martedì 9 settembre 2014
A colloquio con l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, il cardinale Gualtiero Bassetti, sulla capitale europea della cultura. "I perugini si riapproprino della città e che la vivano intensamente"
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“Ogni momento di crisi è sempre un'opportunità perché obbliga, pur nelle difficoltà, a rimettersi in gioco”. L’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, il cardinale Gualtiero Bassetti, sa bene con quali problemi fa i conti Perugia. Da pastore con l’”odore delle pecore”, nel primo anno della visita pastorale ha fatto tappa nelle aziende, dialogato con gli studenti, cenato con gli universitari fuori sede in un appartamento del centro, incontrato associazioni e organizzazioni di categoria, raccolto nelle parrocchie l’amarezza delle famiglie che fanno fatica ad arrivare alla fine del mese. Insomma, quando Bassetti parla del capoluogo, ne può interpretare li orizzonti mentre Perugia sogna di diventare Capitale europea della cultura nel 2019 insieme con Assisi e tutta l’Umbria.Eminenza, nel dossier di candidatura si descrive una città in difficoltà: la crisi economica, la disoccupazione,  le ridotte prospettive per i giovani, la caduta di immagine, la diminuzione di studenti nelle università, la criminalità. Come ripensare Perugia e imprimerle una svolta? “Oggi più che mai è fondamentale ricordare l'insegnamento di Giorgio La Pira. Le città, disse il sindaco di Firenze in un celebre discorso del 1955, "hanno una loro anima e un loro destino: non sono cumuli occasionali di pietra". Per questo motivo, è importante riscoprire e valorizzare l'identità profonda di Perugia. Occorre ripartire, cioè, da quelle "riserve mai esaurite" di "beni umani essenziali" come le chiamava La Pira. La storia e la civiltà di un centro urbano non sono solo delle parole che si leggono sui libri ma sono fatti che si materializzano sulle strade e sulle piazze, sui palazzi e sulle chiese, perfino nei volti delle persone. È indispensabile, perciò, che tutti i cittadini si riapproprino della loro città e che la vivano intensamente. Ed è altrettanto fondamentale che la classe dirigente perugina dimostri amore autentico per la città e un profondo senso di responsabilità.La cultura può essere volano di sviluppo umano e sociale per Perugia in questi anni? “Certamente sì e per due motivi. In primo luogo, perché la cultura è sempre la base primaria dello sviluppo di un territorio. Per far ripartire questa città servono conoscenze approfondite e progetti concreti che solo un'adeguata preparazione culturale può contribuire ad elaborare. E poi perché questa città e il territorio limitrofo sono ricchissimi di cultura che va ancor più valorizzata e fatta conoscere al mondo intero. Non dimentichiamo che a Perugia esistono due prestigiose Università e una quantità immensa di luoghi sacri e di beni culturali. A cui si aggiunge un paesaggio stupendo e, per certi aspetti, irripetibile. Se tutto questo patrimonio venisse ancor più adeguatamente coordinato e "messo a sistema" potrebbe riservare benefici enormi per tutta la comunità”.L'Umbria è terra di due giganti di santità che hanno segnato la storia europea: Francesco d’Assisi e Benedetto da Norcia. Che cosa possono dire all'Europa di oggi? “L'eredità che ci lasciano questi giganti della fede è immensa, così com’è grandissimo l'insegnamento per il futuro. Direi, però, che per le donne e gli uomini di oggi, così duramente colpiti dalla crisi economica, questi due santi lasciano almeno due grandi insegnamenti: innanzitutto, uno stile di vita che non mette al primo posto l'opulenza, l'apparenza e il carrierismo, ma la dignità umana, il rispetto per il forestiero e un'autentica speranza verso Dio, l'unico Signore della Storia. E poi, il coraggio di costruire laddove sono le macerie; di sperimentare senza paura di fallire; di annunciare il Vangelo senza timore di essere derisi o perseguitati. In una parola, Francesco e Benedetto ci lasciano lo spirito di fraternità. Una fraternità che oggi viene pronunciata solo con la bocca e che, invece, deve essere riscoperta col cuore: sia nelle relazioni interpersonali dominate oggi da un esasperato e cinico individualismo, sia nei rapporti economici caratterizzati troppo spesso da un'avida ricerca del profitto che mortifica la dignità delle persone, mette ai margini le donne e non tiene conto delle più elementari esigenze delle famiglie”.

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