sabato 7 agosto 2010
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«Ne sono assolutamente certo: le tre piramidi Gizah, alla periferia ovest del Cairo, la Sfinge e in generale i più importanti monumenti vicini ad esse sono stati costruiti seguendo una coerenza geometrica, disponendoli in base a precise figure circolari e a enormi triangoli equilateri». A fare un’affermazione destinata ad aggiungere elementi decisivi alla comprensione della piana di Gizah, l’area archeologica più famosa al mondo, è Diego Baratono, egittologo «fuori contesto», dalle posizioni a volte non in linea con l’ortodossia egittologica, ma già in passato apripista per studi e conclusioni condivisi anche da luminari del settore. Baratono, fornito di robusta preparazione accademica e supportato da cattedratici di livello quali Paolo Trivero (Università di Alessandria) e Maurizio Gomez (Politecnico di Torino), da anni esplora con regolari prospezioni la zona di Gizah e completa le proprie ricerche con l’ausilio di foto satellitari, a disposizione da parte dell’Esa (l’Agenzia Spaziale Europea).Professor Baratono, cosa ha notato esattamente dall’analisi capillare di questo abbondante materiale?«Ho passato al setaccio foto e planimetrie topografiche della zona con sofisticati programmi informatici e una cosa è risultata evidente: i punti di alcuni angoli delle piramidi di Cheope, Chefren e Micerino, insieme a uno degli angoli della Sfinge e ad altri punti-cardine di monumenti ancora conservati, se uniti, risultano appartenere alla circonferenza di un cerchio. Si tratta dell’evidenza di un rigore geometrico, rispettato man mano che nuovi monumenti venivano eretti».Oltre all’esame di materiale fotografico e di planimetrie ci sono elementi ancora più dirimenti, vero?«Certamente. Abbiamo riscontrato sul terreno e su foto a infrarossi la presenza di tracce, quasi di solchi circolari che coincidono con la circonferenza, lungo la quale erano disposti piramide e Sfinge. Inoltre sono rimaste ben visibili qua e là tracce di lati di triangoli equilateri e di esagoni, ad indicare una capillare attenzione geometrica, che ha regolato l’area sepolcrale e sacra di Gizah in ogni sua costruzione e che è rimasta in vigore per parecchie dinastie. Ma c’è di più».Ci dica.«Se prolunghiamo la linea della circonferenza ricavata a occidente, dalla parte opposta della Sfinge conservata, andiamo a raggiungere una zona dove ci sono resti di impiantiti e basamenti di quella che fu un’altra enorme statua. Tutto lascia pensare a una seconda Sfinge, diametralmente opposta a quella visibile e in perfetta coerenza con il sapere mitologico degli egizi, che parlano di due leoni, Duau e Sef, guardiani, guarda caso, del cerchio solare».A proposito di mito, la disposizione circolare dei monumenti di un’area importante in fondo riflette la centralità che aveva il cerchio nella fantasia mitografica degli egizi. Non è così?«Certo. Basta pensare al Testo dei sarcofagi n. 6000: "Fui colui che nacque come cerchio..."; è un’affermazione riferita alla dea Maat, la Giustizia, che dunque viene pensata come un cerchio. Anche questo è un elemento che ben si combina con le capacità di architetti ed ingegneri egizi di riprodurre figure geometriche nell’edificare imponenti monumenti, come templi, tombe o statue colossali; o con la fantasia dei pittori, che hanno affrescato questi edifici con figure dall’evidente schematizzazione geometrica. Ecco perché la paleogeometria risulta fondamentale per capire la "ratio" della disposizione delle costruzioni nel Paese del Nilo».E come conciliare questi risultati con la teoria, abbracciata da molti, che gli egizi costruirono piramidi e templi orientandoli secondo costellazioni astronomiche, di cui erano insuperabili conoscitori?«Le due cose vanno insieme: in fondo anche le costellazioni celesti riproducono linee rette e figure geometriche, che cambiano continuamente secondo l’orbita. Proprio le costellazioni degli astri funsero da modello per gli architetti dei faraoni: con prossimi studi cercherò di indicare quali costellazioni hanno ispirato l’erezione dei singoli monumenti e che figure geometriche riproducevano».
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