venerdì 28 giugno 2013
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Più Ignazio, si vous plaît. Un po’ meno Pascal, il quale con il suo rigorismo morale rischia di essere anti-moderno. Paul Valadier, filosofo, gesuita francese, ha scritto pagine fondamentali sull’etica: il suo Inevitabile morale (Morcelliana) è un testo di indiscusso prestigio. Ora questo docente emerito alla Facoltà del Centre Sevrès di Parigi rinfocola una certa polemica anti-pascaliana nel breve saggio appena uscito in francese per le edizioni belga Lessius, Rigorisme contro liberté morale. Les Provinciales: actualité d’une polémique antijésuite. Curiosità: il testo è stato pubblicato prima che il cardinale gesuita Jorge Mario Bergoglio diventasse papa.Il cuore del suo saggio è la polemica tra Pascal e i gesuiti sulla morale cristiana, espressa da Pascal ne «Les Provinciales», in cui l’autore dei «Pensieri» se la prendeva con la casistica morale dei gesuiti di allora. In definitiva, sembrano scontrarsi l’alternativa tra una visione "autonoma" o "eteronoma". La proposta gesuitica – a suo giudizio – è più "moderna" di quella di Pascal. Come valorizzare la struttura soggettiva, non soggettivistica, del cristianesimo?«Pascal, così moderno nei suoi lavori scientifici e nelle sue scoperte, preoccupato di impegnarsi nei dibattiti culturali del suo tempo contro gli scettici, non mi pare «essere tale in ambito filosofico (infatti si oppone a Cartesio) e teologico. Soprattutto in quest’ultimo campo è abbastanza tradizionalista, benché abbia proposto una lettura molto audace del rapporto tra Antico e Nuovo Testamento. Invece, gli Esercizi spirituali di Ignazio di Loyola si impegnano molto di più nel prendere in carico la soggettività della persona che cerca di aprirsi alla volontà di Dio nella sua vita».In cosa consiste questa modernità gesuitica?«Ignazio domanda a colui che entra negli Esercizi di cercare Dio attraverso i suoi propri desideri, di non ignorare le pulsioni, attrazioni e repulsioni, di discernere il ruolo degli spiriti attraverso la psicologia e dunque mediante la propria umanità più personale. In questo modo gli Esercizi aprono la strada alla casistica oggetto della critica di Pascal, a mio modo di vedere un po’ ingiusta, dal momento che questa morale cerca di aiutare una persona concreta a rispondere a Dio in tutte le dimensioni dell’esistenza. Questa proposta è dunque molto coerente con la preoccupazione moderna della soggettività».Lei accosta Pascal e i tradizionalisti di oggi, che prendono alla lettera la Parola di Dio. Abbinamento un po’ provocatorio ...«Pascal rivendica un’oggettività indiscutibile della legge morale e della vita cristiana. A suo giudizio, tutto è già dato in Gesù Cristo e il cristiano non ha che da conformare la propria vita alla sua. Ma così facendo può sopraggiungere il grande rischio di non aprirsi più allo Spirito che parla al credente attraverso la vita, mediante le relazioni con gli altri, tramite l’originalità delle situazioni e l’attualità storica, così come nella comunità dei credenti, la Chiesa. Si priva così la libertà cristiana del suo proprio esercizio e della responsabilità».Al fondo del ragionamento pascaliano - lei denuncia - vi è una marcata sfiducia verso la natura umana. Per contro, la visione ignaziana sottolinea come l’uomo sia peccatore ma vive sempre sotto l’azione della grazia di Dio. Oggi vede all’opera più un atteggiamento pascaliano o ignaziano?«È certo che la posizione teologica di Pascal, almeno nelle Provinciali, è segnata dal giansenismo e da un certo calvinismo, ovvero un’insistenza tale sulla grazia divina che talvolta ci si domanda se la volontà umana mantiene ancora un certo spazio o se non è talmente segnata dal peccato che si possa dubitare di essa. Ora, la prospettiva ignaziana presuppone che Dio attende dall’uomo una disposizione ad aprirsi ai suoi doni e che egli lavori su se stesso per rendersi accogliente verso la grazia. Essa suppone dunque una certa fiducia nell’uomo e nel Creatore che in quanto Padre misericordioso dona alle sue creatore le risorse affettive, intellettuali e spirituali per comportarsi da figli di Dio. Il peccato non ha "corrotto" nulla dei doni di Dio, esso paralizza la volontà dell’uomo ma non la obbliga. La grazia presuppone la natura umana, per usare una formula della Scolastica, essa non la distrugge né si sostituisce ad essa. Piuttosto incoraggia ad usarla in maniera retta e secondo Dio».Papa Francesco è un gesuita. Sotto quale aspetto vede emergere soprattutto la spiritualità di Ignazio?«Il pontificato di Francesco sarà segnato dalla sua formazione ignaziana. Lo constatiamo già dal nome: Ignazio ammirava molto Francesco d’Assisi e ha voluto che la sua "piccola Compagnia" adottasse una povertà vera e coerente con le missioni che doveva assumere. Questa povertà deve essere contrassegnata anzitutto dalla semplicità nell’esercizio delle sue funzioni, dal rifiuto di mettersi in mostra, dunque dall’umanità, dall’annullamento di se stessi a servizio di Cristo. E infatti tutto questo è quel che ha colpito l’opinione pubblica all’inaugurazione del pontificato».
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