sabato 26 novembre 2022
Il monaco cistercense espone al Museo diocesano di Pinerolo con alcuni allievi per raccogliere fondi da destinare al monastero di Pra 'd Mill. Immagini sacre, legni e rivisitazioni rinascimentali
La Trasfigurazione (dettaglio)

La Trasfigurazione (dettaglio) - fratel Paolo Mezzo

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Il Museo diocesano di Pinerolo presenta (fino al 31 gennaio) una grande mostra di icone e di opere sacre del maestro iconografo fratel Paolo Mezzo, cistercense del monastero di Pra ‘d Mill. Con le opere di fratel Paolo sono esposte anche quelle di alcuni suoi allievi: Nanni Orecchia, Nadia Rossignolo e Annalena Bertinat. L’iniziativa presentata in una conferenza inaugurale dallo stesso maestro iconografo insieme al vescovo di Pinerolo Derio Olivero, nasce con l’intento duplice di far conoscere l’arte spirituale delle icone e contribuire a finanziare alcuni lavori di manutenzione e restauro del monastero collocato in una valle alpina sopra Bagnolo Piemonte. Fratel Paolo si definisce pittore e monaco iconografo.

San Giovanni Battista (dettaglio)

San Giovanni Battista (dettaglio) - fratel Paolo Mezzo

La sua scelta artistica si intreccia con la vocazione ed è costruita, come lui stesso afferma, intorno alla ricerca della Bellezza Trascendente, «ricerca che mi ha travagliato fin da bambino e che, come sbocco naturale, mi ha condotto alla vita monastica. Una vita bella sotto tutti i punti di vista: per il contatto con la natura immediato e incontaminato, vissuto quotidianamente; per la cura della natura stessa: noi abbiamo trasformato il nostro habitat in un posto da paradiso; per le costruzioni stesse: l’architetto del monastero di Pra ‘d Mill ha saputo integrare in modo ammirevole l’edificio con le montagne della valle e la vegetazione. Per la bellezza della liturgia offerta a Dio e infine per la bellezza delle relazioni con le persone che ogni giorno vengono a trovarci e tra noi fratelli».

San Giacomo Copto

San Giacomo Copto - fratel Paolo Mezzo

Un rapporto così stretto, intenso e vitale con la bellezza che per spiegarlo fratel Paolo ha finito per fornire un sintetico ed efficace trattato teologico di iconografia: «Ho scoperto le icone, come arte che libera dal soggettivismo, perché con le icone non dipingi qualcosa che riguarda solo i tuoi gusti personali, ma, con esse, dipingi la fede, perché un’icona è come una pagina di Vangelo scritta. È per questo che non si firmano (come invece avviene per i quadri), esse appartengono alla Chiesa! La Bellezza Trascendente trova nelle icone la sua più bella espressione, essendo questa l’arte santa per eccellenza! Perché arte santa e non solo sacra? Perché usa mezzi santi per essere realizzata e s’inserisce pienamente nella tradizione “vivente” della Chiesa. Richiede una disciplina ascetica non indifferente ed è fatta esclusivamente per la preghiera liturgica e nella preghiera è “scritta” dall’iconografo. Ha un canone preciso che non permette alla fantasia di essere troppo libera: ma questo è il paradosso del Vangelo: l’obbedienza a Dio ci rende liberi da noi stessi e dalla nostra autoreferenzialità. Sono leggi stabilite dalla tradizione plurimillenaria della Chiesa d’Oriente, ciò che fa capire perché le icone sono sempre tutte uguali e facilmente riconoscibili, anche se gli stili cambiano. Inoltre sono semplici, alcuni dicono a torto “primitive”, non perché fatte da artisti poco capaci, ma perché in esse tutto ha un significato teologico. La prova di ciò è la famosa Icona della SS. Trinità di Rublev. Essa è contemporanea delle opere del Beato Angelico e i due artisti sono dello stesso altissimo livello artistico.Il significato teologico lo si trova ad esempio in tutto ciò che riguarda il trattamento della luce nelle icone (sia sulla carnagione che sugli abiti, ma anche sugli alberi o le case). Sulla carnagione, specie sui volti, tutto è concentrato sullo sguardo; uno sguardo profondo, non superficiale o da attore, ed intorno ad esso vi è la massima luce. Infatti la tecnica fa passare da strati di colore più scuri a strati sempre più chiari man mano che si avanza nel lavoro; perché spiritualmente il cammino, che ci fa fare il vangelo è proprio così: passare dalle tenebre alla Luce divina. Anche negli abiti la luce è trattata non in modo naturalistico ma utilizzando due componenti teologiche: la geometria, intesa come astrazione delle forme e l’armonia, come astrazione dello spazio».

Mona Lisa ultimata

Mona Lisa ultimata - fratel Paolo Mezzo

Più di recente fratel Paolo ha cominciato a lavorare anche sull’arte astratta e propone un personalissimo approccio all’arte rinascimentale: «Quando sono passato a fare copie di quadri rinascimentali, ho scoperto una cosa importantissima e cioè, che anche l’arte rinascimentale è profondamente teologica, ma di una teologia che ormai si sbilancia sull’umano. Era concepita come l’irruzione del divino nell’umano, o al contrario, come l’aspirazione verso di esso nella e della quotidianità. Non solo, ridipingendo il Tondo del magnificat di Botticelli o la Gioconda di Leonardo (entrambi in mostra), ho scoperto le abilità di questi due grandi artisti che nei fatti non hanno rigettato l’arte delle icone dell’epoca precedente, ma l’hanno assunta e fatta propria superandola. Ad esempio rispettando tutte le fasi della stesura dei colori: dalla sinopia fino ai colori scuri e poi, via via , quelli sempre più chiari. In mostra lo si vede chiaramente anche nella copia di un “Angelo musicante” del Beato Angelico in tutto e per tutto analogo a un’icona, ma con un di più di umanità».

La ferita. Ceppo d'albero

La ferita. Ceppo d'albero - fratel Paolo Mezzo

In mostra ci sono poi dei legni e dei ceppi dipinti, dallo stesso fratel Paolo, secondo una concezione dell’arte novecentesca e contemporanea in cui «l’astrazione diviene riflesso dello smarrimento dello spirito umano, ma anche ricerca dell’essenzialità, del segno senza frivolezze, di una semplicità “primitiva” che è per sua natura, ricerca di senso. In questo si lega un po’ alle icone e al loro modo simbolico, essenziale, ma lasciando spazio alla fantasia, al subconscio, alla libertà. In entrambi i casi è un andare oltre ciò che si vede, un procedere verso il mistero delle cose».

Crocidisso (dettaglio)

Crocidisso (dettaglio) - fratel Paolo Mezzo

Particolarmente caro all’artista, infine, un Cristo crocifisso «che ho voluto fare completamente nudo perché storicamente fu così: era il modo dei romani di umiliare fino in fondo il pudore degli ebrei. Di quella nudità ho sottolineato il significato spirituale dipingendo il manto regale che cade con la scritta “Spogliò se stesso” e concentrando il massimo della luce sul petto, che illumina l’atmosfera tetra e astratta del dipinto. Un annuncio di amore e di resurrezione.

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