giovedì 22 ottobre 2015
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Netflix, il colosso americano della televisione sul web, sbarca in Italia. E nella Penisola «trasformerà i modelli di consumo consolidati» della tv ma soprattutto «aprirà la strada a un cambiamento ancora più radicale» fra chi opera nel mercato televisivo nazionale. Insomma, pubblico e network modificheranno i loro approcci al piccolo schermo. Ne è convinto Augusto Preta, già docente di Economia dei media in diverse università italiane (da Urbino alla Cattolica di Milano) e fondatore di ItMedia Consulting, società di ricerca sui nuovi media.

Avremo davvero un terremoto nella nostra tv con l’arrivo della piattaforma Usa? «Netflix avrà un impatto rilevante nel medio periodo, in particolare sui contenuti “a utilità ripetuta” come film e serie. In una prima fase la competizione risulterà meno accesa. Ma gli effetti saranno notevoli innanzitutto sulla tv a pagamento e poi anche su quella in chiaro, determinando sulla prima il fenomeno dell’abbandono da parte di una quota sempre più consistente di abbonati e sulla seconda forti cambiamenti sui modi con cui gran parte della popolazione, soprattutto quella più giovane e con più familiarità all’uso della Rete, accederà in futuro ai contenuti audiovisivi. Contenuti che costituiranno oltre il 60% del consumo di internet nei prossimi anni».

L’Italia è pronta alla svolta? «Dal punto di vista della domanda, il Paese ha dimostrato in molti casi di essere molto più evoluto di quanto si creda. Cito il mobile o la tv tematica. Il collo di bottiglia sta nella scarsa diffusione della larga banda fissa e nell’accessibilità ai contenuti sulla quale Netflix dovrà essere capace di ottenere risultati convincenti».

Quali sono i punti di forza di Netflix? «L’assenza di vincoli che frenano le strategie degli operatori tv come Sky e Mediaset i quali, sviluppando i servizi online, temono di perdere i propri abbonati; la massima apertura su tutti gli apparati; il basso prezzo dell’abbonamento; la grande capacità di conoscere i gusti dei propri utenti; il potere e il fascino del brand; l’investimento in produzioni di altissima qualità anche tecnica, ossia in 4K».

Si può considerare la società Usa un’alternativa alla pay-tv? «Per i primi due anni non lo sarà. Però è inevitabile che queste dovranno fare i conti con una realtà destinata a cambiare in prospettiva la televisione così come la conosciamo oggi».

Quali risposte cercheranno i gruppi televisivi di fronte a Netflix? «In parte l’hanno già individuate. Ad esempio, gli accordi con le compagnie telefoniche per sviluppare i servizi, anticipando le mosse del rivale. Comunque si devono porre il problema se confrontarsi direttamente con Netflix oppure perseguire intese in grado anche di ribaltare gli equilibri esistenti».

Quanta Rete consumerà la nuova tv on demand? «Netflix accentuerà la crescita di domanda di banda per i servizi video che negli ultimi mesi è iniziata a esplodere anche in Italia».

Si può ipotizzare che la televisione in streaming contribuirà a far arrivare “internet veloce” in sempre più famiglie della Penisola? «Non c’è dubbio che ovunque sia presente Netflix la banda larga e ultra larga, cioè quella in fibra ottica, si sviluppi. Infatti tutto ciò costituisce il volano, insieme con YouTube, dell’incremento dei servizi video. Negli Stati Uniti Netflix rappresenta un terzo del consumo di banda nelle ore di punta; in Gran Bretagna, in due anni, supera ormai il 20%. Per questo la piattaforma americana è vista come un importante “abilitatore”, se non addirittura come un prezioso alleato del mondo delle telecomunicazioni nel nostro Paese».

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