domenica 16 settembre 2018
Nella chiesa di San Cristoforo l’esposizione dell’artista riminese: l’opera di Antonello da Messina ispira pitture Pop che narrano le storie di due città di donne, uguali ma dai destini diversi
“Lei”, alcune opere di Mauro Drudi

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Il volto è quello dell’Annunciata di Antonello da Messina, celebre quadro realizzato nel 1475 e conservato a palazzo Abatellis, nel museo palermitano allestito da Carlo Scarpa. Una icona rinascimentale e siciliana. Ma quel volto è solo un simbolo, uno spirito. Che c’è, ma non si vede, anzi si perde nelle tante “Lei”, oltre un centinaio, che ci si trova davanti entrando nella chiesa di San Cristoforo nell’isolotto di Ortigia, sede della mostra (intitolata proprio Lei, aperta fino al 30 settembre, promossa dalla galleria Sudestasi di Ragusa e dal Comune di Siracusa) del poliedrico artista Mauro Drudi. Donne che somigliano tutte all’Annunciata, ma parlano con voce propria un linguaggio universale che supera l’identità religiosa del quadro. Uguali e diverse. Nei colori, nei tagli del viso, nei materiali. Con il “gioco” della ripetitività stile Pop Art che rimanda a Andy Warhol e alle sue Marilyn Monroe. L’effetto delle opere di Drudi – pezzi unici, disegnati e dipinti a mano o in alcuni casi alla maniera della street-art – è forte e coinvolgente. Si entra in chiesa ed ecco due pareti di volti femminili: sono «le skyline di due città immaginarie», spiega l’artista riminese. «Quella di sinistra – continua Drudi – rappresenta la donna “negata”, la donna che non ha diritti e subisce soprusi, quella di destra la donna “positiva”, in linea di massima la donna occidentale, apparentemente tranquilla, felice e solare. Ma lo sguardo è sempre lo stesso, perché la felicità non si libera mai dell’ombra anche quando vive nella luce più tersa, così come la sofferenza non è mai così truce anche quando trasuda da uno squarcio profondo».

Lei è «una riflessione pittorica sulla donna che incrina la superficie patinata della felicità così come quella ruvida e dolorosa della sofferenza introducendoci in una realtà che spesso, per pura o per pigrizia, non riusciamo o non vogliamo vedere». Le due pareti, le due città si incontrano nel coro, in una «città di donne» formata da solidi totem di legno, che sorreggono nuovi volti, «praticamente indistruttibili, così come la donna». «È un gioco che probabilmente abbiamo fatto tutti quando eravamo bambini – osserva in una nota del catalogo, Andrea Mecacci, professore di estetica all’Università di Firenze – : ripetere un nome, magari il proprio, all’infinito, fino a smarrire il suo significato. E cosa rimaneva se non un suono, un guscio vuoto? Alla fine non rimaneva niente. Con un’immagine accade lo stesso? O forse accade il contrario. Più vediamo un’immagine, più la attraversiamo, anche nella distrazione, più acquista un senso. E quando questa immagine la vediamo ripetuta, reiterata, riproposta con diversi cromatismi o materiali? È sempre la stessa immagine o qualcosa di diverso? È sempre Lei?». Ecco come la moltiplicazione dell’Annunciata stilizzata di Drudi, diventa Lei, la donna che parla di tutte le donne. «Antonello – aggiunge il curatore Angelo De Grande, fra gli ideatori del progetto Sudestasi a Ragusa – ha creato una madonna il cui viso simboleggia la quintessenza della figura femminile. Drudi l’ha vista, l’ha resa carne e l’ha trasformata in una icona Pop, la più italiana che io abbia mai visto, realizzando un viaggio visivo alla scoperta dell’essere femminile». Con un solo volto. Perché? «Perché lo spettatore non debba perdere tempo a “riconoscere” – conclude Drudi – ma possa immediatamente entrare nella singola opera, lasciandosi guidare da colori, ombre, tagli, inquadrature, superfici splendenti oppure segnate, rovinate, spezzate. Così ogni quadro diventa la storia di una donna, una storia che nasce dalla sensibilità di chi guarda, più che da quella del pittore, dalle sue esperienze, dal suo stato d’animo, dalla sua vita. Perché “l’Arte è metà, l’altra metà sei tu”». Tu e Lei.

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