domenica 31 gennaio 2010
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Sbaglia chi pensa si tratti solo di muscoli e tacchetti, perché il calcio può evocare poesia, sa diventare musica. Non erano forse opere d’arte pop le invenzioni di Maradona? E cos’ha da invidiare al tango un dribbling di Cristiano Ronaldo? Sarà un caso ma i «maestri» brasiliani per definire il loro rapporto con il pallone, vera filosofia di vita, parlano di futebol bailado. Intendono un samba apparentemente lento che antepone l’estro alle rigide geometrie, l’agilità e la tecnica alla potenza fisica. Ma si suona bene, pardòn si gioca, anche da questa parte dell’Oceano. Il 2009 è stato l’anno d’oro del Barcellona, del suo ritmo avvolgente come un reggae impreziosito dalle perle di Leo Messi, un Bob Marley argentino senza treccine rasta. In Inghilterra il Chelsea propone calcio rock di buon livello mentre il Manchester United è più adatto alle atmosfere jazz di un Blue Note, con Wayne Rooney splendido solista. Più distanti il City di Mancini pur capace di belle accelerazioni dance e l’Arsenal, boy band guidata dal francese Wenger. Qui da noi il calcio migliore è probabilmente quello, rapsodico alla Gershwin, della Fiorentina ma piacciono molto anche la freschezza del Bari, l’easy listening del Genoa e il Cagliari con il suo gioco suadente come un bolero. Il Milan si fa apprezzare, e molto, quando punta sull’andante con brio mentre l’Inter è una straordinaria band di maestri dell’hip pop diretta da Mourinho, adrenalico rapper di talento e personalità. Passa da una stecca all’altra invece la Juventus, il cui tanto reclamizzato funky sambato si è risolto già in autunno nell’insipido slow di oggi. Né sembra capace di modificare lo spartito il grintoso inno firmato da Paolo Belli. Viene suonato all’Olimpico di Torino prima delle partite, con il testo sul maxischermo per il karaoke e la musica che si ferma quando arriva il refrain per far gridare «Juve» al pubblico. L’ex leader dei Ladri di biciclette, oggi stella televisiva, è uno dei tanti habitué delle hit parade che hanno dato voce e musica alla loro passione calcistica. Gli atalantini tifano con Dea di Roby Facchinetti mentre l’altro Pooh Red Canzian ha firmato l’inno del Treviso. I napoletani sognano assieme al ragazzo della curva B memoria di un Nino D’Angelo con il caschetto biondo, Andrea Mingardi ha prestato la sua voce blues al Bologna e il Chievo si è affidato all’interista Ivana Spagna in un inedito salotto rosa calcistico. Persino la seriosa ironia di Pierangelo Bertoli, recentemente scomparso, si è inchinata al fascino pallonaro, cantando per il Sassuolo. E se i New Trolls spasimano per la Sampdoria, al Parma piace accompagnare il manifesto «ufficiale» del tifo con la ben più nobile Marcia trionfale dell’Aida mentre il Milan – e chi se no? – ha inventato la canzone-slogan con il ritornello che ti entra in testa e non ti molla più.Discorso a parte merita la Milano nerazzurra che non lascia ma raddoppia. Oltre all’elettropop di Pazza Inter infatti, ecco la ballata rock C’è solo l’Inter scritta da Elio, quello delle Storie Tese, per la voce ruvida e intensa di Graziano Romani. Senza dimenticare Ligabue, che in Una vita da mediano celebra il grande Lele Oriali e in Hai un momento Dio?chiede notizie sulla campagna acquisti della sua squadra. Su tutti però spicca Antonello Venditti che di inni per la sua «Magica» ne ha composti addirittura due, anzi tre se si considera Che c’è scritta per lo scudetto del 2001. Così per non scontentare nessuno, prima delle partite dei giallorossi, l’Olimpico canta Roma (non si discute si ama) e alla fine della gara Grazie Roma. L’inno – ha scritto Venditti nel recente volume autobiografico L’importante è che tu sia infelice edito da Mondadori – «non si può sottoporre a un giudizio estetico perché non si deve condividere musicalmente ma interiormente. Non si canta e non si suona. Canta e suona dentro di te». Più della qualità conta il sentimento insomma e sarà per questo che sul vecchio giradischi dei tifosi del Cagliari, i più nostalgici almeno, risuona ancora Lo scudetto in Sardegna del 1970 o l’ode quasi messianica di Piero Marras: Quando Gigi Riva tornerà. E non si tratta di un fenomeno solo italiano, se è vero che Rod Steward ha dedicato alla nazionale scozzese You’re in my heart e I’m still standing di Elton John è un omaggio al romeno Georghe Hagi, soprannominato il «Maradona dei Carpazi». Successi internazionali, come la top ten del tifo curvaiolo di casa nostra dove risuona spesso La marsigliese, tradotta e adattata a tutte le latitudini. In classifica anche i cori mutuati da Go West dei Pet Shop Boys e We will rock you dei Queen mentre, da Maradona in giù, Ho visto una muchacha sembra fatta apposta per celebrare i grandi campioni o presunti tali. Certo le voci non sono sempre intonate e La Scala è un’altra cosa ma non mancano perle di qualità e partecipazione. Il meglio comunque si trova altrove, oltre Manica. Perché chi dice che il suono della stadio è soltanto rumore, probabilmente non ha mai sentito i tifosi del Liverpool intonare You’ll never walk alone. Un inno che fa venire i brividi, davvero.
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