martedì 8 novembre 2011
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​«A livello spirituale, non sono affatto pessimista sul futuro del cristianesimo in Europa. Ma sul piano umano, politico, temporale e sociologico, la potenza della cristianità è in calo nel continente». È un’analisi destinata a far riflettere quella della filosofa francese Chantal Delsol, fondatrice del Centro di studi europei (Institut Hannah Arendt) all’Università Paris-Est, membro titolare all’Institut de France e autrice di lungo corso di saggi dal forte impatto, come L’âge du renoncement («L’età della rinuncia», Cerf), uscito quest’anno e subito al centro di un movimentato dibattito oltralpe. La Delsol partecipa domani a Parigi al convegno «Il cristianesimo avrà ancora il suo posto in Europa?», organizzato dall’Aiuto alla Chiesa che soffre, con la partecipazione di monsignor Alain Castet, padre Alexandre Siniakov e Gregor Puppinck.Professoressa Delsol, come definirebbe la presenza odierna del cristianesimo in Europa?«Esistono discordanze molto importanti fra i Paesi. Italia e Polonia, in particolare, conservano una presenza forte del cattolicesimo. Ma nell’insieme, si può parlare di una decristianizzazione di fondo. La cristianità, intesa come cultura cristiana che irriga politica, società e costumi, vive una crisi molto profonda. In alcuni Paesi si può parlare di una rivolta contro questa religione, considerata troppo dominante».Da dove giungono le principali minacce contro l’identità cristiana?«Ci sono attacchi a diversi livelli, a cominciare dai vertici europei. Ricordiamo che, con ogni mezzo, si è evitato di inserire le origini cristiane europee nella Costituzione. Ma sopprimere questo punto è persino ridicolo. È un tentativo di cancellare il passato. L’Europa è ormai capace d’imporre molti comportamenti. Ciò ha il suo peso».La laicità alla francese fa discutere. Esiste davvero una specificità francese?«In Francia l’ateismo è molto diffuso. Negli altri Paesi conviene parlare di secolarizzazione, ma la laicità alla francese può essere invece interpretata come una legittimazione dell’ateismo».Si può dire che la libertà religiosa arretra in Europa occidentale? «Non credo. In passato, i cattolici hanno talvolta interpretato la libertà religiosa come la facoltà di imporre la propria visione agli altri. Su questo punto, occorre che tutti i cattolici siano onesti. In Francia i cattolici non sono amati, sono facilmente ridicolizzati e identificati – quando ci sono – con i loro eccessi, mentre ad esempio l’islam non è mai identificato con i suoi estremi. In un certo senso, si può parlare di un trattamento negativo. Ma non occorre per questo eccedere denunciando persecuzioni, come si è talora fatto».L’Europa ortodossa vive una situazione diversa?«Sì. Non si assiste alla cosiddetta post-modernità. Le società sono comunitarie, olistiche e non – come in Europa occidentale – molto individualistiche e tolleranti fino all’estremo. La concezione ortodossa dei diritti umani in diversi Paesi orientali ricorda la nostra società di ottant’anni fa. In quest’ambito, la Russia è in fondo tornata all’epoca pre-sovietica».C’è già chi predice che il cristianesimo europeo sarà «salvato» da altri continenti, come l’Africa. Che ne pensa?«È possibile. Occorre riconoscere che in diverse contrade europee ciò avviene già. L’Europa diventa terra di missione. In Francia molte parrocchie sono affidate a parroci di origine straniera, spesso africana o polacca».Ai suoi «fratelli musulmani», lo scrittore François Mauriac diceva che la vera distinzione è fra credenti e no. Parole premonitrici?«Sì, era un’analisi un po’ premonitrice di ciò che accade oggi, almeno in Francia. Lo verifico personalmente all’università, dove la separazione è molto netta fra i miei studenti musulmani, che frequentano molto i cattolici praticanti, e tutti quelli senza fede religiosa. I cattolici conservano importanti differenze rispetto ai musulmani, certo, ma nei confronti del mondo moderno hanno probabilmente oggi più affinità con le altre religioni o con le credenze pagane che con gli atei».Crede che l’attuale crisi politica europea abbia anche radici spirituali?«Direi che il problema europeo è soprattutto d’organizzazione politica e si riassume molto nella predominanza francese sulla Germania nel dopoguerra. Da secoli, la Germania è federale e la Francia è centralizzata. Sono due Paesi al centro dell’Europa e, sfortunatamente dopo la Seconda guerra mondiale la Germania, piena di complessi, si è occupata molto d’economia e non di politica. La Francia ha preso politicamente il sopravvento e l’Europa è stata costruita sul modello centralizzato. Per l’Europa è una sventura».È avvenuto un po’ lo stesso con la laicità alla francese?«Esattamente. L’Europa ha preso le inclinazioni e necessariamente pure i difetti della Francia. Compresa la laicità alla francese, al posto della secolarizzazione, che per me è la corretta separazione fra politica e religione».Capofila dei diritti umani, l’Europa è accusata di «dirittidelluomismo», quando le sue posizioni prendono pieghe giudicate antiumaniste, ad esempio in bioetica. Che ne pensa?«Sono abbastanza d’accordo. Giunge un momento in cui, a forza di sciorinare i diritti umani senza chiedersi cos’è un uomo, si finisce per interpretare i diritti umani come una sorta di corsa al precipizio verso maggiore libertà, emancipazione e uguaglianza. Se si rivendica troppa uguaglianza, si giunge all’indifferenziazione, ad esempio alla teoria del <+corsivo>gender<+tondo>. Troppa libertà genera lassismo. Si esce così dall’ambito dei diritti umani per imboccare un’ideologia dei diritti umani: proprio il "dirittidelluomismo", in fondo deleterio come ogni altra ideologia».

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