sabato 28 giugno 2014
COMMENTA E CONDIVIDI
​Una semplice alternanza di righe bianche e nere affiancate da una sequenza di lettere e numeri: l'uso del codice a barre, uno dei simboli della nostra era, compie 40 anni. Il suo primo utilizzo avvenne infatti il 26 giugno del 1974 in un alimentari negli Usa per vendere un pacchetto di gomme. Un'applicazione, nata dalla creazione dei laser, la cui diffusione non conosce ostacoli e che ora fa il suo ingresso anche nelle nanotecnologie e in nuove versioni 3D. "L'idea iniziale si deve a due studenti statunitensi di ingegneria, Norman Woodland e Bernard Silver", ha spiegato Ivo Rendina, dell'Istituto per la Microelettronica e Microsistemi (Imm) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) di Napoli. Dalla prima idea di creare delle semplici etichette che potessero essere lette da un fascio di luce, nata nel 1948, dovettero però passare molti anni prima di sviluppare un dispositivo realmente funzionante. "Fu possibile solo grazie all'invenzione del laser - ha spiegato Rendina - è infatti solo grazie all'impiego di questo tipo di luce che fu possibile arrivare a creare i lettori per i codici a barre. Solo nel 1974, a più di dieci anni dalla morte di Silver, fu possibile migliorare il sistema tanto da poterlo immetterlo sul mercato. Il primo prodotto ad essere battuto da un lettore di codice a barre fu, alle 08:01 del 26 giugno 1974 in un alimentari dell'Ohio, una confezione di gomme da masticare. Una data simbolo della nostra era, tanto che la confezione di gomme è ancora oggi conservata al Museo nazionale di storia americana Smithsonian. Da allora il codice a barre ha avuto una diffusione inarrestabile ed è oggi fondamentale in moltissimi settori industriali, dalla produzione fino alla distribuzione. Nuove versioni del codice a barre sono in continuo sviluppo, come i QrCode o gli Rfid, e il prossimo passo potrebbe essere rappresentato dai codici 3D, dei veri e propri ologrammi in qui sia possibile racchiudere una grande quantità di informazioni in più. Versioni miniaturizzate stanno facendo il loro ingresso anche nel mondo della medicina e delle nanotecnologie: "una possibilità - ha spiegato Rendina - è quella di iniettare nel corpo umano microparticelle organizzate come una sorta di codice a barre utilizzabili per marcare cellule tumorali oppure marcare un farmaco per capire se ha colpito il suo bersaglio".
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: