giovedì 9 aprile 2015
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L’Inter non va. Lo sanno bene i tifosi nerazzurri, che sabato al termine della partita con il Parma, hanno riservato ai giocatori di Roberto Mancini una quantità industriale di fischi. Lo sa bene anche il direttore dell’area tecnica del club, Piero Ausilio. A lui, che in società approdò nel 1998 e dunque di Inter ne ha viste molte, il compito di rivedere e correggere i difetti di una squadra che potrebbe e dovrebbe fare decisamente meglio. Il suo motto? «Credi in te stesso, non potrà che andare bene». In 29 giornate solo 38 punti: è la peggiore Inter degli ultimi 21 anni. Ausilio, lei è più deluso, amareggiato o sorpreso?«Direi deluso e sorpreso. Deluso perché i risultati e soprattutto le prestazione non sono all’altezza. Sorpreso perché penso che questa squadra abbia dei valori che vanno ben al di sopra di quello che dice la classifica». Parole sue: «Questa rosa, a parte la Juve, non ha nulla da invidiare a chi le è davanti in classifica». Conferma? «Sì, confermo. Questa squadra ha valori individuali che non sono inferiori alle formazioni che la precedono in classifica. Tranne la Juve, che ha dimostrato anche quest’anno di essere superiore a tutte per ragioni di progettualità e di mentalità. Ma l’Inter non può accettare di arrivare dietro a tutte le squadre che ora le sono davanti in classifica. È inammissibile». Mancini peggio di Mazzarri, anche se ha ammesso le sue responsabilità...«Mancini è umile, allena con grande intensità, e prepara le partite con grande attenzione. È il primo a mettersi in discussione, il primo a interrogarsi sulle scelte che ha fatto e sulle decisioni da prendere per fare meglio. Sono convinto che abbia fatto quella dichiarazione per stimolare ancora di più la squadra. Ma non penso che lui sia più responsabile di altri». Cosa pensa di fischi di San Siro?«Sabato i tifosi, anche quelli in curva, hanno sostenuto la squadra fino alla fine. Se poi pareggi con il Parma e devi fare i conti con una classifica certo non positiva, non ti puoi aspettare di uscire dal campo tra gli applausi. Ma la contestazione, se civile, va rispettata. In fondo, oggi ci meritiamo questo». Lei ha parlato di partita «indegna». Quale messaggio avete voluto dare alla squadra obbligandola ad allenarsi anche a Pasqua?«È una questione di responsabilità. Per un giocatore, l’allenamento è lavoro, non una punizione. Anche se in un giorno di festa. Avevamo bisogno di guardarci in faccia per riflettere e reagire. La seduta atletica si è svolta in silenzio, perché più delle parole ora contano i fatti». Per lottare con le prime nella prossima stagione, l’allenatore ha chiesto una "rivoluzione". È una linea di pensiero condivisa con la società?«Tutto ciò che facciamo è condiviso con Mancini. Considerando però che dovremo necessariamente tenere conto dei paletti imposti dall’Uefa, nessuno si aspetti un mercato nel quale l’Inter possa spendere e spandere. Sarà invece un mercato all’insegna dell’autofinanziamento: si compra soltanto se si vende. Da qui alla fine del campionato ci sono ancora 9 partite. Valuteremo bene i giocatori che abbiamo oggi a disposizione, anche e soprattutto sotto il profilo caratteriale, per testare il loro effettivo attaccamento alla maglia, e poi sceglieremo come muoverci. In ogni caso, quella della prossima stagione sarà una rosa di 22-23 giocatori, più qualche giovane».  Esclude che Mancini decida di fare un passo indietro al termine del campionato?«Lo escludo perché con il mister parlo tutti i giorni dell’Inter che vogliamo costruire per la prossima stagione».Santon, Shaqiri, Brozovic e Podolski: ecco i giocatori che hanno indossato la maglia dell’Inter a gennaio. Come giudica il loro inserimento?«Parliamo di giocatori che hanno ricevuto importanti gratificazioni e riconoscimenti anche nelle rispettive nazionali. E questo significa che possono giocare nell’Inter. La scorsa settimana, Brozovic è stato il migliore in campo della Croazia nella gara con la Norvegia. Così come Shaqiri, che ha fatto benissimo con la Svizzera. Santon era reduce da diversi infortuni, ma ha subito trovato il modo di inserirsi negli schemi di Mancini. Podolski? All’Inter ha incontrato qualche difficoltà in più di quanto si potesse immaginare, ma è un campione del mondo e fa parte ancora oggi del gruppo forte della nazionale tedesca. Sono tutti buoni calciatori che a mio parere hanno migliorato l’Inter. Sarà il tempo a dire se abbiamo avuto ragione a investire su di loro, oppure no». Ha parlato con il presidente Thohir dopo la gara con il Parma? Pensa che se fosse stato più vicino alla squadra sarebbe cambiata l’inerzia del campionato?«Parlo con Thohir dopo tutte le partite. La distanza? È un alibi che viene spesso usato per trovare giustificazione a prestazioni negative. Se hai un’organizzazione societaria come la nostra, con manager competenti, il presidente deve avere il diritto di scegliere quando venire in Italia, e quali partite vedere. Con tutte le persone che ha messo a disposizione della squadra, la sua presenza quotidiana non è necessaria». Sesto posto nel 2011-2012, nono nel 2012-13, quinto l’anno scorso. Lo dicono in tanti: dopo il Triplete, l’Inter si è sgonfiata. Come lo spiega?«Questo è il calcio, è finito un ciclo. E abbiamo avuto la necessità di fare un ricambio generazionale dei giocatori. Nel frattempo, è iniziato il ciclo di altre squadre e c’è stato l’avvicendamento tra Moratti e Thohir. Tuttavia, sono convinto che torneremo a fare bene al più presto. Perché la voglia, la determinazione e tutto quello che stiamo facendo vanno in quella direzione. Anche la Juventus ora vince e raccoglie risultati importanti dopo qualche anno di difficoltà». La rincorsa per un posto nell’Europa League è sempre più complicata. Ma senza Europa, l’Uefa non potrà pretendere il pagamento delle sanzioni previste per le violazioni del fairplay finanziario. Per una squadra da ricostruire, rimanere fermi un giro è quasi una benedizione?«Una squadra che vuole ricostruire e ricreare da subito una mentalità vincente, in Europa ci deve stare. Il brand e il prestigio del club crescono se vinci in Europa e l’Inter non può fare a meno di lavorare al meglio delle sue possibilità per tornare prestissimo in Champions League». Mario Balotelli è una sua scoperta. Fu lei a portarlo alla Pinetina quando ancora era una giovanissima promessa del Lumezzane. Qualche rimpianto per non essere riuscito a trattenerlo? Potrebbe tornare?«Il rimpianto è non aver avuto la soddisfazione di vedere Mario con la maglia dell’Inter per tanti anni. È stato venduto perché in quel momento era la decisione migliore da prendere: impossibilire rifiutare la proposta economica del Manchester City. Per ragioni diverse, difficilmente potrà tornare in neroazzurro. Gli auguro ogni bene». Icardi e il rinnovo: se ne parla ormai da mesi, ci sarà? E quando?«Ho letto di contratti rifiutati, di trattative arenate. Non è successo nulla di tutto questo. Prima o poi la firma arriverà. E non dimentichiamo che ha ancora tre anni di contratto». È lui il giocatore su cui costruire l’Inter del futuro o potrebbe essere ceduto se arrivasse un’offerta importante?«Icardi è uno di quei giocatori sui quali io e Mancini pensiamo di costruire l’Inter della prossima stagione. E di offerte per lui non ne sono comunque arrivate». E Kovacic? Continuerete a investire su di lui anche se finora non ha dato le risposte che ci si attendeva?«Come tutti i giovani, Mateo ha avuto alti e bassi. Ma è un ragazzo al quale abbiamo rinnovato fiducia e contratto soltanto pochi mesi fa, perché è una grandissimo talento».Mancini vorrebbe Yaya Touré...«È un’operazione al limite dell’impossibile. Costa molto e non penso che il City lo voglia vendere. Se ci sarà la possibilità di portarlo all’Inter, lo verificheremo più avanti».
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