mercoledì 17 marzo 2010
CHELSEA 0 - INTER 1 Gara perfetta dei nerazzurri a Stamford Bridge che sfatano il tabù di Coppa. Decide il gol di Eto’oMourinho riesce a bissare il successo dell’andata contro la squadra di Ancelotti.
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È un’impresa per l’Inter, ai quarti di finale di Champions asfaltando la squadra che doveva contendere il titolo ai mostri del Barcellona. È l’impresa anche (e soprattutto) di José Mourinho, l’uomo che a costo di scelte impopolari e francamente doverose (Balotelli) ha cambiato la carta d’identità ad un gruppo che non riesce a parlare europeo da una vita. I nerazzurri passano il turno con una gara perfetta, incontenibile, senza svarioni, culminata con un successo costruito dai due uomini che negli ultimi tempi rappresentavano l’incompiutezza di questa squadra. Lancio di Sneijder, stupenda bordata in porta di Samuel Eto’o: a pochi minuti dal termine si è consumata la loro favola, la favola più bella di questa Inter camaleontica che da ieri sera ha cominciato a pensare in grande e buonanotte ai detrattori. I nerazzurri hanno sviluppato una gara preparata nel migliore dei modi: una match che valeva qualche sacrificio nel nostro campionato. Padrona dei 90’, anche nel gioco delle parti ha fatto meglio l’Inter: meno istintiva ma più strategica degli inglesi. Che non hanno mai abbozzato uno schema per almeno un tempo, e quando si sono trovati davanti a Julio Cesar (miracoloso recupero di Samuel su Drogba) è più per la forza dei singoli che al termine di un’azione corale. Non si è visto il Chelsea che dovrebbe contendere la leadership continentale al Barcellona. Ma nemmeno la squadra che Carletto nostra ha nella testa: possesso palla, geometrie, calcio ficcante. Non è cosa. Del resto i nerazzurri sono parsi subito concentrati, hanno prodotto un calcio cerebrale, di sostanza e, novella continentale, di grande personalità. I campioni d’Italia, impegnati ad addomesticare gli avversari, non hanno sbagliato l’approccio, non hanno ripetuto l’andazzo "gambe molli" che negli anni l’aveva caratterizzata a casa dell’Europa che conta. La sindrome della paura era lo spartiacque del mondo interista, il nemico più ostico da abbattere. José Mourinho, che non sarà Herrera, ma nemmeno Orrico, la miglioria l’ha portata. E quando al 60’ Pandev ha la palla buona e Zhirkov mette la pezza di un soffio, seguita dalla ciccata di Milito davanti al portiere e l’incessante pressing nel quarto d’ora successivo, si intuisce che l’ago della bilancia nerazzurra, ieri come oggi, sia nell’animo e non nelle gambe. Quelle funzionano bene, non hanno mai dato segni di cedimento. Il Chelsea patisce le incursioni di Maicon, le accelerazioni di Pandev, il raddoppio dei trequartisti. Sembra un sogno, è lo spartito che si augurava Moratti, ma l’Inter sbaglia troppo. È questa la nota anomala di un ensemble che non ha steccato mai o quasi, nonostante gli stimoli dei Blues e la spregiudicatezza della formazione Mourinhana, concepita per fare male e nata per stupire. L’Inter ha incalzato con una formazione ultra-offensiva modello 4-2-3-1. Sneijder a supporto di Pandev, Milito ed Eto’o, Thiago Motta e Cambiasso a centrocampo, la difesa a quattro composta da Maicon, Samuel, Lucio e Zanetti, stoicamente alla 163esima gara consecutiva. Il modulo degli inglesi è un simil 4-3-3 senza Cech e Hilario, la riserva Turnbull in porta e il recuperato Zhirkov terzino sinistro. Malouda ha completato il tridente con Anelka e Drogba: molto dinamico il primo, estremamente nervoso il secondo, tanto da beccarsi il rosso all’85’. A furia di spingere, di provare il colpaccio e non accontentarsi nonostante bastasse lo 0-0, a dieci dal termine è arrivato il capolavoro di Eto’o che produce una vittoria straordinaria, cercata con tutta la forza che l’Inter aveva in corpo. Tra le italiane solo la Lazio aveva vinto in casa del Chelsea (1-2, 22 marzo 2000). A Londra non si vince mai per caso.
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