sabato 20 luglio 2013
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Quali libri conviene portarsi in vacanza? A sbirciare i banchi di librerie, supermercati e autogrill, le indicazioni sono sempre le stesse, con pile consistenti dei vari best-seller del momento: Camilleri, Dan Brown eccetera. Ma perché mai dovremmo farci dettare la nostra “reading-list” estiva dalle classifiche di vendita? Vogliamo provare a ragionare un po’ contro corrente? Ci aiutano a farlo due saggi che insistono sullo stesso tema, la necessità, o meglio la grande opportunità che abbiamo di riscoprire alcuni autori oggi dimenticati: Filippo Maria Battaglia, «I sommersi e i dannati. La scrittura dispersa e dimenticata del Novecento italiano» (Edizioni Otto/Novecento) e Piero Nicola, «Verità per la vita. Autori dimenticati del Novecento» (Mauro Pagliai Editore). Ma chi sono questi scrittori dimenticati? Sono narratori eterodossi, irregolari, relegati al dimenticatoio da un critica accademica e da una storiografia letteraria incapaci di comprendere quei fenomeni che esulino dalle loro categorie di riferimento. Sono scrittori – come denunciava anni fa Giuseppe Bonura – che una certa memoria corta che caratterizza il mondo dell’editoria dimentica di valorizzare, magari a tutto vantaggio dell’operina dell’ultim’ora, del’“instant-book” che vende bene ma che dura poco, del romanzo dello scrittore giovane che racconta cose attuali ma che non sa scrivere. A volte la ragione di un certo pregiudizio è l’identità cattolica. Proviamo a fare alcuni nomi, che possono valere come suggerimenti per una riscoperta. Giuseppe Papini, con il romanzo di formazione «Un uomo finito» e con la sua ancora bellissima «Storia di Cristo». Cesare Zavattini, grande sceneggiatore del nostro miglior cinema neorealista (dal suo sodalizio con De Sica usciranno capolavori quali «I bambini ci guardano», «Ladri di biciclette», «Miracolo a Milano»), ma prima ancora narratore: ricordiamo il suo romanzo d’esordio, apprezzato persino da Croce, «Parliamo tanto di me». Carlo Cassola, un tempo scrittore molto fortunato, prima che la Neoavanguardia lo accussasse di essere una “Liala”, cioè un narratore corrivo e banale. Non lo è affatto: basterebbe rileggersi il romanzo post-resistenziale «La ragazza di Bube». Nel caso di Cassola il pregiudizio è stato determinato dalla sua tendenza alla linearità comunicativa rispetto alla trasgressione verbale e alla frantumazione della struttura narrativa: che però, oggi si spera sia chiaro per tutti, è una scelta precisa, e dunque rispettabilissima. E, ancora, tra i grandi scrittori cattolici dimenticati, oltre al già citato Papini, andranno fatti i nomi almeno di Nicola Lisi, Bonaventura Tecchi e Luigi Santucci. Il problema è che se andate in libreria a chiedere di qualcuno di questi autori, rischiate di sentirvi rispondere che i loro libri sono da tempo fuori catalogo (ma, in attesa che le case editrici se ne accorgano, ricordiamo che esistono le biblioteche). Allora, per concludere, vogliamo indicare un paio di opere ripubblicate di recente: uno dei romanzi più belli del Novecento, «Cronaca familiare» di Vasco Pratolini (Rizzoli-Bur), e l’opera prima di Eugenio Corti, «I più non ritornano», intenso diario della Campagna di Russia (Ares). Buona estate e buone letture!<+copyright>

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