Un primo esperimento lo aveva fatto la tv qualche anno fa, con l’intervista a Benedetto XVI trasmessa da RaiUno il Venerdì Santo del 2011. A porgere le domande non erano vaticanisti di lungo corso, ma un gruppetto di bambini selezionati per l’occasione. Un dialogo che adesso si ripete in
L’amore prima del mondo (Rizzoli, pagine 80, euro 17,00), l’illustratissimo volume che
papa Francesco firma come Jorge Mario Bergoglio, avvalendosi anche in questo caso della collaborazione del direttore di «Civiltà Cattolica», padre Antonio Spadaro. Il punto di partenza è costituito dagli interrogativi contenuti in una trentina delle moltissime lettere che i bambini di tutto il mondo inviano ogni giorno al Pontefice. Di ciascuna domanda viene riprodotto il testo originale e a ciascuna Francesco risponde puntualmente, spesso partendo dall’illustrazione che il piccolo intervistatore non manca di realizzare: «Nel tuo disegno io ho il cappello alto e tu hai i tuoi capelli al vento», dice per esempio a Faith, una bimba di Singapore che proprio dalla mitria episcopale è molto incuriosita.
I quesiti vanno dalle questioni fondamentali della fede e dell’esistenza fino agli aspetti più personali della vita di Francesco. A Basia, che scrive dalla Polonia,
il Papa confessa da lui, da piccolo, avrebbe voluto fare il macellaio (ne conosceva uno che teneva banco al mercato di Buenos Aires, e credeva che fosse «un uomo ricchissimo»), mentre all’albanese Prajla raccomanda di non perdere mai il desiderio di ballare, perché altrimenti si contrae la «sindrome di Micol», ossia la seriosità da cui era affetta la sposa di re Davide, gran danzatore davanti all’Arca dell’Altissimo. Ma anche quando si parla di calcio – passione riconosciuta di Bergoglio – la leggerezza è solo una patina della profondità: «Si gioca bene al calcio quando si gioca insieme – scrive al cinese Wing –, quando si fa gioco di squadra e si pensa al bene di tutti senza pensare al bene personale o a mettersi in mostra. Così dovrebbe essere anche nella Chiesa». Non è l’unico accenno alla bellezza e alla complessità della dimensione ecclesiale che sia possibile rintracciare nel libro. Che cos’è una scelta difficile per il Papa?, vuol sapere un giovanissimo inglese di nome Tom. «Io amo fidarmi della gente, dei collaboratori, delle persone che mi sono affidate – è la risposta –. Mi sento male se devo mandar via qualcuno, ma a volte bisogna farlo, sai, anche per il bene della persona». E ancora: «Mi fa felice stare con la gente», ripete a Judith, una ragazzina belga.
A colpire di più sono però le questioni che potremmo definire di metafisica infantile. La prima è posta dalla letterina del canadese Ryan, da cui viene il titolo del volume («prima di creare Dio amava»), dopo di che non c’è mistero che non venga sfiorato. Compresa la morte, certo. Luca, dall’Australia, ha 7 anni: la sua mamma adesso è in cielo, avrà le ali come gli angeli? Ma no, assicura Francesco, non c’è bisogno delle ali, «è proprio la mamma che tu conosci ma più bella che mai».
Particolarmente efficace la risposta fornita alla peruviana Alejandra, che non riesce a capire come mai Dio non abbia ancora sconfitto il diavolo: invece è proprio così che è andata, ripete il Papa, solo che il diavolo è come un drago la cui coda si dibatte anche dopo la morte, è come una gigantesca lucertola che continua ad agitarsi. «Il diavolo è uno sconfitto: non te lo dimenticare». Ma è nel confronto con l’americano William che Francesco tocca il vertice della semplicità e dell’esattezza teologica.
Un miracolo che il Papa vorrebbe poter fare? «Io guarirei i bambini. Non sono riuscito ancora a capire perché i bambini soffrano. Per me è un mistero. Non so dare una spiegazione. Mi interrogo su questo». Come faceva Dostoevskij, che da sempre è uno degli scrittori prediletti da Jorge Mario Bergoglio.