martedì 19 novembre 2019
Il regista riporta nelle sale la pagina bellica statunitense, ma con i soldi cinesi. «Hollywood non vuole rischiare, guadagnano con il fantasy, ma ora i giovani non conoscono più la nostra storia»
Una scena del nuovo film di Roland Emmerich “Midway”

Una scena del nuovo film di Roland Emmerich “Midway”

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Sono più di vent’anni che Roland Emmerich, il regista tedesco capace di reinventare a Hollywood il genere catastrofico tanto da guadagnarsi il soprannome di “master of disaster” con film come Independence Day e The Day After Tomorrow - L’alba del giorno dopo, pensava di realizzare un’opera sulla celebre battaglia delle Midway. Ovvero il leggendario conflitto combattuto tra il 4 e il 7 giugno del 1942 tra la flotta americana e la Marina Imperiale giapponese che segnò una svolta decisiva nel Pacifico durante la Seconda Guerra Mondiale. Nel 1976 Jack Smight l’aveva già raccontata sul grande schermo con Robert Mitchum, James Coburn, Henry Fonda, Robert Wagner, Charlton Heston, Glenn Ford e Toshiro Mifune, ma Emmerich pensava che fosse arrivato il momento di riparlarne dal momento che molti giovani americani non l’hanno neppure sentita nominare. «I ragazzi di oggi – ha raccontato il regista, che abbiamo incontrato all’ultimo Zurich Fim Festival – non sanno nulla di quelle persone che hanno combattuto per la loro libertà. Senza di loro il nostro mondo sarebbe molto diverso. Volevo dunque onorare quella battaglia e coloro che hanno sacrificato la propria vita con coraggio, determinazione e senso di fratellanza».

Il film, interpretato da Dennis Quaid, Woody Harrelson, Patrick Wilson, Luke Evans, Aaron Eckart, Ed Skrein, utilizza una struttura tripartita: si comincia dalla disfatta di Pearl Harbour che rivelò tutta la vulnerabilità degli Stati Uniti, si prosegue raccontando il grande lavoro dei servizi segreti della Marina americana, capaci di decrittare in tempo il sistema di comunicazione nipponico, e si arriva alla vittoria nel Pacifico, dove con abili e spericolate manovre i piloti americani riuscirono a battere i giapponesi e distruggere le portaerei nemiche. Senza dimenticare il punto di vista dei giapponesi che nel 1937 avevano invaso la Cina provocando mi- lioni di morti anche tra i civili. Ma nei confronti di questa gloriosa pagina di storia americana l’entusiasmo degli studios hollywoodiani non è stato certo pari a quello di Emmerich. «Avevo già propostoMidway a un produttore poco più di vent’anni fa e Hollywood si era detta disposta a finanziarlo, ma non avrei potuto contare su un budget superiore a 90 milioni di dollari. Fui costretto dunque ad abbandonare il progetto ed ero molto depresso. Poi un amico mi affidò una sceneggiatura scritta dallo stesso autore di Salvate il soldato Ryan chiedendomi di girare il film. Si trattava de Il Patriota, con Mel Gibson».

Gli anni passavano, intanto, ed Emmerich continuava a pensare al suo film su coraggio, riscatto e rivincita degli americani non ancora andato in porto. «Sono tornato alla carica, ma questa volta ho trovato i finanziamenti necessari in Cina (molto interessata al progetto anche per via di quello che il Paese soffrì durante l’occupazione giapponese) e nel mercato indipendente americano. Oggi gli studios non vogliono più rischiare: hanno calcolato che solo due o tre film di guerra negli ultimi anni sono rientrati delle spese. Ma tutto sommato è stato un bene che abbia realizzato Midway solo ora perché il mondo in questo momento storico è più sensibile al tema affrontato. Oggi tanti demagoghi infatti spingono le persone verso quel nazionalismo che ha causato la Seconda Guerra Mondiale».

E a proposito di Hollywood il regista continua: «È cambiata tante volte nel corso degli anni e spero continui, perché al momento non sta facendo un buon lavoro. I film prodotti oggi non hanno la stessa qualità di quelli di quindici anni fa. Ora funzionano solo individui con buffi costumi che sanno volare e tutto questo è decisamente deprimente. Stanno facendo credere ai bambini che i supereroi esistano e invece non è così. Per questo amo gli alieni e i film catastrofici, dove è la gente normale a salvare il mondo». A tanti giovani che si sono affacciati al mondo del cinema Emmerich ha dimostrato che se hai talento e idee vai dove vuoi. «Ero destinato a lavorare nell’azienda di famiglia, ma avevo una grande passione per l’architettura e pensavo che sarei potuto diventare uno scenografo. Per questo ho cominciato a esplorare il mondo del teatro, ma un giorno ho visto un film che ha cambiato per sempre la mia vita. Si trattava di Incontri ravvicinati del terzo tipo di Steven Spielberg, che ha completamente ribaltato il modo di pensare al mio futuro. Parla di uno strano gruppo di persone molto ordinarie alle prese con qualcosa di straordinario. Quello è stato il modello di molti miei film». Nel futuro di Emmerich c’è un film sul cinema. «Ho riscritto una sceneggiatura alla quale avevo già lavorato venti anni fa, Shooting Star, che parla della realizzazione di un film nel deserto della California, nel 1991, del fare cinema, degli attori, che tanto amo. Forse dovrò prima girare uno o due film, ma questa è la storia più vicina al mio cuore oggi e prima o poi la realizzerò».

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