martedì 13 maggio 2014
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Almeno nel calcio, il piccolo è sempre bello. Ed è ancora più bello quando Sassuolo (comune di 40mila abitanti) alla sua prima volta in Serie A in novant’anni di storia calcistica, riesce a salvarsi e lo fa addirittura con 90 minuti d’anticipo condannando alla B oltre al Livorno, due grandi piazze come Bologna e Catania. «Un’impresa», si diceva in estate quando andammo a trovare Eusebio Di Francesco nel ritiro di Carpineti (Appennino reggiano) dove preparava il suo Sassuolo champagne, fedele al 4-3-3 d’impronta zemaniana. «Ci vorrebbe un miracolo», pensammo a gennaio, quando patron Giorgio Squinzi si fece prendere la mano, emulando metodi cellino-zampariniani.Al mercato di riparazione il presidente dei neroverdi acquistò una dozzina di giocatori da mettere a disposizione di Alberto Malesani, subentrato nel frattempo a Di Francesco, dopo che questi aveva umiliato il Milan - prima squadra del cuore di Squinzi - con uno storico 4-3 che costò a sua volta la panchina a Max Allegri. Ma quell’ennesima impresa non era bastata. Così come non è servito a niente l’arrivo di Albertone zazzerone. Con Malesani il Sassuolo frizzante di Di Francesco si è sgasato, rimediando 5 sconfitte in altrettante gare prima della “richiamata” dell’Eusebio.Con lui al timone, ogni cosa è tornata ad essere illuminata (13 punti nelle ultime sei partite), a cominciare dalla regia dell’imprescindibile capitan Francesco Magnanelli, l’unico calciatore in attività che può vantare una scalata dalla C2 alla Serie A, con tanto di salvezza, indossando sempre la stessa maglia. Magnanelli compie 30 anni a novembre e sul pianeta A per meriti tecnici e tattici poteva esserci atterrato molto prima, ma per coerenza e umiltà francescana (è umbro di Umbertide), ed essendo uno convinto che si può essere delle “belle bandiere” anche nel calciobusiness del terzo millennio, a chiunque l’abbia cercato ha sempre ribadito: «No grazie, io resto qui». Solo per questo Magnanelli meriterebbe almeno una chiamata in Nazionale. Un futuro azzurro ce l’avrà sicuramente Domenico Berardi, 20 anni da compiere il 1° agosto, che dopo l’esplosione in B con 11 gol segnati al primo campionato da titolare, si è addirittura migliorato: 16 reti in Serie A, con tanto di triplette rifilate a Milan e Fiorentina.Partite queste in cui il popolo civilissimo del Mapei Stadium (qui entrano ancora intere famiglie sassuolesi in “trasferta” fino a Reggio Emilia) ha visto la mano e lo spirito temerario di Di Francesco («il nostro 4-3-3 funziona anche in A») al quale quel qualcuno che gli aveva spedito crisantemi prima dell’esonero, oggi deve spargere petali di rose dove passa, ed essere felice se rinnoverà con il Sassuolo. La clausola del suo contratto parla di rinnovo automatico in caso di salvezza. Missione compiuta. Quel cavillo, dovrebbe averlo inserito da qualche parte anche Eugenio Corini che al Chievo Verona ha compiuto il secondo salvataggio in corso d’opera. Il club del presidente Luca Campedelli, dalla stagione 2000-2001 - quella della leggendaria promozione nella massima serie - , ad oggi, ha trascorso un solo anno (2007-2008) nel purgatorio della B risalendo immediatamente in A. Una risalita che un’altra piazza della fascia protetta “piccolo è bello”, l’Empoli (comune sotto i 50mila abitanti) sta tentando dal 2007. A due passi da Firenze, da trent’anni opera la “cantera” degli azzurri toscani che ha lanciato astri in campo del calibro di Vincenzo Montella (ora tecnico della Fiorentina tiki-taka all’italiana) e Totò Di Natale e sulla panchina Luciano Spalletti. Nel miglior Empoli di sempre, quello della stagione 2005-2006 guidato da Gigi Cagni che centrò il 7° posto, c’era già il bomber Ciccio Tavano che chiuse con 19 gol (poi passò al Valencia), uno in meno di quelli segnati finora nella cavalcata verso la A della società del presidente Fabrizio Corsi. Sassuolo, Chievo e Empoli, rappresentano tre comunità che messe assieme non arrivano a centomila abitanti, eppure se la giocano, spesso alla pari, con le grandi del pallone nazionale.Il loro segreto? Organizzazione, programmazione, bilanci sani e trasparenti. Tre elementi rari, quanto basilari, che vengono molto prima dei patrimoni personali dei rispettivi patron. Segni distintivi da “piccolo è bello” che appena un metro sotto il cielo della Serie A, si ritrovano nel Cittadella: nomen omen (cittadina di 20mila abitanti in provincia di Padova) quello del club della famiglia Gabrielli, dal 2007 presenza fissa tra i cadetti e con in panca lo stesso allenatore, Claudio Foscarini. Una realtà rara, ma non più unica quella del Cittadella: dall’anno prossimo sbarca per la prima volta in B la Virtus Entella di Chiavari (27mila abitanti). Una società quella ligure che il presidente Antonio Gozzi ha costruito a immagine e somiglianza della sua azienda: produce acciaio.
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