sabato 4 settembre 2010
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Un “miracolato”, Carlo Cudicini. Se va indietro con la memoria, vede se stesso nel ventre di un’ambulanza, che corre a mille all’ora verso un ospedale dopo il suo schianto in moto. Incidente spettacolare, drammatico. Che poteva significare la fine, in tutti i sensi. E invece non è stato che l’inizio, quello di una nuova vita. Tra i pali, ancora. Prima in Champions League, poi in Premier League. E pazienza se presto gli toccherà ancora la panchina, quando Gomes, il titolare, si riprenderà. Il passato è passato, e anche a 37 anni suonati si può guardare con fiducia al presente e al futuro: «È strana, la vita. In un attimo sei sulla strada che porta al campo d’allenamento e ti ritrovi in un’ambulanza, chiuso nei tuoi pensieri, a guardare dentro al tuo fisico, per capire cosa ti è successo, se qualcosa di irreparabile oppure no». Un’esperienza traumatica, che un po’ ti cambia la vita: «So di essere un ragazzo fortunato: gioco a calcio, faccio quel che mi piace, guadagno bene. Ma certe cose ti fanno capire che al mondo siamo tutti uguali, dinanzi agli eventi della vita». Se poi c’è l’aiuto del prossimo, è più facile venirne fuori: «Mi hanno aiutato in tanti, dalla mia famiglia agli amici, dall’allenatore alla società. Mica era facile per un club come il Tottenham rinnovare il contratto a uno che veniva fuori da un incidente simile, un portiere che s’era fratturato entrambi i polsi. Sono cose che non si dimenticano...». Il presente si chiama Tottenham, il futuro pure. Tra Premier League e Champions League. Il passato, come il presente e il futuro, si chiama Inghilterra, il Paese che lo ha adottato, qualcosa come 11 anni fa, nel lontano 1999. Tanti ricordi, mille sensazioni: «Si presentò questa chance, pensai fosse giusto coglierla al volo. Fu un salto in alto da vertigini: ero al Castel di Sangro, finii al Chelsea, vivevo in un paesino ai margini del calcio che conta, mi ritrovai in una metropoli che provava a entrare nella storia del calcio». Era un Chelsea “italiano”, quando il nostro calcio andava di moda: «Ora è diverso, vanno più di moda gli allenatori italiani. Ma allora era diverso eravamo in tanti: c’erano Vialli, Zola, Di Matteo, Ambrosetti, Dalla Bona. Non fu difficile ambientarsi: cercai di imparare subito la lingua, volli vivere la città appieno, il che mi ha arricchito molto». Nel calcio giocato, molta panchina, forse troppa, per lui. «Ma non rimpiango nulla: ho avuto davanti portieri eccezionali, ma ho vissuto esperienze indimenticabili, conosciuto grandi allenatori come Mourinho, ho respirato l’atmosfera della nazionale azzurra, quando giocavo con continuità i giornali inglesi spingevano addirittura perché mi convocassero nella nazionale inglese». Vita da emigrante, anche se di lusso. Scrutando il Paese d’adozione, evidenziando le differenze con quello natio: «È un altro calcio quello inglese, già dentro il campo: gioco più fisico, più veloce, partite che scorrono rapidamente, senza interruzioni. Fuori, poi, si respira un clima migliore: in Italia ci sono più veleni, più contestazioni, troppe chiacchiere inutili». In Serie A da noi, una sola presenza per Cudicini, con la maglia della Lazio. Poi, panchina, tribuna, serie inferiori. Un incompreso, forse: «Nel calcio si raccoglie quasi sempre ciò che si è seminato. Penso che il mio processo di maturazione sia stato più lento, perciò sono arrivato in ritardo al calcio che conta». Magari, se il Milan avesse aspettato un po’...: «Ripeto, forse allora non ero pronto: ognuno fa le proprie scelte. Nessuno ha colpa se sono andato via dall’Italia per avere successo». Cudicini, un cognome che pesa, soprattutto se di mestiere si fa il portiere: «Quel che ho ho trovato assurdo è che all’inizio si facessero paragoni tra me e mio padre: ero un ragazzino, giocavo nelle giovanili del Milan, mi chiedo come si potesse paragonare un giovane a un portiere che aveva fatto grandi cose. Lui è sempre stato fiero di me, ma non credo che il suo nome abbia avuto influenza sulla mia carriera». Champions League, Premier League: un tempo, poi una partita intera. Cudicini è tornato, anche se c’è in progetto una nuova destinazione: prestito al Middlesbrough o al Fulham. Ma sempre in Inghilterra, passato, presente e futuro.
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