lunedì 3 febbraio 2014
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Facebook è un mondo, più che un’azienda. Così potente da far girare la testa e far tremare le gambe a molti. Un’idea che ha cambiato tutto. E che insieme alla rivoluzione digitale che stiamo vivendo, è entrata prepotentemente nelle nostre vite. Già, il mondo – grazie all’accelerazione tecnologica (web, smartphone e tablet su tutti, ma non solo) – è cambiato. E forse è venuto il momento di cambiare anche noi. Come? Permetteteci un’apparente digressione.Chiunque sa che non si mettono le dita in una presa elettrica. E anche che non si usa un asciugacapelli se una parte del corpo è immersa nell’acqua. Nessuno di voi ha mai asciugato il gatto nel microonde o ha lavato il cane nella lavatrice. Il motivo è semplice: sin da quando eravamo piccoli, ci hanno insegnato che esistono dei pericoli dai quali bisogna stare lontani. Cosa c’entra tutto questo con i 10 anni di Facebook? C’entra, eccome. Perché forse il modo migliore per vivere il grande cambiamento non solo tecnologico che stiamo vivendo è quello di ripartire dal nostro rapporto con gli asciugacapelli e i microonde.Dobbiamo cambiare il nostro modo di trattare la tecnologiaDobbiamo cambiare il nostro modo di trattare la tecnologia e il mondo web. Da mare magnum foriero di un futuro incerto e minaccioso, a (caotico) supermercato di elettrodomestici. Se credete sia una scorciatoia, avete sbagliato strada. Pensate al modo in cui trattate certi strumenti elettrici di casa vostra. Quando li usate, mettete sicuramente più attenzione e più cura di quando navigate in Internet, scaricate un’applicazione o andate sui social network. Quindi, per prima cosa, se il mondo digitale è un elettrodomestico va avvicinato con attenzione, magari dopo avere letto “il libretto di istruzioni” o avere avuto spiegazioni serie su come si usa «davvero». Secondo punto. Se Facebook, Twitter, Pinterest, Instagram e tutti gli altri social vanno usati come fossero una lavatrice o una bistecchiera ricordiamoci di farlo solo se, quando e per quello che ci serve. Sono strumenti non i nostri padroni. Eppure, tanti (troppi) vedono nei social network, negli smartphone e nelle continue novità digitali delle autentiche minacce. Troppe volte, quando incontriamo persone con la testa bassa sugli schermi dei cellulari, rimpiangiamo la «socialità» di un tempo, dimenticandoci che non tutti i pomeriggi passati nei bar a giocare a carte o a biliardo erano poi così belli e utili.Quanto pesa sul mondo web e non solo cliccare «mi piace»Intendiamoci. Il web è pieno di pericoli. Perché mettendo in contatto rapidamente miliardi di persone, fa emergere anche tutto il peggio dell’umanità. Oggi i media tendono ad amplificare ciò che succede sui social network e trovare il male è in un certo senso più facile. Ma anche trovare il bene. Solo che, per ragioni diverse, una parte degli utenti del web ha una sorta di pudore a comunicarlo e a condividerlo. Perché Internet, e soprattutto i social, sono come dei bar, più o meno affollati. Chi entra è più propenso a condividere il pettegolezzo, la spacconata, la battuta che fa ridere piuttosto che a proporre agli altri “clienti” un contenuto serio. Chiunque sia iscritto a Facebook lo sa bene: se condivide una riflessione sulla povertà mondiale riceve pochi «mi piace», se invece mette un video curioso o la foto di un cucciolo ne raccoglie molti di più. E siccome ottenere tanti «mi piace» (scusate il bisticcio) fa piacere a tutti, la qualità dei contenuti cala vertiginosamente. Perché la media degli iscritti premia gli eccessi, le provocazioni, le offese, le storie strappalacrime, le emozioni più facili. Con riflessi sul nostro modo di stare insieme e di leggere la realtà. Dobbiamo averne paura? No. Tutt’altro. Come ha detto recentemente papa Francesco dobbiamo portare nel web olio profumato da versare sulle ferite del prossimo e vino buono che generi allegria. Dobbiamo immettere nel web dosi massicce di speranza e di bene; «postare» sui social la parte migliore di noi e spingere gli altri a farlo. Con la consapevolezza che Internet è uno strumento. Un elettrodomestico. Usarlo senza istruzioni è pericoloso. Ma la «colpa» prima che del mezzo, è dei singoli. E delle singole azioni che ognuno di noi compie in Rete. Tanto più che Internet le registra tutte. E in base a quello che facciamo, anzi che scegliamo, cambia le sue strategie. Ricordatevelo prima di cliccare sul prossimo «mi piace».
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