domenica 27 marzo 2011
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La vicenda del «Gronchi Rosa», il famoso francobollo emesso dalle Poste Italiane nell’aprile del 1961, richiama la comica vicenda raccontata nell’episodio «Gugliemo il dentone» di Luigi Filippo D’Amico nel film a episodi I complessi. Guglielmo (Alberto Sordi), infatti, mette in imbarazzo la commissione d’esame che doveva scegliere un «lettore» della televisione perché questa gli aveva formulato una domanda di geografia basandosi su una «carta» non aggiornata. E in una situazione del genere venne a trovarsi il disegnatore Renato Mura, all’epoca uno dei più valenti bozzettisti del Poligrafico dello Stato. Mura, dovendo preparare la serie di francobolli emessa dalle Poste Italiane in occasione del viaggio del presidente Giovanni Gronchi in Sudamerica, creò un bozzetto nel quale si vedevano a destra l’Europa e l’Africa, a sinistra le Americhe e al centro un Dc 8, l’aereo sul quale avrebbe volato il Presidente. Nella parte destra veniva evidenziata con un colore scuro l’Italia, mentre nella parte sinistra vennero indicati allo stesso modo i tre Paesi visitati da Gronchi, vale a dire l’Argentina (francobollo di colore azzurro e con un valore facciale di 170 lire), l’Uruguay (verde grigio, 185 lire) e il Perù (rosa liliaceo, 205 lire). La serie dei tre francobolli venne messa in vendita a partire dal 3 aprile, che era giorno festivo essendo il Lunedì dell’Angelo, e pertanto pochissimi si recarono negli uffici delle direzioni provinciali per acquistarla. Ma mentre molti collezionisti stavano godendosi la giornata di festa, dall’ambasciata del Perù partì una vivace protesta. Il segretario dell’ambasciata, infatti, si accorse che nel francobollo «rosa liliaceo» i confini del Perù erano sbagliati perché mancava la provincia dell’Amazzonia. Proprio come nel film I complessi, il bozzettista Mura aveva usato un atlante del 1939, che ovviamente non poteva tener conto del fatto che dal 1941 al Perù era stato annesso con il Protocollo di Rio il cosiddetto «triangolo amazzonico». Quest’assenza rischiò di provocare un incidente diplomatico proprio alla vigilia del viaggio presidenziale, perché l’omissione poteva essere interpretata come una delegittimazione del Perù su quel territorio. Immediata la risposta del ministro degli Esteri italiano, il futuro presidente della Repubblica Antonio Segni, che ordinò di ritirare immediatamente il francobollo incriminato e di sostituirlo con uno di colore grigio che riportava i confini corretti. Ovviamente, come è costume nel nostro Paese, partì un’inchiesta e contemporaneamente il ministero – aggrappandosi un po’ sugli specchi – tentò di giustificarsi con l’ambasciata del Perù adducendo come causa dell’errore le «limitate dimensioni» del francobollo e un non ben precisato «difetto di inchiostratura». Complici la giornata di festa e i ritardi con cui fu recepito l’ordine del ministero, la questione del francobollo si trasformò in un vero e proprio «pasticciaccio» perché al momento dell’alt ministeriale erano già stati venduti quasi 80 mila esemplari (per l’esattezza 79.625), compresi gli oltre 10 mila applicati sulle lettere e cartoline che avrebbero viaggiato sull’aereo insieme al presidente Gronchi (i cosiddetti «aerogrammi»). E fu proprio un bel pastrocchio perché all’indomani, 4 aprile, gli uffici postali misero in vendita una serie incompleta la cui validità postale, però, sarebbe partita solamente a decorrere dal 6, giorno della partenza del presidente. Sta di fatto, però, che gli aerogrammi erano già stati affrancati con il francobollo sbagliato e allora il ministero ordinò a circa trenta impiegati di radunare tutte le buste in partenza sul famoso Dc 8 e di sovrapporre al famigerato «Gronchi Rosa» il nuovo francobollo coi confini del Perù rettificati. Una ventina di buste con il «Gronchi Rosa», però, sfuggirono all’operazione di «copertura» e oggi ovviamente costituiscono una delle maggiori rarità della filatelia italiana. Il «pasticciaccio» del «Gronchi Rosa» si prestò anche a una lettura giuridica. Una prima questione riguardava la sua stessa identità: il francobollo era da considerare «emesso» o «non emesso»? Sembra che le Poste non si siano mai pronunciate. Altra questione. Se le Poste ritirarono il francobollo, il «Gronchi Rosa» non aveva validità e dunque il ministero avrebbe dovuto, di norma, tassare tutti gli aerogrammi che erano stati affrancati col francobollo sbagliato. Ma, lasciando da parte la burocrazia e ricorrendo al buon senso, si convenne che quanti avevano acquistato il francobollo erano in buona fede e così si passò all’escamotage della «ricopertura». Si insinuò anche che qualcuno avesse architettato il tutto per una grossa speculazione filatelica e fu così che due persone vennero addirittura arrestate, processate ma poi assolte. Proprio all’italiana.
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