domenica 8 marzo 2009
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Uno dei « nobili » della canzone d’autore italiana, Francesco Guccini, sta lì nel suo rifugio sul crinale dell’Appennino tosco­emiliano. La casa in pietra di Pavana è a pochi chilometri da Porretta Terme, oggi capitale della musica soul, un tempo piazza tra le preferite dei cantastorie che consumavano le scarpe, le gomme delle bici, poi dei sidecar e infine dei furgoncini, su e giù per la Via Emilia. È lì a Porretta che Guccini ha assistito ai primi treppi di Marino Piazza, meglio noto al suo vasto pubblico come « Piazza Marino Poeta Contadino» . «Un poeta, ecco cosa è stato prima di tutto Piazza – ricorda Guccini –. Uno che apprezzavo molto oltre che come cantastorie per le sue zirudelle ( zirudèla in bolognese), quei versi ottonari in rima baciata, suddivisi in quartine, che ancora oggi da queste parti capita di ascoltare nelle osterie e che scatenano autentiche gare di maestria nel componimento. Io ero affascinato dal treppo di Marino, che poi ho avuto la fortuna di conoscere personalmente. Mi divertivano da morire i cantastorie e fui onorato quando anni fa Lorenzo De Antiquis mi nominò presidente onorario dell’Aica ( Associazione italiana cantastorie). Personaggi simpaticissimi che prima della radio e della tv allietavano gli inverni lunghi, le sagre e le feste. Sempre parco di aneddoti quel giro lì, composto da Giovanni Parenti detto il “ Padella” o anche conosciuto come ' L’uomo del 13' perché si presentava con un cappello dell’aviazione Usa con quel numero. Con Piazza ricordo pure Tonino Scandellari, che lo accompagnava alla chitarra. E poi come dimenticare il grande ' Bobi', Vincenzo Magnifico? Era la ' spalla' di Marino. Bobi era stato acrobata in un circo e poi si era fatto male e aveva ripiegato come cantastorie. La loro gag del padrone ( Piazza) e del contadino ( Magnifico) era un pezzo di finissima commedia dell’arte » . I cantastorie in effetti erano commedianti, forse degli anticipatori del « teatro canzone » di stampo gaberiano, ma per Guccini non è politicamente corretto considerarli i padri dei cantautori: « Il treppo non ha anticipato la canzone d’autore. I brani dei cantastorie erano invece i resoconti dei primi radiogiornali o dei nostri tiggì. La loro funzione oltre che di intrattenimento era quella di informatori, di divulgatori di fatti, spesso inventati, specie quelli più truculenti come i delitti che avevano già largo consenso tra il pubblico. Una volta a Piazza chiesi se tutte quelle storie di macabri assassini fossero veramente accaduti. E lui, con un sorriso furbesco: “ Quei fattacci a volte li inventavo perché non accadevano mica qui…”. Ecco la grande arte del cantastorie, l’affabulazione. Una messinscena incantatrice, mischiando l’attualità e la cronaca con la fantasia e le canzoni popolari » . Spettacoli che oggi si vedono sempre più raramente: « I cantastorie erano entrati in crisi già dopo la seconda guerra mondiale. Con l’avvento della radio, per attirare il pubblico erano costretti a vendere dei fogli volanti non più solo con le loro canzoni, ma con le foto di divi e dive di Hollywood che venivano stampati dalla Campi di Foligno. La televisione ha accentuato la loro marginalità e con il tempo molti ( anche per via dell’età avanzata) sono stati costretti a ritirarsi. Era inevitabile che si arrivasse al punto in cui siamo, e cioè che pochi tra i giovani hanno raccolto quell’eredità. Oggi si vedono parecchi artisti di strada, ma si tratta di parenti assai lontani dei cantastorie » . Stiamo parlando di un fenomeno anacronistico e di un patrimonio che rischia di scomparire? « Sono entrato in una fase della vita in cui penso al passato con una certa nostalgia e mi accorgo che tante cose si sono perse. Certo la perdita della piazza, come luogo di incontro e di scambio anche di storie, ha offuscato una magnifica cultura che ora brancola un po’ tra le nebbie. Ma non tutto è perduto. Forse alle nuove generazioni possiamo ancora trasmettere la fantastica tradizione dei cantastorie, magari presentandola in chiave più vicina al loro modo di vivere e di pensare. Chissà, potrebbero anche appassionarsi. Potrei farci su una bella lezione nelle scuole o nelle università. Ora che ci penso, una canzone sui cantastorie non l’ho mai scritta. Forse un giorno potrei metterla giù... » . Massimiliano Castellani «Troviamo il modo giusto per passare la tradizione ai giovani».
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