pound agli stanziamenti per l’Africa perché sapeva che l’opinione pubblica e i suoi elettori non glielo avrebbero mai permesso».In questa emorragia di valori forse la sensibilità verso questi problemi sta un po’ scemando.Bono: «Non sono assolutamente d’accordo. Guardo mia figlia e mi accorgo che destra o sinistra la lasciano sempre più indifferente ma nella solidarietà no, in quella ci crede ancora. Eccome. Siamo noi adulti che siamo spesso troppo sfiduciati. Invece dovremmo dare tutti più fiducia ai nostri ragazzi».
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