giovedì 21 ottobre 2010
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Gesù era un buon medico? Dei corpi, dico: non solo delle anime. Certo, di gente ne ha guarita tanta; però quelli erano miracoli... E se sotto quei gesti prodigiosi, dietro la vita ridonata ai ciechi e agli storpi rimessi in piedi ci fossero «indicazioni per affrontare anche sul piano terapeutico la condizione del malato»? E se – «in qualche caso» – Cristo coi suoi gesti prodigiosi indicasse «un vero metodo di riabilitazione e di cura, di cui in seguito la scienza si è appropriata»? Le frasi – le domande, le ipotesi – sono di don Sandro Lagomarsini, prete sull’Appennino ligure famoso finora soprattutto per la sua esperienza di scuola «alla don Milani»: sul quale pure ha scritto parecchio. Ma questa volta l’argomento del nuovo libro Il medico dimenticato (Libreria Editrice Fiorentina, pp. 124, euro 10) è un altro, ovvero «una lettura realistica delle guarigioni evangeliche». E si capisce che si tratta di materia che sta molto a cuore all’autore, il quale ha cominciato a interessarsene parecchi anni or sono allorché spiegava il Vangelo (e in specie i miracoli) ai suoi ragazzi. «Che cosa sono i racconti di guarigione? Resoconti puntuali di fatti realmente accaduti o parabole di ottimismo e speranza? Ricostruzioni che contengono frammenti di cronaca o profezie di una salvezza da attendere oltre la storia?». La quarta di copertina ripropone quesiti che hanno appassionato legioni di esegeti, dividendoli poi in genere tra quanti accettano il rischio di «fideismo» con un’interpretazione quasi cronachistica dei prodigi di Cristo, chi invece propende per una lettura simbolico-didattica che tende a prescindere dalla realtà dei fatti e coloro che infine si sbilanciano secondo la scuola della «demitizzazione» a sostenere come la narrazione dei miracoli di Gesù sarebbe soltanto un modo allegorico per esprimere la sua divinità e la portata della salvezza da lui offerta. Don Lagomarsini si immerge in tale ginepraio con la sua teoria, avvertendo però di presentare «solo ipotesi plausibili, fondate su un certo numero di indizi» e tuttavia pure «cosciente di sostenere tesi relativamente nuove». Il suo metodo si chiama «decifrazione realistica» e si sintetizza così: «Ipotizziamo che i racconti di guarigione riportino i fatti e, seppure in modo frammentario, anche il "modo" in cui si sono svolti». Esempi. Il Nazareno tocca il lebbroso perché «la prima forma di cura di tutti gli "appestati" è la riduzione o l’abolizione delle "distanze". Gran parte delle conquiste della medicina sono nate da una considerazione attenta e "vicina" delle malattie più difficili e "incurabili"». Il Maestro comanda all’uomo dalla mano arida di stenderla, e infatti «un giorno si scoprirà che le terminazioni nervose si possono rigenerare e che la funzione può riprendere con l’aiuto dell’esercizio volontario. Ma già fin d’ora la volontà del malato sembra entrare nel processo di guarigione». Così il Messia pone le dita del sordo sulle sue orecchie e gli dice «Apriti», «prefigurando il metodo che combina la lettura labiale con la rieducazione dei sordi... La guarigione non perde il suo carattere straordinario, ma i gesti compiuti sono secondo ragione e, potremmo dire, di futura efficacia». Ancora: quando Cristo dice al paralitico «Ti sono rimessi i tuoi peccati», ottiene anche un effetto fisico in quanto «alleggerire mente e cuore è una buona premessa per espellere il male dal corpo». Infine, nel caso della resurrezione della figlia di Giairo, il Salvatore le parla in aramaico «Talithà kum!», «Fanciulla, alzati») per «mettersi al suo livello, capirla nel profondo» e nella sua azione «ci sarebbe la prefigurazione dell’impegno per recuperare i bambini dalla personalità chiusa o gravemente disturbata». I casi elencati dimostrerebbero dunque, secondo l’autore, che «le guarigioni evangeliche non assomigliano ad operazioni chirurgiche ben riuscite o a cure farmacologiche indovinate; sono invece azioni complesse che, oltre ai malati, coinvolgono i parenti, i testimoni e la comunità circostante, e costituiscono messaggi di lunga durata». Non solo: don Lagomarsini avanza l’idea che Cristo, proprio come un odierno grande clinico, cerchi di trasmettere la sua sapienza terapeutica ai discepoli (che infatti ripeteranno addirittura alla lettera alcuni suoi gesti negli Atti degli apostoli). Gesù insomma precursore della medicina moderna – e futura? Chissà.
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